sabato 31 gennaio 2015

Sergio Mattarella, un palermitano al Quirinale

     
     E’ un palermitano, il prof. Sergio Mattarella, il dodicesimo presidente della Repubblica italiana. L’ho visto da vicino un paio di volte: in chiesa, nel 1980, al funerale di suo fratello Piersanti, che mio padre conosceva e stimava; e  nel 1985, quando fu tra i registi della “primavera” di Palermo e appoggiò la candidatura di Leoluca Orlando a sindaco di Palermo, per sconfiggere la tanto discussa corrente andreottiana capeggiata dall’on.Lima.
Mio padre, che lo conosceva personalmente, diceva di lui che, a differenza di Piersanti, non aveva la stoffa del politico, ma la vocazione dello studioso: - Sergio non ama la politica, vuole fare il professore – mi ripeteva. Però, quel tragico 6 gennaio 1980, il fratello maggiore, allora Presidente della Regione siciliana, fu ammazzato dalla mafia e, come scrive bene Attilio Bolzoni nell'articolo seguente, “quegli otto colpi  cambiarono la vita tranquilla del professore”.

In questa foto c’è il destino di un uomo.
C’è la storia di una famiglia che è l’attraversamento della Sicilia, c’è il confine fra la vita e la morte. Era ancora vivo, respirava ancora il Presidente della Regione Piersanti Mattarella quando suo fratello Sergio lo stava tirando fuori dalla berlina scura dove era rimasto schiacciato qualche istante prima da otto pallottole. Era ancora vivo quando lui cercava di prenderlo per le spalle e gli sorreggeva il capo mentre la moglie Irma gli spingeva le gambe, spingeva e spingeva senza sentire più il dolore per quelle dita spezzate da uno dei proiettili.

Questa è una foto che racconta molto dei Mattarella, padri, figli, fratelli, c’è dentro la Palermo degli Anni Ottanta, c’è dentro la paura, il prima e il dopo, c’è soprattutto l’attimo in cui cambia per sempre l’esistenza di un tranquillo professore universitario che ha fra le braccia il fratello morente e raccoglie l’eredità di una stirpe politica che con orme assai diverse ha profondamente segnato la vicenda siciliana fin dal dopoguerra. Proprio in qualche secondo è cambiato tutto per il professore Sergio Mattarella, fra le 12,30 e le 13 del giorno dell’Epifania del 1980. Strade quasi deserte dalla Statua fino al teatro Politeama, sole, chiese, campane e spari. Spari nella città dove si faceva politica con la pistola.
Ero lì, quella mattina del 6 gennaio. C’era qualcosa di informe fra quell’auto e l’asfalto, sembrava un manichino ma io – per non volere vedere un altro corpo massacrato di Palermo (capita ai giovani cronisti di «nera») - non distoglievo lo sguardo dalle dita di quella donna, la moglie Irma Chiazzese, l’indice e il pollice della mano sinistra frantumati, i tendini lacerati. Il fratello Sergio aveva la faccia più bianca dei suoi capelli, la figlia Maria si disperava sul sedile posteriore della Fiat 132 coprendosi il volto, il figlio Bernardo era immobile vicino al cancello.
Ero arrivato in via Libertà – la strada delle splendide ville liberty di Palermo che non c’erano più, fatte saltare in aria di notte con la dinamite per costruire palazzi di mafia - qualche minuto dopo. Letizia Battaglia, la fotografa di questo scatto. «Chi è, Letizia? Dimmi chi è? Sai il nome?», le ho chiesto sicuro di una risposta. «Non lo so ancora, sono passata di qui e pensavo a un incidente stradale, poi ho visto qualcuno dentro la macchina e mi sono messa a correre e a tremare ». Letizia puntava l’obiettivo della sua camera dentro l’auto, Franco Zecchin – il suo compagno e fotografo anche lui – riprendeva gli uomini e le donne che si stavano radunando in silenzio davanti al marciapiedi di via Libertà numero 147, la casa dove abitava Piersanti Mattarella, allievo di Aldo Moro che stava portando la sua «rivoluzione» in un’isola che non voleva cambiare.
Stavano andando tutti a messa, come in ogni giorno di festa. Tutta la famiglia Mattarella. Soli, la scorta l’avevano lasciata libera. Poi quel «giovane in jeans e giubbotto che saltellava» e che era appena sceso da un’utilitaria bianca, aveva sparato quattro colpi, se n’era andato, era tornato indietro per spararne altri quattro. E poi quella scena, il fratello Sergio che provava a sollevarlo e tratteneva il suo corpo come per trattenere – in quel momento senza saperlo, senza neanche immaginare cosa sarebbe stata la sua vita dal giorno dopo e negli anni a venire – il suo lascito e il suo pensiero. 
L’eredità. Quella di Piersanti, gravosa e pericolosa. Quella del padre Bernardo ingombrante, molto scomoda. Avveniva tutto inspiegabilmente in mezzo al sangue e in mezzo al terrore, la cognata ferita, i nipoti sconvolti, tutto fra le 12,30 e le 13 di un giorno di Epifania in via Libertà a Palermo. Piersanti il fratello Presidente che voleva nuove regole e pulizia e il padre Bernardo con quelle ombre che scaraventavano in un passato cupo. Il fratello che sognava una Sicilia più libera e le voci sul padre che portavano indietro, a Castellammare del Golfo, patria dei «castellammaresi » che dal 1925 erano diventati re anche a New York, una moglie che si chiamava Maria Buccellato (famiglia di aristocrazia mafiosa), i sospetti sui suoi legami con i potentissimi Rimi di Alcamo, le accuse (mai provate) di Gaspare Pisciotta al processo di Viterbo negli Anni Cinquanta, i dossier del sociologo triestino Danilo Dolci (condannato per diffamazione e amnistiato) sulle sue complicità nel Trapanese, le molte pagine dedicate dalla prima commissione parlamentare antimafia fino alle confessioni più recenti dell’ultimo pentito di Cosa Nostra Francesco Di Carlo. Ma quel 6 gennaio del 1980 – in verità almeno da un paio di anni prima, quando Piersanti era stato eletto Presidente e subito aveva cominciato a manifestare il suo desiderio di ribaltare una Regione impastata di mafia - e quell’immagine del fratello in fin di vita sono diventate lo spartiacque fra Castellammare del Golfo e Palermo, il passaggio da una generazione all’altra, il cambio di passo. (…) 
(“Quegli otto colpi  che cambiarono la vita tranquilla del professore”- A. Bolzoni, La Repubblica, 31.1.2015)

