giovedì 25 marzo 2021

Nel mezzo del cammin di nostra vita...

E.Delacroux: La barca di Dante - 1822
Nel mezzo del cammin di nostra vita
Mi ritrovai per una selva oscura, 
ché la diritta via era smarrita
                                               Inferno, Canto I
Per me si va nella città dolente,
per me si va ne l’etterno dolore,
per me si va tra la perduta gente.
(…)
Dinanzi a me non fuor cose create 
Se non etterne, e io etterno duro.
Lasciate ogne speranza, voi ch’intrate.
                                              Inferno, Canto III




Ahi serva Italia, di dolore ostello,
nave senza nocchiere in gran tempesta,
non donna di provincie, ma bordello!
                                                             Purgatorio, Canto VI
La gloria di colui che tutto move
Per l’universo penetra e risplende
In una parte più e meno altrove.
                                                           Paradiso, Canto I
    
      Maruzza amava l’Alighieri. Perché al liceo classico– il glorioso Istituto “Maria Adelaide” di Palermo, quando le compagne la chiamavano “Marghe” – aveva avuto un docente d’Italiano d’eccezione, il professore Vito Biondo, che Dante glielo aveva fatto capire e apprezzare: Dante, l’uomo del Trecento impegnato in politica; Dante, l’antesignano che lottava contro lo strapotere temporale della Chiesa cattolica; Dante, l’interprete acuto della mentalità medioevale, forgiata dal tomismo, delle discipline del Trivio e del Quadrivio; il poeta che conferì dignità al volgare parlato a Firenze; l’uomo innamorato della sua città; il creatore del dolce stil novo; l’uomo appassionato che si vendicava dei nemici mettendoli all’inferno e detestava chi non prendeva posizione non si impegnava nella società” non ti curar di lor, ma guarda e passa; l’uomo coltissimo che ci ha donato terzine indimenticabili con la sostanza della sua infinita cultura…
     Maruzza deve al professore Biondo la sua conoscenza dell’esegesi delle tre cantiche, studiate con i canoni della critica figurale di Eric Auerbach, con la logica del contrappasso… la critica romantica di Francesco De Sanctis. Il docente ripeteva che la fortuna di Dante è  legata al carattere delle epoche storiche: Dante apprezzato nei ‘tempi forti’ e obliato negli anni del disimpegno e della mediocrità…
     Grazie, sommo poeta, per averci regalato il sublime canto V dell’inferno: “Amor, ch’a nullo amato amar perdona, mi prese del costui piacere sì forte/che, come vedi, ancor non m’abbandona”; le inarrivabili terzine del XXVI dell’Inferno, messe in bocca a Ulisse: “Considerate la vostra semenza:/fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza”, la Commedia tutta, definita ‘divina’ da Boccaccio
         Grazie infinite  per averci ricordato che dopo l'inferno è possibile “uscire a riveder le stelle” e per aver chiuso il poema ricordandoci che è “l’amor che move il sole e l’altre stelle”.

(E un grazie postumo all’ impareggiabile professore Biondo)


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