Confesso di volere bene a questa donna. Perchè ha lottato per portare avanti i suoi studi, perchè ha combattuto contro la stupida persecuzione fascista, perchè le piace studiare, perchè è un esempio di coraggio, perchè ha meritato il Nobel, nel 1986.
Grazie, Rita. Quando penso a come porti bene i tuoi 103 anni, mi sento proprio una ragazzina!
L'autrice di questo blog, Maria D'Asaro, vive in un'isola ed è affascinata dal mare: mari da sognare, mari da scoprire, mari da solcare...
domenica 22 aprile 2012
venerdì 20 aprile 2012
Ciao, Wangari
Dopodomani, in 192 nazioni, sarà celebrato l’Earth Day, il Giorno della Terra. Wangari Maathai, Nobel per la Pace nel 2004 per la sua azione congiunta a difesa dell’ambiente e a tutela della democrazia e dei diritti delle donne, alla Terra ha tentato di restituire il suo Paradiso. Con un gesto semplice: faceva crescere gli alberi. Nel 1977 ha fondato il Green Belt Movement (Movimento per la Cintura verde), che ha piantato 40 milioni di alberi per combattere la desertificazione nel suo paese, il Kenya e in altri stati africani. “Ho sempre creduto che non importa quanto sia scuro il cielo: c’è sempre un po’ di rosa all’orizzonte ed è quello che dobbiamo cercare” – ha scritto Wangari. Che ci ha lasciati l’anno scorso. “Arokoma kuuraga: che tu possa dormire là dove piove” – questo l’augurio dei kenyoti a un defunto. Che tu possa riposare in un Paradiso verde, intriso di fresca rugiada.
Maria D’Asaro (“Centonove”: 20.04.2012)
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martedì 17 aprile 2012
Solo… con due cani
Nella mia
zona, come in ogni quartiere del mondo, ci sono tipi un po’ strani: alcuni
hanno a che fare coi cani. C’è un tizio, nel mio palazzo, che ha due cani: con
l’aria molto più sveglia di lui. C’è poi una donna, anche lei con una coppia di
cani, che blandisce e rimprovera come bimbetti. Un’altra signora, oltre a
interloquire con la sua cagnolina, la agghinda con fiocchi e merletti. C’è
ancora un ragazzo, dagli occhi grigio-azzurri e dallo sguardo smarrito, che
porta in giro dei cagnolini a fare i bisogni, ma su commissione. Questo
ragazzo, a parte i cani a noleggio, è sempre solo. Oppure è avvicinato da
qualche coetaneo che, spesso, lo prende in giro. Penso che non sia giusto. Penso
che noi del quartiere, dovremmo in un certo qual modo adottarlo. Offrendogli
magari un dolcetto. O almeno un sorriso. E dicendogli: - Ciao, come stai?
Maria
D’Asaro ("Centonove" 13 aprile 2012)
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venerdì 13 aprile 2012
Il Dio dei leghisti
A
compimento del centocinquantesimo anno dell’unità d’Italia, ogni italiano desideroso
di interrogarsi in modo adulto sul rapporto tra Lega Nord e cattolicesimo
dovrebbe avere sul comodino l’ultimo saggio di Augusto Cavadi: Il Dio dei leghisti (Edizioni San Paolo,
Milano, 2012, € 14). In esso l’autore conferma in pieno il suo carisma: quello di
coniugare la sostanziale bontà dei contenuti e la loro felice divulgazione. Il
testo ci offre infatti un mix ben assortito di considerazioni incisive, calibrate
e ben documentate, sul piatto invitante di un linguaggio chiaro e scorrevole, a dimostrazione
che non è indispensabile né opportuno trattare in modo criptico e ultratecnico un
tema delicato quale il rapporto tra politica e teologia.
Come suggerisce
il titolo, il saggio ci propone una panoramica sintetica ma assai efficace dei
fondamenti antropologici del partito di Bossi e ci spiega come tali tratti
abbiano potuto “sposarsi” con una certa teologia e con talune scelte
etico-pastorali della Chiesa cattolica italiana. Il testo, nei suoi capitoli iniziali,
tratteggia le caratteristiche fondamentali del codice culturale leghista,
offrendoci spunti coloriti e illuminanti
sul linguaggio e le azioni della Lega Nord.