11 commenti:

  1. Molto toccante questo tuo articolo, grazie al quale ho conosciuto Mattarella molto meglio che leggendo gli articoli della stampa "istituzionale".

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  2. Sono felicissimo che Mattarella sia diventato il nostro presidente , condivido il commento di "Vele Ivy "

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  3. anch'io sono felice di questa elezione, spero proprio che dia la sua impronta alla politica italiana. Grazie Palermo!!

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  4. Grazie per i ricordi e per l'articolo che hai pubblicato. Mi pare ora di conoscere meglio il nostro Presidente e di avere qualche speranza in piú per il futuro

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  5. Mi ha fatto piacere leggere questo articolo. Devo dire che fino a pochi giorni fa conoscevo pochissimo la storia di Mattarella. Ciò che ho scoperto, grazie agli articoli pubblicati negli scorsi giorni e ora tramite questo tuo post, mi conforta molto. Grazie per la tua testimonianza!

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  6. Quanto apprendo dal tuo post mi porta ad una considerazione: spiazzante ma oculata, pare, la scelta di Renzi. In teoria direi che ci siamo, continuiamo a sperare per una buona posa in opera. Buon Febbraio, Maruzza: che questo Carnevale sia esorcizzante per tutti.

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  7. a proposito di Palermo, l'avevi letto?
    http://comune-info.net/2014/08/bassora-gaza-verde/

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  8. Sì, grazie di aver pubblicato questo articolo, Maruzza. L'ho letto con molto interesse, perché è una storia di cui so ben poco.

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  9. @Vele Ivy, valerio, Aliza, Grazia, Alfa, DOC, franz, Silvia Pareschi: grazie per il vostro affettuoso apprezzamento. In qualche modo, questo post continua con "Chiedo scusa se parlo di Maria". Buon fine settimana a tutte/i.

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  10. @franz: grazie del link. Conosco la Biblioteca delle Balate e il suo impegno nel quartiere. Ho fatto un intervento sull'orto e la compostiera a scuola:
    http://youtu.be/4unV0Jem-KM

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