martedì 20 settembre 2011

101 Storie: mercatino batte scuola 2 a 0

Cinque anni di distanza, l’uno dall’altro. Due storie scolastiche e umane assolutamente parallele. Una doppia sconfitta bruciante sulla quale ancora mi interrogo.
Venne prima Luca: ingresso di basso profilo. Il problema grosso furono subito le assenze. Telefono a casa: risponde la madre: - Professoressa, abitiamo a Ciaculli: io non ho macchina, e l’autobus a volte salta una corsa. – Dico che mi dispiace, ma  Luca non può perdere l’autobus tre giorni su sei. La signora promette maggiore collaborazione. Ma la situazione è sempre la stessa: Luca viene poco e studia ancor meno. Bocciato.
L’anno dopo mi riprometto di fare di più. Colloqui con Luca. Telefonate assillanti alla sua famiglia. Tutoring stretto di alcuni docenti. In qualche modo, Luca passa in seconda.
A inizio d’anno, subito due mesi ininterrotti di assenza. – Che succede, signora? – Luca è ricoverato, ha una bronchite.- Appena le è possibile, mi consegni il certificato. –
Il certificato non verrà mai consegnato. Luca rientra a singhiozzo. Le motivazioni delle ulteriori assenze sono poco credibili. Qualcuno sussurra che ormai lavora in un mercatino.
Luca non ha neppure quattordici anni. La scuola è per lui un diritto e un dovere. Lo ribadisco alla madre. La situazione non cambia. Segnalo la frequenza irregolare ai Servizi sociali.
Che fanno una visita domiciliare, a fine anno scolastico. Quando però l’esito positivo è ormai compromesso, anche perchè Luca avrà frequentato si e no quattro mesi in totale: – Ma l’anno prossimo sarà tutta un’altra musica -  promettono all’unisono genitori e assistente sociale.
Ecco di nuovo Luca in seconda. Adesso, ovviamente, c’è un nuovo problema: è alto un metro e settantacinque, ha gli ormoni a mille, fatica a trovare un contatto con professori e nuovi compagni.
I colloqui con i genitori – Professoressa, lo faremo venire – I blandi ammonimenti di un’assistente sociale: - Il ragazzo è in obbligo scolastico: dovrò scrivere in Tribunale? – I timidi tentativi di recupero di qualche insegnante, purtroppo non sortiscono a niente.
Alla fine dell’anno il ragazzo compie sedici anni. Di nuovo bocciato; anche l’assistente sociale non trova soluzione diversa dell’iscrizione a un corso serale.
Il problema è che nessuno controlla se poi, il corso serale, il ragazzo lo frequenti davvero.
A volte lo faccio io, d’iniziativa. Ma non perché mi competa. Non ci sono i corsi di educazione per gli adulti nella mia scuola e quindi il tutto è fuori dalla mia sfera di competenza. Lo faccio così, per coscienza, perché vorrei, sino a quando ne ho la possibilità, dare una mano e una spinta, a questi ragazzi.
Nel caso di Luca,  non sono riuscita a sapere se al corso serale ci sia andato. Forse si, ma poi lo ha lasciato a metà.
Quello che so è che un anno dopo venne Simone, il fratello più piccolo. Che, a parte gli occhi celesti - quelli di Luca erano nocciola scuro – del fratello era veramente la copia: capelli ricci e castani, grandi occhi espressivi e mobilissimi, con un fondo di perduta e straniante tristezza.

La vicenda scolastica di Simone fu, praticamente, fotocopia di quella di Luca.
Giuro che mi sono impegnata molto di più: perché Simone frequentasse (telefonavo, con ostinata regolarità, due volte a settimana), perché i docenti fossero il più accoglienti possibile, perché avesse i libri di testo.Durante un colloquio, quando Simone era, per la seconda volta, in seconda, dopo aver ripetuto anche lui due volte la prima, gli chiesi: - In che cosa non siamo stati capaci di darti una mano? – Lui mi regalò uno sguardo dolcissimo e rispose, convinto: - Professoressa, voi non fate niente di sbagliato … è che a me la scuola non piace. –
Ecco, quello era il punto. Ai suoi genitori, della scuola non importava un bel niente. E noi non siamo stati capaci di fare scattare, in Luca e Simone, quella preziosa scintilla. Che è la curiosità per lo sguardo diverso sul mondo, la possibilità che la cultura ti regali una marcia in più, che ti faccia sentire più uguale e diverso.
Perché è sulla didattica, che ci giochiamo la nostra partita.
La Storia: non da pagina x a pagina y e bla bla bla. Ma storie di donne e di uomini. Di lotte per la dignità, per la vita, per una faticosissima giustizia sociale.
 La Scienza: passione e interesse per come è fatto il mondo, dalle galassie alla cellula. Sapere che la conoscenza è potere, è guarigione, è un’infinita possibilità.
La Musica: la magia di trarre armonie da una chitarra, da un piano, da un flauto, di comprendere note che ti fanno volare lontano. E l’Arte: la capacità di “leggere” un quadro, di scoprire che sai riprodurre Van Gogh o un’anfora greca.
La Geografia: scoprire le mille possibilità di questo pianeta …
E poi Matematica, Inglese, Spagnolo: il dono stupendo di comunicare in lingue diverse …
Non ci siamo riusciti. A fargli sentire che gustare una poesia è un dono prezioso. Che riflettere su noi stessi ci rende più umani.

Simone lo vedo al mercatino rionale, vicino casa. Vende cosmetici e intimo. Un giorno ho comprato una crema, alla sua bancarella. Con fare serioso, ha parlottato al suo capo. Poi, con un largo sorriso: - Per lei lo sconto di un euro. – L’ho ringraziato. Mi sono sentita veramente piccina.
Io ho fallito, con lui e suo fratello. Lui trova la forza di “raccomandarmi” e farmi lo sconto.
Grazie, Simone. Nella partita della vita, il debito è mio.

3 commenti:

  1. Hai fatto anche più di quanto ti fosse richiesto: non tuo il debito, quindi, ma della società intera. Spero che la vita dia a quel ragazzo buoni insegnamenti, in un modo o nell'altro. Non è facile ammettere la propria impotenza, ancora meno farlo mantenendo uno stile così sobrio. Un affettuoso inchino.

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  2. Vicende che addolorano chi svolge con coscienza
    il proprio lavoro.
    Se può consolare,qualche volta,ma è difficile,
    il diploma lo da la vita.

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  3. dr.Peter: dici bene, non è facile ammettere la propria impotenza. A volte penso che la scuola avalli semplicemente le differenze sociali, anzichè spianare la strada a una società di persone più eguali e consapevoli. Grazie di cuore dell'attenzione affettuosa.
    @Costantino: spesso è veramente doloroso svolgere il mio lavoro. Temo di versare piccole gocce di possibilità di crescita umana in un oceano di indifferenza sociale. Grazie dell'attenzione costante e benevola con cui segui i miei scritti.

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