(Ringrazio Enzo Sanfilippo che ha segnalato l’articolo)
"Ineluttabile. Ecco la parola che si sta insinuando, silenziosa e vischiosa, nei nostri pensieri. Prima come una paura indistinta, poi come dubbio sussurrato nei discorsi, infine come una certezza cupa che ci sembra ragionevole accettare: «La guerra è inevitabile». È questo il virus che sta infettando le nostre coscienze.
Lo si dice sottovoce, tra una sigaretta e un caffè: «Hai visto? Sta succedendo di nuovo…». «Eh, temo proprio di sì», risponde l’altro. E quel cenno, quel consenso mormorato, è il primo mattone di una resa.
Poi, alla conversazione successiva, la voce si alza, l’opinione si fa posizione, e la posizione si trasforma in fatalismo cinico. Ed ecco che la guerra – qualunque guerra – smette di essere una tragedia e diventa un destino.
Ma la guerra non è un destino. È una scelta.
Una scelta folle, costruita giorno dopo giorno, passo dopo passo, comportamento dopo comportamento. Lo ha ricordato, con la lucidità che gli è propria, il presidente Mattarella: «Ci si muove su un crinale in cui, anche senza volerlo, si può scivolare in un baratro di violenza incontrollata». È quel «senza volerlo» che ci chiama in causa. È lì che si annida il rischio più grande: non nel fragore dei cannoni, ma nella distrazione e nell’apatia quotidiana, nella rinuncia alla responsabilità, nel fatalismo comodo di chi pensa che non ci sia più nulla da fare… Non è vero. Quel 1914 può non replicarsi in un tragico 2025. La storia lo dimostra: non è sempre andata così. Ci sono stati momenti in cui l’umanità si è fermata a un passo dal disastro. Ottobre 1962: crisi di Cuba. Due superpotenze con il dito sul grilletto nucleare. Non scoppiò nessuna guerra.
Ottobre 1956: crisi di Suez. La politica mondiale sembrava impazzita, eppure si trovò una via d’uscita.
E poi, più tardi, la più grande sorpresa della Storia: il Muro di Berlino che cade senza sparare un colpo. Chi lo avrebbe detto? Chi ci avrebbe scommesso? E invece accadde. Perché l’ineluttabile, a volte, si disintegra sotto il peso della volontà, dell’intelligenza, della responsabilità. Si scioglie nelle correnti calde e sotterranee delle coscienze che si sono tenute deste anche senza poter comunicare. Perché anche l’abisso, se guardato con lucidità, può diventare un limite oltre il quale si decide di non andare.
È questo il punto. La guerra è una costruzione collettiva, e quindi può essere anche una rinuncia collettiva. Un rifiuto – un ripudio! – che inizia da ognuno di noi"...
(continua qui, Movimento nonviolento)
Franco Vaccari, Avvenire, 14 settembre 2025
Che le guerre siano inevitabili è il segno tangibile dell'ignoranza e dell'incapacità umana. Farle poi passare anche solo come ipotesi, queste idee scellerate, è da idioti totali.
RispondiEliminaSenza dubbio la guerra si può evitare!
RispondiElimina@Olga: proprio così... buon fine settimana!
EliminaCi vuole tanta buona volontà.
RispondiElimina@Cavaliere: hai ragione... buon fine settimana, Vincenzo.
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