Wangari Maathai nasce in Kenya,
il primo aprile del 1940, e si era distinta per lo straordinario successo negli studi,
diventando la prima donna in tutta l' Africa centro-orientale a conseguire un
dottorato. (…) Di qui il titolo accademico che le sarebbe rimasto attaccato per
il resto della vita: "the Professor".
Alla fine di quello stesso
decennio, mossa da una passione ambientalista all'epoca ancora profetica non
solo per l'Africa ma per il mondo intero, scese in campo contro la
deforestazione selvaggia che affliggeva il Kenya cosi' come buona parte del
continente.
L'idea meravigliosa di
Wangari Maathai non fu tanto quella di fondare un movimento che aveva il
semplice scopo di ripiantare alberi, il Green Belt Movement; ma di renderne
protagoniste le donne. Sono loro, ovunque in Africa, costrette a cercar legna,
l'unico combustibile facilmente reperibile in natura, sempre piu' lontano dalla
capanna e dal villaggio; loro le autentiche custodi della vita, della
tradizione e del futuro; loro, nell'intenzione del futuro premio Nobel, il
soggetto della conservazione ambientale e del cambiamento.
Di qui il carattere unico
del Green Belt Movement: verde e al tempo stesso femminista; ecologista ed
emancipatorio. Il movimento si scontro' quasi subito con le autorita', specie
quando si oppose alla svendita a speculatori privati di foreste del demanio
ancora intatte e soprattutto nella celebre battaglia (vinta) contro l'edificazione
di una mega-sede dell'allora partito unico nel solo parco verde di Nairobi.
Wangari Maathai subi' diversi arresti, fu picchiata, additata come nemico
pubblico dall'allora presidente-padrone del Kenya Daniel Arap Moi, insultata,
minacciata di morte. Lei tenne duro; e quando il tempo di Moi fini', sembro'
incominciare il suo.
Il Kenya conobbe una breve
stagione di rinnovamento e nel 2002 la Maathai fu eletta trionfalmente al
Parlamento e nominata sottosegretaria all' Ambiente. Nel 2004 la consacrazione
mondiale: il premio Nobel per la Pace, prima donna africana.
Questa donna stupenda lascia tre figli,
una nipote, milioni di alberi piantati in Kenya su sua istigazione e
un'eredita' di speranza alle donne povere del mondo.
WANGARI MAATHAI: GUARIRE LA
TERRA, GUARIRE NOI STESSI
[Ecco anche sue considerazioni riprese da dal
libro "Replenishing the Earth: Spiritual Values for Healing Ourselves and
the World"]
Durante i trent'anni e piu' che ho passato come ambientalista e attivista per i diritti democratici, la gente mi ha spesso chiesto se la spiritualita', differenti tradizioni religiose e la Bibbia in particolare mi avessero ispirato, ed avessero influenzato il mio impegno o il lavoro con il Green Belt Movement.
Quando iniziai questo lavoro nel 1977 non ero motivata
dalla mia fede o dalla religione in generale. Stavo invece letteralmente e
praticamente pensando a come risolvere problemi concreti. Volevo aiutare le
popolazioni rurali, in special modo le donne, a soddisfare le necessita' di
base che mi descrivevano durante i miei seminari e laboratori. Mi dicevano che
avevano bisogno di acqua pulita, potabile; di cibo nutriente in quantita'
adeguata; di reddito; di energia per cucinare e riscaldare.
Percio' quando mi facevano
le domande sulla spiritualita', all'inizio, io rispondevo che non pensavo allo
scavare buche ed al mobilitare le comunita' affinche' difendessero o curassero
gli alberi, le foreste, le fonti d'acqua e il suolo, l'habitat delle specie
selvatiche, come a un lavoro spirituale. Inoltre, non ho mai differenziato le
attivita' "spirituali" e quelle "laiche".
Dopo qualche anno, sono
arrivata a riconoscere che i nostri sforzi non erano limitati al piantare
alberi, ma che stavamo anche piantando semi di un tipo diverso, quelli
necessari per dare alle comunita' la fiducia in se stesse e la conoscenza
necessarie a riscoprire la loro vera voce ed a rivendicare i loro diritti
(umani, ambientali, civili e politici).
Il nostro scopo divenne
espandere quello che chiamiamo "spazio democratico", uno spazio in
cui cittadini comuni possono prendere decisioni per se stessi a beneficio
proprio, della propria comunita', del proprio paese e dell'ambiente che li
sostiene. (…)
Capii che il lavoro del
Green Belt Movement era guidato da alcuni valori intangibili. Essi erano: amore
per l'ambiente, gratitudine e rispetto per le risorse della Terra, capacita' di
darsi potere e di migliorare se stessi, spirito di servizio e volontariato. (…)
Naturalmente, so bene che
tali valori non sono appannaggio del Green Belt Movement. Essi sono universali.
Non possono essere toccati o visti. Non possiamo dar loro un valore monetario:
in effetti, sono impagabili. Questi valori non sono contenuti in specifiche
tradizioni religiose, ne' uno deve far professione di fede per essere guidato
da essi. Sembrano piuttosto essere parte della nostra natura umana, ed io sono
convinta che siamo persone migliori perche' li abbiamo, e che l'umanita' e'
migliore avendoli piuttosto che non avendoli. Dove questi valori sono ignorati,
li rimpiazzano dei vizi come l'egoismo, la corruzione, l'avidita' e lo
sfruttamento.
Nel processo in cui aiutiamo
la Terra a guarire, aiutiamo noi stessi.
Per quel che posso dire
attraverso le mie esperienze e le mie osservazioni, credo che la distruzione
fisica della Terra si estenda anche a noi. Se viviamo in un ambiente ferito,
dove l'acqua e' inquinata, il cibo e' contaminato da metalli pesanti e residui
plastici, e il suolo e' praticamente immondizia, cio' ci affligge, influisce
sulla nostra salute e crea ferite a livello fisico, psicologico ed
esistenziale.
Degradando l'ambiente
degradiamo sempre noi stessi.
bellissima testimonianza Mari: non conoscevo questa donna forte e coraggiosa!!!
RispondiEliminaComplimenti , per questa dedica ad una grande DONNA
RispondiEliminaSe le dedicassero un film, non me lo perderei. Ma ciò che importa è che sia vissuta nella realtà: 100, 1000 Wangari Maathai!
RispondiElimina@Luigi, Valerio e DOC: il premio Nobel per la Pace lo ha meritato veramente, questa splendida donna. Vorrei avere un centesimo della sua forza coraggiosa.
RispondiElimina@DOC: Sarebbe un'ottima idea, dedicarle un film.