(…) Che cosa resterà della nostra vita? Che cosa è eterno in noi?
Potremmo tradurre il Vangelo dicendo: Noi parteciperemo alla vita eterna, cioè resterà di noi solo quello che abbiamo donato con amore agli altri. Tutto il resto è perduto.
Dobbiamo pensare a una condanna di Dio? No, no … non resterà niente. E’ definitivo quello che abbiamo donato agli altri. Non avrà futuro – e non ce l’ha già – quello che abbiamo trattenuto solo per noi.
Dobbiamo pensare a una condanna di Dio? No, no … non resterà niente. E’ definitivo quello che abbiamo donato agli altri. Non avrà futuro – e non ce l’ha già – quello che abbiamo trattenuto solo per noi.
Con questo non siamo invitati a non volerci bene. No, ci vogliamo bene. Scoprendo ogni volta che in noi c’è tanta ricchezza da poter condividere con gli altri. A partire dai propri familiari, dai propri cari che sono i primi destinatari del nostro amore, del nostro dono. Il Vangelo è una sorta di provocazione per noi: - Sei convinto di non aver niente da donare? Sappi che sei perduto, se non hai niente da donare … Se sei capace solo di accumulare, sarai triste per questo bisogno; mentre se scoprirai che puoi donare, sarai gioioso sin da adesso a poter vedere gioire gli altri e tu con loro.
E perché ciò avvenga, Gesù ci dà un’indicazione semplicissima, che noi, in dialetto siciliano, abbiamo tradotto con un’espressione che usiamo qualche volta con atteggiamento di giudizio e di disprezzo; ma se la liberiamo da quest’intonazione, ne possiamo scoprire il senso: quando vogliamo dire a una persona che non vale niente, le diciamo, in dialetto siciliano, “nun servi”, cioè “non servi”. Infatti il valore di una persona è se serve, se sa servire gli altri, se sa offrire il suo servizio.
E quindi l’amore viene verificato attraverso la capacità di servizio che noi dobbiamo sapere attivare gli uni verso gli altri. E non dobbiamo vergognarci, ma essere soddisfatti di poter dire: Oggi ho svolto questo lavoro, ho reso questo servizio … dal pulire le strade, al lavoro d’ufficio, all’insegnare, all’essere artigiani. Ho contribuito così alla storia dell’umanità, rendendo questo mio servizio. Purtroppo mi è capitato di sentire qualcuno vantarsi di non far nulla e meno si fa più ci si sente orgogliosi. Ma (…) è assurdo vantarsi di non far nulla, bisognerebbe vergognarsi …
Alla fine di ogni giornata, se vogliamo fare un esame di coscienza dovrebbe essere: - Oggi che servizio ho reso? A chi? Come l’ho reso? – La vera qualità della vita è questa, come il Vangelo ce la fa intravedere, perché, se uno rende servizio, sorride all’altro e vuole vederlo sorridere. L’altro non è un inciampo, è uno spazio nel quale ci si incontra e si diventa alleati … La nuova ed eterna alleanza dell’amicizia servizievole … ognuno faccia quello che sa fare e quello per cui è stato anche incaricato dalla società.
E se la sera concludendo la giornata uno dice: - Oggi non ho fatto niente, oggi non sono servito a niente e a nessuno … - Questa persona non ha futuro, non ha vita eterna, questo è il senso del Paradiso, sin da adesso. Una vita che si riempie di servizio, reso con umiltà, con competenza, con intelligenza (…)
Rendere servizio gli uni agli altri. A questo ci invita il Vangelo di oggi. Il servizio è la prova del nove che dimostra se amiamo per davvero oppure no. Poi, le forme di servizio sono infinite: ognuno di noi le pratichi soprattutto in direzione di ciò che sa fare meglio, e che ha il dovere di fare se ha una professionalità da esercitare o il dovere di ampliare, se c’è un bisogno, un’emergenza da soccorrere. Dobbiamo coltivare quest’idea: tu vali perché servi, se non sei a servizio, se non servi, non vali. Ecco cosa il Vangelo ci fa scoprire.
Traducendo essere un valore aggiunto per il prossimo, essere d'aiuto agli altri con quello che si sa fare meglio e con umiltà.
RispondiElimina@Daniele: ottima traduzione!
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