domenica 12 febbraio 2023

Cambiamenti climatici: i segnali dalle nubi

      Palermo – “Vanno, vengono… ogni tanto si fermano. E quando si fermano, sono nere come il corvo… sembra che ti guardino come l’occhio… Certe volte sono bianche e corrono e prendono la forma dell’airone o della pecora o di qualche altra bestia… Ma questo lo vedono meglio i bambini…” Così cantava le nuvole Fabrizio De André. 
       E alle nuvole, che si studiano oggi con sofisticati radar metereologici e con una fitta rete di satelliti, da decenni dedica il suo sguardo attento di fisico dell’atmosfera il professore Vincenzo Levizzani, docente di Fisica delle nubi all’Università di Bologna.
           Il professore Levizzani, docente di Fisica delle nubi all’Università di Bologna. Il professore Levizzani, considerato tra i maggiori esperti di nefologia (branca della meteorologia che si basa sull'osservazione e sullo studio delle nubi) è autore anche di testi divulgativi come il recente “Il libro delle nuvole: manuale teorico e pratico per leggere il cielo”.
    Lo studioso, che fa parte del CNR, ai microfoni del TG scientifico ‘Leonardo’, avverte che oggi è preoccupante la situazione degli strato-cumuli marini, le nuvole che hanno uno spessore di oltre un migliaio di metri e ricoprono gli oceani per vastissime aree come una vera e propria coperta, contribuendo a regolare la temperatura della terra: “Si sta osservando che gli strato-cumuli si stanno assottigliando e intanto fanno penetrare una maggiore quantità di radiazioni infrarosse. Ciò ha un duplice effetto negativo: oltre a diminuire la capacità di schermo verso tale tipo di radiazione, tenendola intrappolata, paradossalmente agiscono anche da effetto serra, e contribuiscono ad aumentare la temperatura. Questa è una cosa che preoccupa parecchio perché le estensioni di questi strato-cumuli sono enormi.”
    “Le nubi – prosegue il professore Levizzani – sono una componente essenziale del ciclo dell’acqua, che significa evaporazione dell’acqua dai mari, dai laghi e dagli oceani; poi condensazione, formazione delle nubi, caduta della pioggia. Infine l’acqua percola nei suoli e ritorna al punto di partenza.
   Senza tutto questo, non abbiamo l’acqua per bere, non abbiamo l’acqua per l’agricoltura… Il ciclo dell’acqua ha subito una variazione importantissima a causa dei cambiamenti climatici. In alcuni luoghi, come ad esempio da noi in Italia, c’è molta meno acqua e si sono verificate siccità prolungate; mentre invece in altri luoghi, come il sud-est asiatico o i territori monsonici, ci sono state molte più piogge. Quindi l’acqua è stata spostata da una parte all’altra del pianeta in un modo che, in questo momento, non riusciamo a prevedere del tutto”.
   Intanto il CNR ha certificato che il 2022 è stato l’anno più caldo dal 1800, con quasi un grado in più della media degli ultimi trent’anni. L’autunno, complessivamente, è stato anch’esso piuttosto mite: situazione che va bene per risparmiare energia, ma non per il clima.
Purtroppo la comunità sociale, economica e politica sembra indifferente o sorda agli appelli degli scienziati, che chiedono una maggiore attenzione per l’ambiente e ribadiscono che “l’unica guerra che tutti i popoli uniti dovrebbero combattere insieme è quella contro la crisi climatica”.
   Rimane la tenue speranza che gli orizzonti futuri non siano così bui da impedirci di ascoltare i versi di De André sulle nuvole: “Certe volte ti avvisano con rumore, prima di arrivare, e la terra si trema… e gli animali si stanno zitti…Vanno… vengono, per una vera, mille sono finte. E si mettono lì, tra noi e il cielo, per lasciarci soltanto una voglia di pioggia…”.

Maria D'Asaro, 12.2.23, il Punto Quotidiano


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