Zia Lillia, Sally e la mitica 500 |
Papà e mamma avevano solo due o tre settimane di ferie a metà agosto. Erano invece quasi quattro i mesi di vacanze spettanti a Maruzza e Sally, la sua sorellina. Le bimbette però, a causa del lavoro dei genitori, non potevano gustare quel mare così a portata di sguardo. Gite e viaggi neanche a pensarci: restavano le briscole col nonno, il sole in balcone, la sensazione di libertà legata alla chiusura della scuola.
Per fortuna c'era zia Lillia che, prima o poi, diceva alla sorella: - Giuseppina, porto le bambine in paese. - Così il paesino, borgo ameno in collina a 80 km. da Palermo, diventava per le due bambine Cortina e i Caraibi insieme. Già, perchè zia Lillia, con la sua gagliarda 500, si prendeva ogni tanto l'ardire di portare le nipoti persino a mare: in quel limpido e freddo Canale di Sicilia, di fronte all’Africa. Il mare di Menfi era però l'evento magico e straordinario della vacanza. La quotidianità era riempita da passeggiate in paese e da gitarelle nei dintorni. L'ordinario buonumore di zia Lillia condiva le giornate di serena allegria. Ogni giorno si andava alla "Sirba", piccolo appezzamento di terra a due passi dal paese, con tanto di alberi e orto. Le passeggiate pomeridiane si concludevano poi con generosa distribuzione di fette di pane con marmellata, formaggi vari e con la mitica nutella!
Ancora più bello era andare alla "Sirba" di mattina, con il nonno Turiddu che, sebbene navigasse tra gli ottanta e i novanta, aveva l'abitudine di alzarsi di buon'ora e metteva fretta a chiunque. - Nonno, quando ti sei alzato stamattina? - Mah, ancora doveva sorgere il sole … c'erano in cielo le stelle ... – Maruzza non capiva se il nonno dicesse la verità o se, col suo temperamento leonino, esagerasse alla grande e godesse nel prendere tutti un po’ in giro. Il nonno poi, come al solito, maltrattava bonariamente zia Lillia: - Ancora non sei pronta, Lillia … Così tardi, le pesche le troviamo tutte sfatte … Io, in questo tempo, avrei già costruito una parete! -
Finalmente, Maruzza e la sorellina s’incamminavano col nonno e la zia verso la campagna, accompagnati da un venticello leggero e dal basso continuo delle cicale. Una luce serena e un tepore accogliente avvolgevano completamente le case, le vie dorate e il verde dei campi. Il nonno camminava spedito e raccontava le mille e una storia delle sue innumerevoli vite. La presenza rassicurante di nonno Turiddu, quel sole e quel cielo, il dolce sussurro del vento che le accarezzava la maglietta, regalavano a Maruzza una solarità assoluta, che tingeva dello stesso colore i suoi pensieri, i riccioli e la sua anima.
Sono dall'altra parte dell'Italia, ma ritrovo in questo scritto molte situazioni, molti sentimenti di quand'ero bambino.
RispondiEliminaLa mia mamma ha vissuto al di là dello stretto. Ma il mare era lo stesso. E i suoi racconti molto simili ai tuoi. Soprattutto, nei suoi racconti compaiono sempre un nonno e una nonna fondamentali (forse un giorno racconterò le loro straordinarie storie, anche loro hanno vissuto innumerevoli vite!)
RispondiEliminaQuesto post sa di buono, di piccole cose confortanti e confortevoli, di affetti semplici e robusti. Grazie, ne avevo bisogno.
RispondiEliminaDelizioso acquerello, persino le Cinquecento si uniformavano alla sobrietà di quei tempi preziosi. E sulle ultime parole anch'io mi riscopro bambino, faccio i capricci: perchè da questi luoghi dell'anima, così magnificamente dipinti, non vorrei più andar via.
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