L’autore
non manca anche di tracciare alcune inquietanti affinità della Lega col
fenomeno mafioso, già analizzato nei suoi rapporti con il cattolicesimo nel saggio
Il Dio dei mafiosi (San Paolo,
Milano, 2009), dove Cavadi afferma la necessità di “una teologia che riconduce al progetto originario di Dio
l’intangibilità della dignità di ogni persona, la sua irriducibilità a
qualsiasi forma di schiavitù e la sua intrinseca vocazione alla fraternità
solidale”: sola teologia capace di costituire “una riserva critica rispetto alla teologia dei mafiosi, anzi a
qualsiasi teologia anche solo analogamente mafiosa”.
Tale
illuminante concetto, ne Il Dio dei
leghisti, è stato ripreso e ampliato. E, sulla base di questa concezione
teologica, Cavadi afferma che “Se tutti i
membri della Chiesa cattolica, Vangelo alla mano, sostenessero che l’epicentro
è l’agape divina, la tenerezza del Padre verso i deboli (…) la resistenza
caparbia a ogni genere di violenza interpersonale e collettiva, l’equa
distribuzione dei beni materiali … i partiti politici che enfatizzano l’egoismo
individuale e di gruppo (…) si guarderebbero bene dal chiedere la compagnia
della Chiesa.”
Cosa
ha portato allora a consumare il matrimonio di interesse tra la il partito di
Bossi e una fetta consistente della Chiesa cattolica italiana? Il fatto che, al
di là del folclore dei riti di rifondazione della nazione padana, la Lega ha
manipolato alcuni valori cristiani come instrumentum
regni, strumento di potere per cercare il consenso della Chiesa; mentre quest’ultima ha anteposto la tutela di alcuni particolari
principi (quali, ad esempio, il “no” all’aborto e all’eutanasia e la tutela
della famiglia fondata sul matrimonio, con il rifiuto del riconoscimento delle
coppie di fatto e delle unioni omosessuali) rispetto a principi essenziali ed
indiscutibili quali le beatitudini evangeliche.
Ecco
che allora Augusto Cavadi ci offre una disamina su quali valori possano essere
considerati realmente “negoziabili” e quali no e scomoda Karl Ranher che invita
a mettere su piani diversi, ad esempio, la fede nella grazia salvifica di Dio e
il considerare l’Unzione degli Infermi il settimo sacramento. Cavadi riporta infine
anche le riflessioni del teologo palermitano don Cosimo Scordato, che ci aiutano
a scoprire proprio nella “laicità” insita nella cattolicità l’antidoto più
efficace verso le derive egoistiche e xenofobe del Bossi-pensiero: “Mentre la cattolicità, come è intesa oggi,
tende a separare i cattolici dagli altri, a me sembra che originariamente essa
è il nuovo spazio donato da Dio a tutti gli uomini al di là di ogni razza,
lingua e appartenenza religiosa. (…) Diventiamo
cattolici quanto più siamo in grado di assumere dentro la nostra esperienza
tutta la ricchezza che ci viene degli altri.”
Altro
che battaglie per collocare forzatamente il Crocefisso anche nelle classi che
vedono la presenza di islamici, altro che chiusura identitaria e divieto di manifestazioni di culto diverse
dalla cristiano-cattolica: la riscoperta del Dio agape, della spiritualità
laica, della fede intelligente e persino della testimonianza che arriva al
martirio, suggerisce l’autore nell’ultimo capitolo del libro, chiariscono in
modo inequivocabile la distanza abissale tra la Lega e un Dio autenticamente
cattolico e quindi planetario, che non si fa catturare e strumentalizzare da
alcun partito politico.
Maria D'Asaro ("Centonove" 6.4.2012)
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mercoledì 11 aprile 2012
Pubblicità progresso
Nel 1862, il filosofo Feuerbach scriveva che l'uomo è ciò che mangia: per pensare meglio, deve alimentarsi bene. Se vivesse nella società dei media, Feuerbach aggiungerebbe che, per vivere meglio, dovremmo avere “buone” pubblicità. Ecco allora il mio sogno: vivremmo meglio se, anzichè le solite martellanti pubblicità: “Compra il nuovo cellulare, indossa la maglietta più figa, visita il centro commerciale” leggessimo per strada messaggi quali: “Condividi un pranzo con chi è povero, sii onesto e sincero, ammira un tramonto, abbraccia la persona che ami, paga le tasse, non svendere il tuo voto, rispetta l’ambiente …” .
Per superare la crisi, innanzitutto è necessario ristabilire il primato dell’etica sull’economia. Magari, con il conferimento del Nobel a chi riuscirà a spostare l’attenzione dai soldi alla vita. Gesù, prima di essere ucciso, scacciò i mercanti dal tempio. Se oggi non ci liberiamo dalla schiavitù del dio Mercato, non potremo augurarci una buona Resurrezione.
