"Sei pronta? Vedrai che bella foto ti faranno! Saliamo in piazza, un bel sorriso e...tac!" E tu, col vestitino bianco a pois rossi e il tuo sorriso dolce e fiducioso, saltellavi per i gradini, attratta dal miraggio del flash.
Io però lo sapevo: a tre anni e mezzo, senza preavviso e con poco anestetico, ti aspettava una dolorosa tonsillectomia.
Io lo sapevo: non so se si fossero presi la briga di dirmelo o se avevo intercettato parole, preparativi, premura di parenti e vicini..
Io lo sapevo: non so cosa avrei fatto per strapparti a quella doppia crudeltà. Intuivo che la menzogna era ancora peggiore della pur traumatica operazione. La mia rabbia e la mia sofferenza erano soffocate dalla mia impotenza di bambina di cinque anni.
Non ho potuto fermarli: eppure tu eri la sorellina piccina che avrei voluto difendere da tutti i mali del mondo.
Il mal di testa era atroce. Ma no, quella TAC di controllo, proprio non volevi farla. Poi: "Incredibile...il triplo di quello che abbiamo asportato...il ventricolo è già fuori asse...”
Avrei mai potuto salvarti? Che potevo fare contro quest’ultimo terribile mostro, il cui solo nome ho paura a pronunciare?
Se, anziché a millecinquecento chilometri, fossimo state vicine, avrei forse intuito che qualcosa non andava e ti avrei forse costretta a fare un controllo. Cosa non facile, visto che eri un medico …
" Vorrei che consultassi un oncologo, magari a Padova, c'è un centro specializzato..." Non mi costringere a fare la chemio, è contro i miei principi…” “Dimmi almeno da chi ti stai facendo seguire..”
Ti sei spenta lentamente, in modo crudele, aspettando un miracolo che non ci è stato donato. Te ne sei andata due giorni dopo il crollo delle Twin Towers: quella tragedia e la tua uscita di scena sono legate, dentro di me, da un invisibile filo di dolore.
Mi rimane la nostalgia della tua delicata presenza, fragile e fortissima insieme.
Mi rimane il dolore e il rimorso per non aver avuto la forza di starti accanto, nei tuoi ultimi quattro giorni...
Ma so che tu mi vuoi bene lo stesso, sorellina speciale.
Non sentirti in colpa, ognuno di noi in quei momenti difficili della malattia decide come reaggire e gli altri possono fare ben poco.
RispondiEliminaSe vuoi far felice tua sorella non sentirti in colpa ma accetta la sua scelta.
Chi ha provato lo stesso grado di dolore sa comprendere!
RispondiEliminaMa forse più che il senso di colpa è il senso di impotenza che brucia... purtroppo la vita ci sottopone a questi dolori, noi possiamo solo cercare di affrontarli con tutta la forza possibile.
RispondiElimina@Gabriella: è difficile abbandonare i sensi di colpa. Capisco però che sono inutili e corrosivi. Grazie, Gabriella.
RispondiElimina@Costantino: grazie della condivisione affettuosa.
@Vele Ivy: è vero. In alcune particolari situazioni capisci di non potere fare niente. Forse puoi solo tenere una mano. Non so se l'ho fatto a sufficienza. Ti abbraccio.
@Others: un grazie anche ad altri/e che, in vario modo, mi hanno espresso una affettuosissima vicinanza.
Nel ripetersi di questa ricorrenza, mi associo alle parole di Costantino. Sono altresì convinto che certi legami restino comunque eterni, e che lei semplicemente continua a vivere e a volerti bene da un'altra città, sorridendoti come nella foto. Un abbraccio a entrambe.
RispondiElimina@DOC: lo sai che sei un amore di ... blogger, vero? Grazie. Ricambio/amo l'abbraccio.
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