sabato 15 settembre 2012

Corri, Samia, corri …



La notizia ormai è confermata: tra le tante persone, i cui sogni si sono infranti sulle onde del Mediterraneo, c’è anche lei: Samia Yusuf Omar, atleta somala che ha partecipato nel 2008 alle Olimpiadi di Pechino, gareggiando nei 200 metri.
 Samia, che aveva solo 21 anni, è morta nell’aprile scorso vicino Lampedusa, nel tentativo di raggiungere le coste italiane, su un barcone di migranti col quale era partita dalla Libia. La ragazza voleva arrivare in Europa e trovare qualcuno che l’allenasse per partecipare alle Olimpiadi di Londra, perché in Somalia correre ed allenarsi era impossibile. Chissà se, dopo aver pianto per quegli occhi neri sepolti nel nostro mare, riusciamo ad avere uno sguardo più umano per i nostri simili che giungono in cerca di un futuro migliore dal terzo e dal quarto mondo. Se la sua vicenda  riuscirà a rendere i nostri cuori più teneri, Samia non avrà corso invano.
                                                                      Maria D’Asaro (“Centonove” del 14.09.2012)

5 commenti:

  1. grazie per aver riportato alla nostra riflessione questa notizia, che avevo letto sul blog di Anthea.
    ogni uomo cela una storia importante, con sogni e bisogni irrinunciabili, e chi viene da lontano ha una spinta in più che è un misto di speranza e disperazione.
    Credo che il nostro approccio al migrante, e all'altro in generale, sia tanto più sereno quanto più ci sentiamo sicuri di noi stessi non sentendoci minacciati da qualunque novità.
    Il sito della petizione a me si apre normalmente, non so che dirti se non di provare tramite motore di ricerca se vi fosse un altro accesso. In tal caso ti prego di segnalarmelo.
    Buona serata e buona domenica.

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  2. Nooo, che storia triste... però io sono sicura che Samia non abbia corso invano, Mari. Devo pensare che sia così!

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  3. Cara Mari, grazie per aver divulgato questa notizia su cui avevo fatto un post che isolato non serve a niente ma con il tuo e spero altri del genere può fare la differenza. Samia non ha corso invano e lavoreremo anche per lei perché ci sia una vera accoglienza verso chi è diverso da noi solo per tradizioni, religioni o etnia ma è identico a noi come essere umano e come detentore di diritti che devono essere riconosciuti.

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  4. Mi vengono in mente le scene strazianti del film Terraferma. E quelle di un documentario che vidi su un certo tipo di formiche... In caso di alluvione, queste formiche si stringono tra di loro e con i corpicini formano una zattera che gli consente di continuare a vivere (perfino a riprodursi) galleggiando per mesi. Il fatto che noi esseri umani non possediamo tali capacità, non ci autorizza a lasciare alla deriva i nostri simili. Anzichè pavoneggiarci ad esseri superiori, sarebbe bene che cominciassimo ad imparare dalle formiche, perchè solo tenendoci per mano potremo evitare simili tragedie. Come sempre un ottimo spunto, Maruzza. Ciao.

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  5. @curlydevil, Vele, Anthea, DOC: grazie, a ciascuno/a, dei vostri opportuni commenti. Temo che aleggi tra i ricchi e i garantiti la sindrome del NIMBY: not in my back yard = posso guardare l'altro - il povero, il migrante, il malato - magari commiserarlo, purchè non si avvicini troppo al mio giardino ... Un grazie particolare a DOC per aver ricordato "Terraferma", film davvero magistrale, in tal senso.

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