venerdì 25 agosto 2023

La città violenta...

         Il punto di vista del professore Andrea Cozzo sul tristissimo episodio di violenza maschile accaduto qualche settimana fa a Palermo: 

"Condivido pienamente l’analisi di Maurizio Muraglia (pubblicato su questo sito il 21 agosto) che vede “due città in una” che non comunicano, se non in rari casi in cui lo sforzo della comunicazione si fa visibile e addirittura tangibile (come nel caso dei “Classici in strada”, da lui citati). 
     Propongo anche un altro punto di vista, per così dire, opposto e complementare.
Opposto non nel senso di “contrapposto” ma nel senso di “da un altro posto”, “sotto un altro rispetto”. Perché, se da una parte le due città non comunicano, da un’altra forse non comunicano proprio perché sono... interamente una.
     Le due città condividono infatti, sotto sotto, gli stessi valori (il successo, l'apparire, la competizione e il primato) e le stesse parole (violentissime) che, in una parte - per cui resta corretto dire che le città sono due - si ferma al livello permesso istituzionalmente (che a sua volta non è da riconoscere per questo anche necessariamente giusto), e nell'altra parte va oltre quel livello. Non ne è la logica, direi paradossalmente “coerente”, conseguenza?
    Se poi anche noi docenti ci sentiamo autorizzati a insultare quotidianamente chi, a torto o a ragione, la pensa diversamente da noi e, nel caso specifico, lanciamo parole mostruose contro quelli che stiamo chiamando “mostri”, rispetto a questi ultimi siamo veramente “due” o siamo “uno”?
    Estremizzo volutamente, anche se basterebbe dire “contigui”. Se il sistema-scuola e la società tutta sono imperniate su analoghe nozioni (e analoghe pratiche), non c’è da riconoscerci anche come “uno” (contigui) con tutto il male che vorremmo eliminare?
    Per me, una delle lezioni più grandi di Falcone è stata quella racchiusa in questa frase: “Per combattere efficacemente la mafia, non dobbiamo trasformarla in un mostro né pensare che sia una piovra o un cancro. Dobbiamo riconoscere che ci rassomiglia” (Cose di cosa nostra, 1991): nel 2005 ci si fece un convegno e un libro, curato da Vincenzo Sanfilippo (Nonviolenza e mafia, Trapani). 
    Il riconoscimento in questione, come sappiamo, non era un modo per dire “tutti responsabili, nessun responsabile”, ma esattamente al contrario, per dire “chiunque, a partire da sé, lavorando anche su di sé, e riconoscendovi ciò che vuole cambiare negli altri, può fare qualcosa per superare il sistema mafioso”.
Poiché non troppe volte ho visto sul web, ma anche sui giornali, ad opera di persone di qualsiasi categoria – da intellettuali a rappresentanti sindacali, da fascisti dichiarati a persone che si definiscono di sinistra – tanta violenza verbale, che senza distinguere la persona dall’azione, la giustizia dal giustizialismo, e l’empatia per la vittima dalla vendetta nei confronti degli aguzzini, è stata pronta a scagliarsi, “di pancia” (...), contro i “mostri” protagonisti dell’episodio di questi giorni, mi pare che, sotto questo aspetto, siamo lontani dall'aver accolto la lezione di Falcone e anche dall’essere "due”.

Andrea Cozzo, Docente di Lingua e letteratura greca all’Università di Palermo

2 commenti:

  1. Potrei apparire mostro anche io ma in casi eclatanti come questo sono per la castrazione chimica e anche ben propagandata per chi non comprende che certi linguaggi..

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  2. @Franco: credo di comprendere l'indignazione e la rabbia... Non mi trovi però d'accordo. A mio avviso, la pena dovrebbe essere rieducativa più che punitiva. Andrebbero puniti anche intanto i genitori che non li hanno saputo educare, la scuola che non li ha formati abbastanza, molta società che impone agli uomini certi modelli violenti, da maschi che non devono chiedere mai... Provo un dolore immenso e infinito. Un abbraccio.

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