Maria D’Asaro (pubblicato su "Centonove" il 6.4.2012)
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sabato 7 aprile 2012
Buona Resurrezione
Che il vento nei vostri capelli
vi porti il palpitare della vita.
Che i vostri piedi lascino nella polvere
orme di speranza.
Che nell’oscurità
voi udiate battere il cuore del prossimo.
Che le vostre mani si protendano
come porte che si aprono.
Che le vostre bocche trasmettano
quanto vi è dato di ricevere.
Che le vostre orecchie colgano
quello che le parole dicono solo a metà.
E che la grazia del Signore vi accompagni
anche là dove non vorreste andare.
(Antica benedizione irlandese)
Alle mie e ai miei carissimi/e followers gli auguri di Buona Pasqua, con le parole di questa benedizione inviatami da Livia, un'amica della comunità di san Francesco Saverio, a Palermo.
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mercoledì 4 aprile 2012
La Quaresima e 24.000 baci
Si osservava il digiuno, non si mangiava carne il venerdì, erano sospese feste e divertimenti. Ai bambini veniva raccomandato di fare i “fioretti”: piccole penitenze quali la rinuncia a un dolce o alla Tv dei ragazzi o la recita del Rosario. Durante la Settimana Santa poi, anche la radio e la televisione si adeguavano al clima penitenziale: in Tv erano sospese le trasmissioni di intrattenimento; alla radio c’erano solo notiziari e musica sacra e, con suo grande dispiacere, Maruzza doveva rinunciare alla “Hit parade” di Lelio Luttazzi.
Ma, per certi versi, per lei era quaresima tutto l’anno. Perché viveva con una zia così oscurantista da far impallidire, al confronto, il più osservante dei talebani. Se Maruzza, ormai sospesa in quella terra di nessuno tra l’infanzia e l’adolescenza, indossava una gonna appena sopra il ginocchio, la zia in questione la riprendeva prontamente e invitava la madre della nipote a vigilare sui costumi e gli abiti della ragazzina.
Ancora, se lei voleva uscire e, magari, andare a ballare, la zia diceva che era peccato. E poi c’era un’altra pesante censura: la reprimenda verso le canzoni che evocavano baci, carezze e gesti d’amore. Se infatti la ragazzina ascoltava alla radio: “Chi non lavora non fa l’amore”, l’immancabile commento della zia era che quelle canzoni erano una porcheria: - Di questo passo chissà dove arriveremo. - Se la zietta era nelle vicinanze, da fanciullina accomodante, lei abbassava il volume della radio perché le parole peccaminose non arrivassero alle sue orecchie e le sue critiche censorie non disturbassero l’ascolto di quelle note.
Un giorno accadde l’imprevisto. Mentre la radio trasmetteva “Ventiquattromila baci”, il nonno, con cui Maruzza giocava a carte, esclamò: ”Bella, bella ‘sta canzuni … alza il volume, voglio ascoltarla meglio …” Da allora, visto che il nonno si era mostrato fan di Celentano, ogni volta che la radio trasmetteva sue canzoni, il volume, anziché abbassato, veniva aumentato.
La zia protestava: “Ma che razza di canzoni sono queste?”. Maruzza, pronta, replicava: “Queste piacciono al nonno … gli piace Celentano!”. A questo punto, alla zia non rimaneva che allontanarsi, scuotendo la testa per i gusti balzani dell’irredimibile genitore.
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lunedì 2 aprile 2012
Infermieri per la città
Passeggini
consunti, vecchi presepi, carcasse di ciclomotori, frigoriferi dismessi,
materassi sventrati, pezzi di lamiera, specchi infranti, stipetti senza ante,
lavatrici arrugginite, televisori rotti, porte divelte: nei marciapiedi delle
vie di Palermo si può trovare di tutto. Alla vista di questi rifiuti, ti viene una tristezza infinita. Intanto
perché dietro a quelle carcasse intuisci una fine: di un’epopea familiare, di
una vita, più o meno felice. E poi, chi abbandona il mobilio dismesso per
strada, ti pare sancisca anche la fine di una certa dignità cittadina. E ti
chiedi perché i volontari, oltre che gli esseri umani, non curino anche le
tante ferite di questa città. Ci vorrebbe forse un Biagio Conte “diverso”: che
raccolga non solo i barboni, ma anche il mobilio moribondo, abbandonato senza alcuna pietà. Una task-force, un
servizio di cura per una Palermo ammalata: capace di restituirle salute e decoro. E, perché no, un
po’ di bellezza. Maria
D’Asaro ("Centonove", 30 marzo 2012)
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