In
una mia vita precedente, ero attivista dell’Associazione Italiana amici di
Raoul Follereau che, sulla sua scia, si occupa di combattere la lebbra nel
mondo. Ecco, per chi volesse saperne di più, il sito dell'Associazione.
Ieri,
giornata della memoria, era anche la 60° giornata mondiale dedicata ai malati
di lebbra. Malattia diffusa oggi soprattutto nei paesi più poveri e ormai guaribile
con un cocktail di antibiotici.
Vi
propongo delle vecchie riflessioni del mio amico don Cosimo Scordato (omelia
del 16.02.2003, Vangelo di Marco 1,40-45).
(…)
Ebbene, Gesù cosa fa dinanzi a questo lebbroso? Intanto vi dò una brutta
notizia, allora c’era una legge che proibiva di toccare i lebbrosi. L’ha
rispettata Gesù questa legge? No: ha steso la mano, ha toccato il
lebbroso, forse ha anche avuto paura … speriamo
che mi finisca bene: ha pensato questo Gesù? Non lo sappiamo veramente.
Marco è molto sbrigativo.
Ma
il miracolo non è solo nel contravvenire a una norma e neppure nel risultato.
Ascoltate, c’è un particolare importantissimo
che voglio rileggere (…) il lebbroso si mette in ginocchio, lo prega: - Se
vuoi, puoi guarirmi. – E Gesù, mosso a
compassione … Qui comincia il miracolo. Di fronte al lebbroso, Gesù stava
male, pativa lui, si sarebbe messo a piangere.
Compatire,
nel linguaggio biblico, è un verbo che allude alle viscere della mamma, Marco scrive
in greco, ma ha presente quel termine ebraico, le viscere di misericordia, di
compassione … Il miracolo comincia là: mosso
a compassione. Gesù non poteva sopportare che la persona con cui si stava
incontrando avesse tanta sofferenza, stesse così male.
E
comincia questo sentimento meraviglioso che è la compassione: che è il piangere
della sofferenza altrui, anche se è impegnativo, è pesante, è sentire la
sofferenza dell’altro dentro di noi. Come la mamma sente la sofferenza del
proprio bambino e non sa cosa fare prima: gli tocca la fronte, poi gli mette il
termometro, poi gli dà da mangiare … fa di tutto per farlo stare meglio.
Là
comincia il miracolo di Gesù: mosso a
compassione, stese la mano, accorcia la distanza. Perché il lebbroso era
vicino o lontano? Il lebbroso non poteva avvicinarsi, secondo la legge, quindi
Gesù stende la mano per andargli incontro. Magari il lebbroso si sarà tirato
indietro, perché allora era proibito che un lebbroso si avvicinasse a un sano.
Ma Gesù stese la mano perché volle raggiungerlo e poi lo toccò, gli fece una
carezza. E, finalmente, gli disse: Guarisci,
lo voglio.
Cosa
c’era, nella mano di Gesù? La sua compassione, era tutta nella sua mano. E l’ha
sentita, questa mano, il lebbroso? Il lebbroso, sentendo la mano, sentendo
questa compassione, si guarì. La compassione ci guarisce, care sorelle e
fratelli. La compassione, la mano, la parola: quante volte noi l’abbiamo
sperimentato: a un bambino che piange facciamo subito una carezza.
Marco
ci insegna il linguaggio del corpo e ci propone Gesù interessato al nostro
corpo. E’ un contatto corporeo: cuore, passione, vicinanza, stendere la mano,
contatto fisico, toccare, parlare e consegnare la compassione a quella mano e a
quella parola. E allora il lebbroso guarisce.
Impariamo
a fare questi miracoli, care sorelle e fratelli. A nessuno è proibito fare
miracoli. Almeno proviamoci a fare qualcosa di bello attraverso il cuore, la
mano e la parola messi insieme. Ma se Gesù non avesse avuto compassione, poteva
mai guarirlo quel lebbroso? Credo di no. Cuore, mano, parola, vanno insieme.
Proviamoci anche noi e vediamo di stare tutti meglio per aiutarci a vicenda a
liberarci da tutte le malattie.
Invece
noi abbiamo sempre paura dei contagi. A volte esistono contagi al contrario,
tante volte abbiamo immaginato un’idea di sacerdote da non accostare, un
contagio al contrario, perché il prete è vestito di nero, è di un altro mondo,
di un altro cielo. Ma Gesù è di carne e ossa. Ed è questa la grazia di Dio
nella nostra carne, nella nostra umanità.
(il
testo non è stato rivisto dall'autore, don Cosimo Scordato: pertanto eventuali
errori o omissioni sono della scrivente, Maria D’Asaro, che si assume la
responsabilità delle eventuali imprecisioni e manchevolezze della trascrizione)
Mi fa sorridere un po' il tuo post perché io sono una che si tiene a debita distanza anche da chi ha un semplice raffreddore, figuriamoci toccare un lebbroso!
RispondiEliminaIn senso meno estremo sì, ho sperimentato piccoli miracoli anche temporanei occupandomi con vera partecipazione della sofferenza di qualcuno e avvicinandolo senza paura, ma soprattutto quando lo hanno fatto verso di me. Purtroppo spesso la malattia non guarisce, ma un po' di anestesia senza effetti collaterali non è male.
@curlydevil: grazie del tuo commento, schietto e autentico, come sempre. Quando se ne ha la forza e l'empatia, una mano che accarezza è sempre salvifica. Un abbraccio caloroso.
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