L’ho
conosciuta a giugno, Cristina. Per lei, venire a scuola a settembre, sarebbe
stato un evento. La scuola primaria non l’aveva mai frequentata. Prima, era
troppo pericoloso uscire fuori di casa. Un banco di scuola e una compagna
accanto, un vero miraggio: per lei, attaccata spesso alla bomboletta di
ossigeno, con la sua cassa toracica così malformata. Così, niente scuola elementare, ma cinque anni di istruzione domiciliare, con la mamma, l’assistente sociale
e le maestre, a turno, vicine. I compagni conoscevano solo il
suo nome, nel registro di classe.
Ma Cristina non
si era mai scoraggiata. Le piaceva imparare. Lei, che era anche cieca; lei, che
per una gravissima patologia, sarebbe rimasta piccina piccina; lei, che non
riusciva a camminare da sola.
Quel giugno di
alcuni anni fa, mi chiama la Preside: - Vieni. Ti voglio presentare un’alunna
in ingresso. – La storia di Cristina mi era stata già raccontata dalla
psicopedagogista della scuola elementare. Ma conoscere la ragazzina è stata una
vera sorpresa.
Era lì, seduta compostamente in una delle due
sedie di fronte alla scrivania della Dirigente. Con i suoi occhi spenti, ma
pieni di una luce invisibile che si riversava all’esterno. Con la testolina un
po’ reclinata da un lato. Con i capelli castani ben pettinati, adorni di un
fiocchetto vezzoso.
Attentissima
alle parole che l’assistente sociale, sua madre, la Preside e io ci stavamo
scambiando. – Sono contenta di venire a scuola … non mi pare l’ora che sia
settembre … ciao, professoressa … mi ricorderò la tua voce …. – Mentre parlava,
con una sonorità e un’ampiezza di toni impensabili in quel corpicino, le sue
manine sottili leggevano il contenuto di un portamatite che c’era sulla
scrivania: - Che bel pupazzo … deve essere rosso … un tagliacarte … questo
potrebbe fare un po’ male … quante matite bene appuntite … e quante penne! –
A settembre,
finalmente, il suo vero, primo giorno di scuola. Nessun problema di
integrazione. Cristina divenne ben presto la mascotte di quella classe.
Quell’anno,
frequentava la prima media anche il mio figlio più piccolo. Protagonista,
insieme a lei, di una performance teatrale. Qualcuno le disse che ero la madre
del suo compagno. E lei trovò un motivo in più per salutarmi affettuosamente e
sorridermi, se mi incontrava nel corridoio o se andavo a controllare la frequenza degli alunni, nella sua classe: - Ciao, professoressa … ma tu sei anche la madre
di Luciano … sei tutte e due le cose! -
I tre anni di
scuola media sono stati proficui e sereni, per la nostra Cristina. Che è stato
un faro, una risorsa tangibile per tutti
i compagni.
In terza
media, quasi quasi non avremmo voluto lasciarla. La mamma ci chiese
esplicitamente di tenerla ancora un anno con noi. Con le dottoresse del gruppo
misto,[1]
decidemmo però che era giusto che Cristina frequentasse un Istituto superiore
per ciechi: imparare il Braille le avrebbe dischiuso universi infiniti.
Quando conosci
ragazzi come Cristina, allora pensi che l’anima esista davvero. E che, sebbene racchiusa in corpicini straziati, si mostri
talvolta in tutto il suo vivo splendore.
[1]Tale gruppo di lavoro è così denominato, perché al suo interno vi è più di una
componente operativa che, in modo sinergico, lavora per migliorare la qualità
dell’integrazione all’interno dell’Istituto. La sua sigla ufficiale è “GLHI”:
Gruppo di studio e di lavoro d’Istituto. Presso ogni scuola è istituito un GLHI, composto da insegnanti, operatori dei servizi e familiari dell'alunno in situazione di handicap. Il Gruppo ha il compito
di collaborare alle iniziative educative
e di integrazione predisposte dal Piano Educativo ( Legge 104/92, art. 5, comma
2)
Questa storia è bellissima e lo è ancor di più perché è vera. Per esperienza - anche se minima - posso dire che gli alunni diversamente abili riescono sempre a fare colpo sul resto della classe, si integrano facilmente, vengono amati e considerati le mascotte del gruppo. Sono tesori da scoprire.
RispondiEliminaE noi ci lamentiamo delle nostre cazzate quotidiane.
RispondiEliminaDio ci salvi dallo scempio che noi stessi ci creiamo.
La forza di certe persone, la loro capacità di essere solari quando la situazione sembra disperante, ci indica in modo luminoso come lavorare su di noi per aere il giusto approccio alla vita.
RispondiEliminaBuon Natale!
Da creature come Cristina, capace di vedere coi soli occhi dell'anima, non possiamo che trarre preziosi insegnamenti. Commovente. Buona giornata, Maruzza.
RispondiElimina@Veronica, Calzino, Stanza e DOC: grazie dell'attenzione affettuosa con cui seguite il mio blog.
RispondiEliminaVi voglio bene. Vi auguro un ottimo 2012.
Sì, so di cosa parli, sono un'insegnante e so quanto sia importante per bambini come Cristina, far parte di un gruppo che l'accolga con le più buone intenzioni. Auguro a te e a questa splendida anima un anno ricco di tutto il bene possibile. Magu
RispondiElimina@Magu: grazie di essere passata da qui, cara collega. Ricambio di cuore gli auguri. Verrò a trovarti anch'io.
RispondiEliminaQuesta bella storia della tua vita umana e professionale mi ha fatto pensare che chissà cosa starà facendo Cristina e chissà come è diventata. La cosa più bella è che lei è stata accolta come persona prima ancora che fosse accolto il suo problema e il fatto che tu stia ricordando come muoveva le mani per "leggere" dà la misura della bellezza e profondità del rapporto instaurato che è stato ricco di sfumature e di umanità.
RispondiEliminaChe bel commento, Anthea! A ... ritrovarci presto. Grazie.
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RispondiElimina"Cristina ", un meraviglioso incontro che mi ha cambiato la vita
RispondiElimina"Cristina", meravigliosa creatura
RispondiEliminaAnima bella , figlia di una bella famiglia, una splendida nonna accogliente e commovente per l'affetto e le cure verso questa splendida creatura.E'stato un dono averla tra noi , conoscerla ed amarla...
RispondiElimina@fiorenza e mdfex: grazie per la vostra attenta presenza anche qui! E grazie anche per il ruolo fondamentale che avete avuto nell'accoglienza e nella crescita scolastica e umana di "Cristina". Un abbraccio.
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