mercoledì 19 giugno 2013

La prigione di Elisa

Triste madre (1907,dipinto di Evangelina Alciati)
     
     La chiamerò col nome fittizio di Elisa. Elisa era  una mia alunna, che conseguì a stento la licenza media a sedici anni perché non aveva stimoli e in famiglia un padre/padrone e  tre fratelli maggiori  le impedivano di vivere la sua adolescenza. Giorni fa, l’ho rivista in un negozietto. Alla cassa c’era la suocera, matrona più larga che alta, con un trucco vistoso: alla sua sinistra Elisa, che cercava senza convinzione di tenere le redini di un bimbetto viziato. La saluto, chiamandola per nome. Abbozza un sorriso forzato, con uno sguardo spento in cui fa capolino una disperata solitudine. Mentre esco, entrano due uomini: suo suocero e suo marito. I due hanno piglio spavaldo e arrogante: il più giovane ha un ghigno sospettoso e un lampo sinistro negli occhi. Provo per Elisa una pena struggente: la scuola non ha saputo evitarle questa prigione del corpo, della mente e del cuore.
                                                                           Maria D’Asaro(“Centonove”, n.23 del 14.06.2013)

2 commenti:

  1. Triste...bello il dipinto che hai accostato ad Elisa. Ciao

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  2. E io che credo che alcune storie ci siano solo nei film di Muccino.
    Che strazio.

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