venerdì 12 marzo 2021

Gemme dormienti...

    "Non tutte le gemme che da mesi si sono preparate si aprono in primavera. Alcune restano in sonno, forse per un lungo periodo, forse per sempre – nelle piante più longeve, come la quercia e il faggio rosso, anche cent’anni.
    Queste gemme, dette dormienti, germogliano solo se e quando la salute o la crescita dell’albero lo richiede, quando per esempio il fusto principale viene privato dell’apice vegetativo (l’organo che promuove il suo sviluppo ascensionale) a causa di un fulmine o di un incidente. Allora la gemma dormiente, chiamata a farsi fusto apicale dalla necessità dell’organismo, risponde. Si sveglia. Si può quasi dire: «Si alza». Qualunque sia la posizione in cui è collocata sul ramo, si attiva e dà origine a un nuovo ramo ramo-fusto che senza esitazione punta verso l’alto. L’albero riprende il suo sviluppo, che non sarà quello originariamente programmato e avrà un percorso inconsueto, ma la cui direzione sarà sempre e solo una: l’alto.
      Se singolare è l’accadimento che arresta lo sviluppo dell’albero, ancora più notevole è la possibilità che esso si riattivi: non casualmente, non magicamente, ma grazie a una potenzialità che era già presente, insita nell’organismo (…).Di straordinaria rilevanza mi sembra l’analogia fra ciò che si verifica nella vita degli alberi e, su piani diversi, ciò che avviene a noi umani. Quando nella nostra vita ‘cadono fulmini’ e tutto sembra fermarsi. (…)
     Tutti hanno raccontato il loro ricominciamento ‘dopo l’incidente’, cioè dopo una vicenda che ha inciso in profondità sulla loro esistenza e ne aveva cambiato il corso. Con il tempo si comprende che la vita ci dà – forse – opportunamente questi colpi, questi impedimenti a proseguire sull’unica via che avevamo pensata come adeguata a noi. Una mutilazione fisica, un dissesto economico, un licenziamento, una separazione, la morte della persona cara: abbiamo la sensazione di essere finiti. La sofferenza c’è e non può essere elusa.
     Ma quando la si regge – la si porta sino in fondo, si sta di fronte alle domande esistenziali che essa inevitabilmente pone – se ne esce rinnovati.  Elaborare il proprio stato di crisi vuol dire rendersi consapevoli della compresenza del pericolo e dell’opportunità (come riconoscono i cinesi, nella cui lingua la parola wei-ji è composta dai caratteri di entrambi) e risvegliare le forze in sé dormienti. Il dolore, che sembrava solo poterci immiserire, sfocia invece nella pienezza di una tramutazione interiore.
Adriana Bonavia Giorgetti: Meditare dentro un platano, Salani, Milano, 2016

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