sabato 16 gennaio 2010

L'AMACA


Tutti quei neri che escono sfigurati e terrorizzati dai calcinacci ci ricordano, tra le tante altre cose, la potenza devastante della Storia. Avrebbero qualche diritto di chiedersi «che cosa ci faccio io qui», in balia di una faglia impazzita, a migliaia di chilometri di distanza dall´Africa. Si trovano ai Caraibi perché i loro avi ci sono stati portati a forza come schiavi, nel corso di una immensa deportazione che ha cambiato la faccia del mondo. Non dico questo per alimentare inutili sensi di colpa (niente è più inutile del senso di colpa) o per moraleggiare sulla malvagità dei bianchi. Lo dico perché a me le catastrofi e il dolore umano non suscitano, come capita a molti, domande amare sulla volontà di Dio, o sulla arbitraria ferocia del destino. Piuttosto mi fanno riflettere sull´onnipotenza dell´uomo, nel bene e nel male autore e attore del proprio copione, padrone del pianeta (al punto di poterlo devastare e avvelenare), manipolatore di vite di popoli interi, sterminatore così come (più raramente) salvatore. Capace di tradurre i 7 gradi della scala Richter in una domabile seccatura (Giappone) o in ecatombe e quasi in genocidio: a seconda dei quattrini investiti, della scienza e della tecnologia disponibili. Adesso arrivano i soccorsi. Allo stesso mostro che condanna alla povertà e alla morte, spetta la facoltà di soccorrere e guarire.

La Repubblica - 15.1.2010

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