“La mia proposta è di abbandonare la semplicistica contrapposizione tra corpo e anima e di immaginare invece un carattere unico incapsulato in immagini.
Queste immagini hanno forma corporea e agiscono come forze corporee. Ti parlano all’orecchio, attraversano i tuoi sogni, e la loro forza è così duratura che può influire sulle tue abitudini, sui tuoi gusti e sulle tue decisioni per anni, molto dopo che la persona che era l’origine prima di quelle immagini è uscita di scena.
Un carattere prende vita con elementi di corpo e di anima e non è riducibile né all’uno né all’altra, e nemmeno ai due insieme. (…). Queste immagini non sono semplicemente ricordi, non sono soltanto mie, soggettivamente; mostrano anzi una sorprendente autonomia. Arrivano non invitate nel bel mezzo di una scena a sussurrare consigli, biasimi, critiche. Ci ispirano. (…)
Molto prima di andarcene, noi stessi siamo già un groviglio di immagini che comprimono la nostra complessità in un «carattere» e influiscono sugli altri come vitale forza immaginativa. (…) Immagini di questo nostro carattere entrano nei sogni e nei pensieri altrui, accendendo una reazione, risvegliando un sentimento, sollevando un interrogativo, come se volessero richiamare queste altre persone a una qualche compito.
Dunque, quel che resta di noi dopo che ce ne siamo andati è il carattere, l’immagine a più strati che fin dall’inizio era andata plasmando le nostre potenzialità e i nostri limiti.”
James Hillman, La forza del carattere (traduz. di Adriana Bottini), Adelphi, MI, 2018, pp.220-222
RispondiEliminaFu Platone (5°-4° secolo a.C.) a introdurre una concezione dualistica dell'uomo, contrapponendo all'elemento materiale e corporeo l'anima intesa come principio simile al mondo delle idee, preesistente al corpo e dunque immortale.
@Gus: e chissà se la concezione dualistica non sia stata la causa di una serie di contraddizioni...
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