Palermo – “Io ho un concetto etico del giornalismo. Ritengo infatti che in una società democratica e libera quale dovrebbe essere quella italiana, il giornalismo rappresenti la forza essenziale della società. Un giornalismo fatto di verità impedisce molte corruzioni, frena la violenza della criminalità, accelera le opere pubbliche indispensabili, pretende il funzionamento dei servizi sociali, tiene continuamente allerta le forze dell'ordine, sollecita la costante attenzione della giustizia, impone ai politici il buon governo”: a fare queste affermazioni, nel 1981, è stato Giuseppe Fava, Pippo per amici e colleghi, il giornalista siciliano ucciso a Catania da Cosa nostra quarant’anni fa, il 5 gennaio 1984.
Forse pochi ormai lo ricordano ancora. Chi era dunque Pippo Fava?
Fava nasce a Palazzolo Acreide, in provincia di Siracusa, il 15 settembre 1925. Dopo la laurea in Giurisprudenza all’Università di Catania, nel 1952 diventa giornalista professionista e inizia a collaborare con varie testate nazionali, tra cui La Domenica del Corriere e Tuttosport. Nel 1956 viene assunto dall’Espresso Sera dove, caporedattore sino al 1980, scrive di vari argomenti, dal cinema al calcio. Ma a fare scuola sono le sue interviste a mafiosi come Calogero Vizzini e Giuseppe Genco Russo, vecchi boss di Cosa nostra.
Intanto il giornalista si cimenta con successo nella scrittura di romanzi e di pezzi per il teatro, nella saggistica e nella sceneggiatura cinematografica: si ricordano, tra le opere teatrali Cronaca di un uomo e La violenza, quest’ultima rappresentata in vari teatri italiani. Nel 1972 inizia la collaborazione col cinema: dal suo dramma La violenza: Quinto potere viene realizzato l’omonimo film da Florestano Vancini; nel 1975, dal suo primo romanzo, Gente di rispetto, viene tratto il film omonimo, diretto da Luigi Zampa.
Dopo aver lasciato l'Espresso sera, Fava si trasferisce a Roma, dove conduce Voi e io, trasmissione radiofonica su Radiorai. Cura poi la sceneggiatura di Palermo or Wolfsburg, film di Werner Schroeter, tratto dal suo romanzo Passione di Michele, che nel 1980 vince l'Orso d'Oro a Berlino.
Nel 1980 torna a Catania dove, con una redazione di giovani giornalisti, fonda e dirige il Giornale del Sud, con il progetto di “realizzare giustizia e difendere la libertà”. Il giornale ospita denunce dettagliate sulle attività di Cosa nostra a Catania, attiva soprattutto nel traffico di droga.
Sulla direzione del Giornale del Sud, ecco le parole di Pippo Fava, in un’intervista del 1980 riproposta dal TG regionale della Sicilia il 5 gennaio scorso: “Questo giornale nasce per affermare una sua precisa presenza sia dal punto di vista politico che culturale. E vorrei precisare il senso di culturale: per noi cultura sarà dire la verità in qualsiasi settore delle attività sociali e civili della Sicilia. Cioè dire la verità nel settore della politica, dell’attualità, ma anche dello Sport, dello spettacolo, dell’arte, della cronaca… Noi vorremmo raccontare quello che accade e spiegare anche, nello stesso tempo, perché le cose accadono e come accadono.”
All’intervistatore che gli chiedeva quale fosse la linea politica del giornale, Fava rispondeva così: “Noi siamo dei ‘laici’. Siamo in quella grande area democratica in cui confluiscono tutte le vere, le autentiche, le più sincere forze della nazione. Non siamo per nessuno e non siamo contro nessuno, semmai siamo contro il Potere inteso nel senso più bieco della parola”.
