martedì 16 ottobre 2018

Oh, Harriet!

Cara Silvia,

       due parole per ringraziarti e … per scusarmi. Anzi, nell’ordine, prima le scuse e poi i ringraziamenti. Le scuse sono dovute in realtà a un peccato di pensiero – ti ricordi, vero, che  per l’etica cattolica i peccati possono essere di “pensiero, parole, opere ed omissioni”? – peccato che però, in quanto veniale, potrei anche non confessare apertamente.
        Ma voglio farlo, anche se non siamo in Quaresima. Ecco di che si tratta: quando mi hai prestato Oh, Harriet! scritto da Francesco D’Adamo (Giunti, Firenze, 2018, € 12) ho pensato, tra me e me:  Ma come … Io leggo e recensisco premi Nobel come la Munro o scrittori del calibro di  David Grossman  e Ionathan Franzenluminari della Psicologia della Gestalt come Polster o il prof. Salonia … E ora dovrò leggere un libro per ragazzetti … O tempora! O mores! Oh Maruzza! (sospiro) … Vabbè, ormai lo hai preso, ti tocca sfogliarlo.
      E l’ho letto, infatti.  Tutto d’un fiato. In pochissime serate. Con gusto e con passione. E quindi porgo le scuse per la silente ma supponente arroganza della scrivente che - al pari di Snoopy convinto di essere ‘l’asso della manica della I guerra mondiale’ e di potere col suo Sopwith Camel abbattere il temibile Barone Rosso - si crede grande critico letterario dedito solo alle alte letture … Ma ora passiamo ai ringraziamenti.
       Oh, Harriet! – e lo diciamo anche al suo autore, il prof. D’Adamo – a mio avviso, è un libretto delizioso: per me, per i miei meravigliosi alunni di seconda media, per tutte le classi seconde e terze della nostra scuola e di tutte le scuole italiane. Ma lo è per tutti: per chiunque voglia conoscere un pezzo di storia americana e un personaggio eccezionale come Harriet. Il testo, tra l’altro, risponde quasi naturalmente ai tre requisiti, saggiamente indicati dal caro don Lisander Manzoni, necessari per una buona opera letteraria: “Il vero come soggetto, l’utile come scopo, l’interessante come mezzo”. Il libro infatti ci racconta una storia vera, ce la racconta in modo scorrevole e convincente e la sua lettura ci lascia un po’ migliori di come ci aveva trovati.
Harriet Tubman
        La protagonista della storia è una donna nera, Harriet Tubman, nata presumibilmente nel 1822  nello stato americano del Maryland da due schiavi e quindi anch’essa schiava. Harriet, a sei anni, dovette fare da bambinaia al figlio di una donna bianca. Quando il bambino si svegliava di notte, lei veniva frustata. Dopo aver subito angherie di ogni genere, nonostante fosse debole e malata, decise di scappare  e si adopererò con ogni mezzo per restituire la libertà ai suoi familiari e a molti altri negri,  passando alla storia come la "Mosè degli afroamericani", dopo aver combattuto tutta la vita prima per abolire la schiavitù e, in seguito, per ottenere il diritto di voto alle donne.. 
       La vicenda ci viene raccontata in modo davvero avvincente, immaginando un’intervista alla Tubman ormai molto vecchia, curata nel 1912 da un certo Billy Bishop, un giovane giornalista dell’Herald Tribune di New York, proprio nei giorni successivi all’affondamento del Titanic. Ovviamente, per evitare di ‘spoilerare’ non si aggiungono altri particolari …
       
Articolo su Harriet su un giornale americano di fine '800


        Voglio infine aggiungere, cara Silvia – perché sono vecchia? perché la storia è intrigante? perché le persone belle e coraggiose sono sempre capaci di toccarci il cuore? perché il prof. D’Adamo scrive bene? – che, accidenti, mi sono persino venuti i lucciconi man mano che andavo avanti nel racconto: mi ha commosso leggere dei viaggi affrontati da Harriet per condurre in salvo i negri fuggitivi e risentire la storia di John Brown, di cui cantavo una canzoncina in inglese, da ragazzina di I media: John Brown giace nella tomba là nel pian/dopo una lunga lotta contro l’oppressor./John Brown giace nella tomba là nel pian/la sua anima vive ancor … Glory, glory alleluia./ Glory, glory alleluia. (…) Ma l’ anima vive ancor (…); mi ha intenerito persino la storia d’amore tra Billy e Mary Ann …

           
       E allora, cara Silvia, proponiamolo senz’altro questo libro ai nostri ragazzi: perché, come afferma Billy, le nostre storie e le nostre battaglie possono essere quelle giuste anche se non finiscono in prima pagina e, come ci ricordano Harriet e Martin Luther King “I sogni talvolta si avverano, ma bisogna crederci e lottare per realizzarli”.
Maria D’Asaro

P.s. La Silvia destinataria della lettera è la collega prof.ssa Silvia Borruso: docente appassionata, vulcanica, competente. La prof. che tutti vorremmo avere per i nostri figli o nipoti … 

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