Palermo – Dal 29 maggio, le sale duca di Montalto del Palazzo Reale di Palermo ospitano una mostra di scatti di Elliott Erwitt, uno dei maggiori fotografi del nostro tempo. Si tratta di una rassegna assai significativa, una selezione inedita delle foto più iconiche e significative dell’artista, con le serie ICONS, Kolor, Family, Self-Portrait. La mostra è imponente anche sotto il profilo quantitativo, con 190 opere visibili: 110 foto in bianco e nero o a colori, di cui 40 di grandi dimensioni tutte con passe-partout e cornici museali, e oltre 80 in video proiezione in HD.
C’è anche California Kiss, fotografia che sembra costruita ma che non lo è: come ha raccontato lo stesso Erwitt in una biografia, il caso ha avuto un ruolo fondamentale nella realizzazione dei suoi scatti più famosi. Ci sono poi foto più intime e private, come quella della sua primogenita appena nata, osservata sul letto dalla mamma, una collezione di autoritratti dove Erwitt sembra prendersi gioco anche di sé stesso e uno spazio dedicato a omaggi all'universo femminile.
Presenti poi le foto di personaggi famosi, entrate nella storia delle immagini del XX secolo: Marilyn Monroe, John F. Kennedy nello studio ovale e Jacqueline affranta al suo funerale, Che Guevara, Muhammad Ali sul ring contro Frazier, gli sguardi tesi tra Nixon e Kruscev… ritratti che svelano gli aspetti interiori più profondi dei personaggi fotografati. C’è la celebre foto di Marilyn Monroe con il vestito che si solleva, immagine che è diventata parte dell’iconografia del XX secolo.
Tra i suoi soggetti ci sono spesso cani, magari in atteggiamenti e modi antropomorfi. Gli scatti ‘canini’ sono stati raccolti in quattro libri, ormai un riferimento per gli amanti della fotografia e degli animali.
Come sottolineato nel pannello di presentazione della mostra “La fotografia di Elliott Erwitt è insieme documento storico, espressione artistica e riflessione sulla natura umana. Erwitt intreccia emozioni e intelligenza, ci fa ridere e ci commuove, immortala l’assurdo, il divertente, il surreale”.
Nato a Parigi nel 1928 da genitori ebrei di origine russa, Erwitt visse in Italia sino al 1938, quando la sua famiglia fu costretta a emigrare negli Stati Uniti d’America a causa delle leggi razziali fasciste. Dopo gli studi di fotografia al Los Angeles City College (1942-44) e di cinema alla New School for Social Research (1948-50), il suo talento fu presto apprezzato: Robert Capa lo invitò a unirsi alla Magnum Photo.
Ebbe così inizio la sua carriera, con reportage e progetti fotografici in tutto il mondo. Emulo dello stile di Henri Cartier-Bresson, Erwitt è stato osservatore profondo dell’umanità e ha saputo cogliere con scatti magistrali la magia dell’attimo fuggente. Dal 1970 si è dedicato anche a lungometraggi, documentari, film, spot televisivi e pubblicità. L’artista è morto a New York nel 2023.
Sino alla fine, ha guardato il mondo con occhi curiosi e ironici ed è riuscito a cogliere sfumature di significato e di bellezza in immagini e situazioni apparentemente semplici e ordinarie. Ha immortalato con tocco ironico e leggero vari aspetti dell’umanità e ha creato foto che fanno sorridere e riflettere allo stesso tempo. Il suo lavoro è una testimonianza della potenza della fotografia come strumento di comunicazione, capace di superare barriere linguistiche e culturali e parlare direttamente al cuore delle persone.
"Elliott Erwitt - ha detto in un’intervista Biba Giacchetti, una delle massime conoscitrici di Erwitt a livello internazionale e co-curatrice della mostra - (continua su il Punto Quotidiano)
Maria D'Asaro, 27.7.25, il Punto Quotidiano
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