lunedì 28 gennaio 2013

Lebbrosi: tocco o non tocco?


In una mia vita precedente, ero attivista dell’Associazione Italiana amici di Raoul Follereau che, sulla sua scia, si occupa di combattere la lebbra nel mondo. Ecco, per chi volesse saperne di più, il sito dell'Associazione.
Ieri, giornata della memoria, era anche la 60° giornata mondiale dedicata ai malati di lebbra. Malattia diffusa oggi soprattutto nei paesi più poveri e ormai guaribile con un  cocktail di antibiotici.
Vi propongo delle vecchie riflessioni del mio amico don Cosimo Scordato (omelia del 16.02.2003, Vangelo di Marco 1,40-45).

(…) Ebbene, Gesù cosa fa dinanzi a questo lebbroso? Intanto vi dò una brutta notizia, allora c’era una legge che proibiva di toccare i lebbrosi. L’ha rispettata Gesù questa legge? No: ha steso la mano, ha toccato il lebbroso, forse ha anche avuto paura … speriamo che mi finisca bene: ha pensato questo Gesù? Non lo sappiamo veramente.  Marco è molto sbrigativo.
Ma il miracolo non è solo nel contravvenire a una norma e neppure nel risultato. Ascoltate,  c’è un particolare importantissimo che voglio rileggere (…) il lebbroso si mette in ginocchio, lo prega: - Se vuoi, puoi guarirmi. – E Gesù, mosso a compassione … Qui comincia il miracolo. Di fronte al lebbroso, Gesù stava male, pativa lui, si sarebbe messo a piangere.
Compatire, nel linguaggio biblico, è un verbo che allude alle viscere della mamma, Marco scrive in greco, ma ha presente quel termine ebraico, le viscere di misericordia, di compassione … Il miracolo comincia là: mosso a compassione. Gesù non poteva sopportare che la persona con cui si stava incontrando avesse tanta sofferenza, stesse così male.
E comincia questo sentimento meraviglioso che è la compassione: che è il piangere della sofferenza altrui, anche se è impegnativo, è pesante, è sentire la sofferenza dell’altro dentro di noi. Come la mamma sente la sofferenza del proprio bambino e non sa cosa fare prima: gli tocca la fronte, poi gli mette il termometro, poi gli dà da mangiare … fa di tutto per farlo stare meglio.
Là comincia il miracolo di Gesù: mosso a compassione, stese la mano, accorcia la distanza. Perché il lebbroso era vicino o lontano? Il lebbroso non poteva avvicinarsi, secondo la legge, quindi Gesù stende la mano per andargli incontro. Magari il lebbroso si sarà tirato indietro, perché allora era proibito che un lebbroso si avvicinasse a un sano. Ma Gesù stese la mano perché volle raggiungerlo e poi lo toccò, gli fece una carezza. E, finalmente, gli disse: Guarisci, lo voglio.
Cosa c’era, nella mano di Gesù? La sua compassione, era tutta nella sua mano. E l’ha sentita, questa mano, il lebbroso? Il lebbroso, sentendo la mano, sentendo questa compassione, si guarì. La compassione ci guarisce, care sorelle e fratelli. La compassione, la mano, la parola: quante volte noi l’abbiamo sperimentato: a un bambino che piange facciamo subito una carezza.
Marco ci insegna il linguaggio del corpo e ci propone Gesù interessato al nostro corpo. E’ un contatto corporeo: cuore, passione, vicinanza, stendere la mano, contatto fisico, toccare, parlare e consegnare la compassione a quella mano e a quella parola. E allora il lebbroso guarisce.
Impariamo a fare questi miracoli, care sorelle e fratelli. A nessuno è proibito fare miracoli. Almeno proviamoci a fare qualcosa di bello attraverso il cuore, la mano e la parola messi insieme. Ma se Gesù non avesse avuto compassione, poteva mai guarirlo quel lebbroso? Credo di no. Cuore, mano, parola, vanno insieme. Proviamoci anche noi e vediamo di stare tutti meglio per aiutarci a vicenda a liberarci da tutte le malattie.
Invece noi abbiamo sempre paura dei contagi. A volte esistono contagi al contrario, tante volte abbiamo immaginato un’idea di sacerdote da non accostare, un contagio al contrario, perché il prete è vestito di nero, è di un altro mondo, di un altro cielo. Ma Gesù è di carne e ossa. Ed è questa la grazia di Dio nella nostra carne, nella nostra umanità.

(il testo non è stato rivisto dall'autore, don Cosimo Scordato: pertanto eventuali errori o omissioni sono della scrivente, Maria D’Asaro, che si assume la responsabilità delle eventuali imprecisioni e manchevolezze della trascrizione)

2 commenti:

  1. Mi fa sorridere un po' il tuo post perché io sono una che si tiene a debita distanza anche da chi ha un semplice raffreddore, figuriamoci toccare un lebbroso!
    In senso meno estremo sì, ho sperimentato piccoli miracoli anche temporanei occupandomi con vera partecipazione della sofferenza di qualcuno e avvicinandolo senza paura, ma soprattutto quando lo hanno fatto verso di me. Purtroppo spesso la malattia non guarisce, ma un po' di anestesia senza effetti collaterali non è male.

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  2. @curlydevil: grazie del tuo commento, schietto e autentico, come sempre. Quando se ne ha la forza e l'empatia, una mano che accarezza è sempre salvifica. Un abbraccio caloroso.

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