Palermo – Autore di una quarantina di libri tra romanzi, saggistica e opere teatrali, apprezzato sia in Italia che all’estero, lo scrittore e giornalista Roberto Alajmo, nato a Palermo nel 1959, iscrittosi dopo la maturità alla Facoltà di Lingue e Letterature Straniere, non si era poi laureato.
Come ha confessato egli stesso, aveva infatti abbandonato l’Università dopo la bocciatura in una prova scritta, un tema su Pirandello. Bocciatura peraltro meritata perché: “Sicuro di sapere scrivere, affrontai il tema con una tracotanza, una strafottenza tale che di Pirandello non parlai quasi per niente…”.
Quarant’anni dopo, il cerchio si è chiuso: il 15 gennaio scorso, il professore Massimo Midiri, Rettore dell’Università degli Studi di Palermo, ha conferito allo scrittore la laurea magistrale honoris causa in Italianistica.
In sintesi, questa la motivazione, espressa dalla professoressa Luisa Amenta, prorettrice e coordinatrice del Corso di Studi in Italianistica: “Roberto Alajmo ha saputo rappresentare la vitalità e la contraddittorietà di Palermo e della Sicilia tra luce e ombra, arricchendo con voci nuove e originali una narrazione polifonica dei luoghi e dell’esperienza del vivere.
La sua scrittura dal ritmo veloce, su cui si innesta il gusto del paradosso e del grottesco, prende le mosse dalla sua pratica giornalistica, dando vita sin dal suo esordio, alla fine degli anni ’80, a narrazioni analitiche e taglienti che procedono in un crescendo di tensione, intrecciando l’ironia a uno spasimo dolente.
La scrittura inventiva di Alajmo si alimenta della cronaca privata e pubblica, predilige le microstorie della nostra contemporaneità e le disarticola da angolazioni minime, rivelando risvolti tragicamente surreali, provocatoriamente estranianti.
Roberto Alajmo infatti, nei suoi libri si è sempre dimostrato esegeta ironico e attento di una realtà al limite della follia e del paradosso. Nelle sue pagine si manifesta come una specie di Pirandello metropolitano, in grado di isolare il bagliore di un evento, lo scintillio momentaneo di un dettaglio per poi immergerlo o nell’umorismo più amaro e nero o in una abbacinante comicità. Uno sguardo in forza del quale anche le stramberie più peregrine e bizzarre diventano le assurde tessere di un mosaico che solo lo scrittore può ricomporre: un mosaico che, sulla Sicilia e soprattutto sulla città di Palermo, ci dice di più di tante inchieste e delle analisi di giornalisti e antropologi, tese ad afferrare una realtà sfuggente da tutti i lati.
L’Università degli Studi di Palermo, riconoscendo l’apporto dato dallo scrittore alla cultura letteraria, ha proposto la laurea honoris causa in Italianistica per aver saputo raccontare nei suoi romanzi e nei suoi racconti la città di Palermo, con una narrazione che illumina zone inesplorate del nostro presente, interpretando al meglio la missione formativa del corso di studio magistrale in Italianistica”.
La scrivente, appassionata lettrice dei testi di Alajmo, non può che sottoscrivere queste parole.
E proporre ai potenziali lettori, che non lo conoscono ancora, almeno un’imperdibile cinquina di suoi libri: Repertorio dei pazzi della città di Palermo (meglio se nell’edizione del 1993); Notizia del disastro (2001), dove si narra l’incidente aereo a Punta Raisi, aeroporto di Palermo, nel dicembre 1978: tragedia che, come scrive l’autore nel risvolto di copertina “non ha come scenario un attentato o un complotto. Semplicemente il destino. Collettivo e grandioso. Crudelissimo e ingiusto: ma solo destino”; il romanzo noir Cuore di madre, finalista al Premio Strega nel 2003.
E ancora i saggi: Arriva la fine del mondo (e ancora non sai cosa mettere), del 2012: testo che è anche un buon saggio di sociologia, di psicologia sociale divulgativa, in cui lo scrittore squaderna un’ampia carrellata delle possibili geo-catastrofi in arrivo, senza rinunciare alla sua vena surreale e grottesca, che rende meno indigesto il lugubre repertorio. Alla domanda di fondo: Come reagirebbe il cittadino medio all’eventualità di una imminente apocalissi? Alajmo snocciola una serie di considerazioni imperdibili e intriganti.
E poi L’arte di annacarsi (2010), il libro che la sottoscritta avrebbe voluto scrivere lei… Non certo, per carità, perché lo avrebbe scritto meglio di Alajmo, che armonizza con talento la prima mano di colore del giornalista e la seconda di precisione dello scrittore. La sottoscritta avrebbe voluto scriverlo lei, questo libro, perché le radici e il viaggio - reale e metaforico – nei luoghi della sicilitudine visitati da Alajmo, lo ha fatto e lo condivide appieno.
Infine, oltre la citata cinquina, la scrivente consiglia anche L’estate del ’78, dove l’autore introduce i lettori nel cerchio degli smottamenti che fanno franare per sempre il mondo magico e dorato dell’infanzia. E, soprattutto, racconta il commiato più difficile da raccontare: quello dalla madre, morta suicida a 42 anni il 31 ottobre 1978, dopo la mitica estate della maturità.
La full-immersion nella dolorosa storia personale - narrata da Alajmo senza fronzoli, con perfetta misura espressiva – consente ai lettori di trovare la chiave per comprendere l’ispirazione di fondo della sua scrittura: anche se gli esiti narrativi di uno scrittore non sono mai sovrapponibili alle sue vicende biografiche, si capisce di più la sapienza dolente, ironica, piena di compassione che permea tanti suoi testi, la straordinaria ‘confidenza’ con la morte, che si respira nelle sue pagine, la vena grottesca e noir di tanti suoi romanzi, che inevitabilmente si fermano al venerdì santo, senza nessuna resurrezione all’orizzonte.
Nonostante tutto, Alajmo rimane comunque scrittore poliedrico e leggero, di quella leggerezza che Calvino ci ha insegnato a gustare…Uno di quei siciliani “capaci di tirare la corda pazza senza strapparla mai, e anzi intrecciandola con quella civile fino a farne una gomena a cui ancorare le proprie utopie”.