Caravaggio: Le sette opere di misericordia corporale (part.) |
"La ricerca emergente dal laboratorio di neuroscienze sociali di Tania Singer del Max Planck Institute for Human Cognitive and Brain Sciences, in Germania, mostra che la fatica della compassione (compassion fatigue) è un termine improprio e che è l’empatia che affatica gli assistenti, non la compassione.
Tenendo conto delle ricerche delle neuroscienze riguardanti la diversa collocazione delle aree cerebrali relative alla compassione rispetto all’empatia, il mio pensiero è che l’utilizzo del termine ‘compassion fatigue’ dovrebbe essere sostituito da ‘empathy fatigue’.
La neurofisiologia dell’empatia dimostra, infatti, che gli effetti dell’empatia riguardano il sentire ciò che l’altro sente, e nel tempo possono diventare negativi, perché cumulativi di ripetute esperienze dolorose, se non condivise. Queste situazioni trovano una possibile risoluzione nelle supervisioni di equipe come condivisione narrata del dolore vissuto.
La compassione, invece, riguarda un sentimento di cura, amore altruistico e desiderio umanitario di aiutare gli altri che appartiene al soggetto a prescindere dalle emozioni percepite empaticamente dall’altro. Ha connotazioni sociologiche e personali di scelta di vita che si collocano in un’area cerebrale diversa dalle zone di attivazione empatica, precedentemente identificate come correlate al dolore attraverso il neuroimaging.
Ad esempio: se si osserva una persona soffrire, in caso di empatia nel nostro cervello entrano in funzione le medesime sfere cerebrali (neuroni specchio). Nel caso della compassione accade, invece, che in chi ascolta non si attivano le stesse aree cerebrali deputate al dolore, come nella persona che sta male, ma quelle dell’affiliazione prosociale, che indicano che si ha a cuore il benessere di quella persona di fronte a noi e si desidera attivarsi in una relazione d’aiuto.
L’azione compassionevole, seppur prolungata nel tempo, nutre sempre più la nostra esistenza e può persino illuminare lati oscuri della mente, come afferma Erminio Gius. L’insigne professore, che ha saputo coniugare rigore scientifico e saggezza accademica con la profonda umanità e spiritualità della vocazione religiosa francescana, individua nella compassione la possibilità di una carta etica ideale mondiale che regoli i rapporti interpersonali e teorizza la compassione intesa come terapia o come aiuto terapeutico.
È mio radicato pensiero ormai che la compassione sia costitutiva dell’essere umano in relazione, come comportamento emergente evolutivo-esistenziale, che connota l’identità personale e sociale in una dimensione pro-sociale, nella sacralità e responsabilità ‘condivisa’ del prendersi cura".
Paola Argentino: La spiritualità è cura: la forza dell’amore nel dolore
Mondadori, Milano, 2023 (pag. 51,52,53)
(a breve la recensione)
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