Ma la direzione di Fava al Giornale del Sud dura meno di due anni: la sua presa di posizione a favore dell’arresto del boss Alfio Ferlito, l’avversione all’installazione di una base missilistica a Comiso e l’arrivo al giornale di una nuova cordata di imprenditori (in parte legata ad alcuni mafiosi catanesi) ne causano il licenziamento, malgrado le proteste della redazione. E non manca neppure il tentativo fallito di un attentato con una bomba al tritolo,
Spinto dalla passione e dalla speranza - nell’intervista citata, Fava dice di essere, nonostante tutto, un sognatore, un uomo di speranza - con i suoi collaboratori (Elena Brancati, Michele Gambino, Riccardo Orioles, Antonio Roccuzzo, il figlio Claudio …) nel novembre 1982 fonda il mensile I Siciliani, che diventa ben presto la testata di riferimento del movimento antimafia siciliano. Fa scalpore l’articolo I quattro cavalieri dell’apocalisse mafiosa, importante inchiesta-denuncia sulle attività illecite di quattro imprenditori catanesi (Carmelo Costanzo, Gaetano Graci, Mario Rendo e Francesco Finocchiaro) legati al boss Nitto Santapaola: la scomoda verità su chi muoveva le fila dell’economia catanese di quegli anni.
Sarà purtroppo questo coraggio di scrivere la verità sui legami tra economia e mafia a costargli la vita: infatti il 5 gennaio 1984, mentre era al volante della sua Renault 5 davanti al Teatro Stabile di Catania per andare a prendere la nipote Francesca che recitava lì, cinque colpi di pistola misero fine alla sua vita.
Dopo vari depistaggi e decenni di indagini giudiziarie, nel 2003, con sentenza definitiva della Cassazione, sono stati riconosciuti mandanti ed esecutori del suo assassinio il boss catanese Nitto Santapaola e il nipote Aldo Ercolano.
Dopo la sua uccisione, l'attività antimafia di Pippo Fava e de I Siciliani è stata portata avanti dalla Fondazione Fava, con varie iniziative di lotta alla delinquenza e promozione della cultura e della formazione.
Inoltre, dal gennaio 2007 è stato istituito il Premio Nazionale "Nient'altro che la verità: scritture e immagini contro le mafie" riservato ai giornalisti, premio che si svolge ogni 5 gennaio a Catania e che quest’anno è stato attribuito all’editorialista de La Stampa Francesco La Licata. C’è anche un Premio Giovani, organizzato ogni 4 gennaio a Palazzolo Acreide. Inoltre, dal gennaio 2010, su iniziativa del Coordinamento Giuseppe Fava di Palazzolo Acreide e in collaborazione con Fondazione Fava, Libera (Siracusa) - Associazioni, Nomi e Numeri contro le Mafie e Associazione Palazzolese Antiracket, è stato istituito un premio riservato alle scuole primarie e secondarie di primo e secondo grado, che premia gli studenti impegnati contro le mafie.
Infine, il 5 gennaio, a ricordare e onorare la memoria di Pippo Fava, anche un messaggio del Presidente Sergio Mattarella: “La mafia lo ha ucciso per le sue denunce, per la sua capacità di scuotere le coscienze. Fava ha fatto del giornalismo uno strumento di irrinunciabile liberta. L’indipendenza dell’informazione, la salvaguardia del suo pluralismo sono condizione e strumento della libertà di tutti. Un impegno e un sacrificio a cui la Repubblica rende omaggio.”
Maria D'Asaro, il Punto Quotidiano, 14.1.24
Un grande giornalista!
RispondiEliminaCavaliere: proprio così. Buona giornata.
EliminaIo lo ricordo bene, compravo I SICILIANI fin quando uscirono e passo spesso in via Fava davanti alla targa che ricorda il luogo in cui fu ucciso. La nostra isola è troppo piena di targhe commemorative.
RispondiElimina@Enzo: grazie della tua testimonianza diretta. Purtroppo la nostra isola, riguardo ai morti assassinati dalla mafia, è un cimitero a cielo aperto, hai ragione...
EliminaCosa Nostra ammazza i migliori.
RispondiEliminaCiao Maria.
@Gus: non posso smentirti, purtroppo. Buona giornata.
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