domenica 4 febbraio 2024

Perfect days: il film perfetto di Wenders?

     Palermo – Perfect days, l’ultima pellicola di Wim Wenders nelle sale italiane dal 4 gennaio scorso, è entrata nella prestigiosa cinquina dei film stranieri candidati all’Oscar, insieme a Io Capitano di Matteo Garrone, al britannico Zone of Interest, allo spagnolo La società della neve e al tedesco The Teachers' Lounge
      Perfect days sta riscuotendo un grande successo di pubblico, incantato dalla vita semplice del protagonista Hirayama, che compie piccoli gesti quotidiani: alzarsi presto, guardare il cielo, vestirsi, annaffiare alcune piantine, bere un caffè… prima di andare a pulire i bagni pubblici di Tokyo. 
     Hirayama appare sereno, persino lieto nello svolgere con cura il suo lavoro, durante il quale presta comunque attenzione alle persone che gli passano accanto: riconsegna alla madre un bambino che si era smarrito in un bagno, saluta una ragazza triste che fa lo spuntino di mezzogiorno accanto a lui, è generoso verso il collega che gli rivela i suoi sentimenti e desideri, accoglie per qualche giorno nel suo minuscolo appartamento la nipote in fuga dal mondo.
         A cosa deve Hirayama la sua condizione di serenità? 
     Il protagonista non è uno dei tanti poveri senza nome del pianeta, non è un perdente: la sua vita umile ed essenziale è frutto di una scelta personale, non uno scherzo del destino. Da alcune scene del film, si capisce infatti che ha deciso di lasciarsi alle spalle una famiglia ricca, come un novello san Francesco d’oriente…
    Inoltre, nello scorrere uguale dei gesti e delle giornate, Hirayama ha una sua centratura e un ricco mondo interiore: ama la musica delle vecchie musicassette, colonna sonora degli spostamenti quotidiani col furgoncino dalla casa in periferia al centro della capitale giapponese; con una vecchia macchina fotografica, ama fotografare gli alberi e la luce cangiante che filtra dai rami; ama leggere buoni libri la sera, prima di dormire.
Se infine si sottolinea la sceneggiatura assai suggestiva e che Koji Yakusho, l’attore che interpreta il protagonista, ha una recitazione inappuntabile - non a caso è stato premiato a Cannes - si potrebbe concludere che si tratta quindi di un film ‘perfetto’… 
     Un’informazione, appresa da Wikipedia, ha indotto però chi scrive a considerare Perfect days in modo un po’ diverso: commissionato al regista nel 2018 dal quartiere di Shibuya, uno dei 23 di Tokyo, il film doveva essere in origine solo un documentario sui bagni pubblici della capitale giapponese. L’amministrazione di Shibuya aveva infatti l’obiettivo sia di screditare l'immaginario collettivo secondo cui i bagni pubblici sono luoghi brutti e sporchi sia quello di pubblicizzare l’iniziativa della Fondazione Nippon (organizzazione benefica che in Giappone si occupa anche di welfare) per la Tokyo Toilet Project: il progetto di creare una serie di spazi per tutti in una delle aree più frequentate della capitale.
A partire dal documentario, Wenders ha poi invece realizzato una bella pellicola cinematografica, operando una sorta di ‘spostamento gestaltico’ del punto di vista: i bagni pubblici, da ‘figura’ sono diventati ‘sfondo’, sfondo comunque ben visibile della narrazione, con il protagonista Hirayama che diviene invece ‘figura’ in primo piano.
   La trasformazione da documentario a film spiegherebbe però l’eccessiva ripetizione delle inquadrature, un certo ‘formalismo’ estetizzante, una trama quasi inesistente. 
Wenders realizza comunque un film ‘poetico’, che vuole comunicare agli spettatori un messaggio preciso: una filosofia esistenziale minimalista, alternativa allo sconquasso consumista e alla ricerca a ogni costo di ricchezza e potere. Se ci si pensa, niente di nuovo: Wenders, partendo dal design dei cessi di Tokyo, con il suo film di successo, ci ricorda una verità che Gesù Cristo, san Francesco e ancora prima i buddisti, ci raccomandano da tempo: beati i poveri in spirito, beati i miti, beati i misericordiosi… 
    Senza illuderci troppo però: come scrive nel suo blog Franco Battaglia, da competente cinefilo, la gentilezza tanto osannata da Wenders ci può mettere su una buona strada, “ma non si sa quanto riesca a contagiarci davvero, se essa non siede già accanto a noi, ospite fissa”.

Maria D'Asaro, il Punto Quotidiano, 4.2.24

6 commenti:

  1. Sembra un film insignificante, ma ripensandoci con attenzione è un grande film.

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  2. La cosa più fallace del film è che non si parla di equilibrio, estasi, serenità raggiunte da un umile essere umano che estrapola bellezza dal proprio stato e dalla propria umiltà. Ma di uno che ha provato prima le vuote ed effimere estetiche umane e HA SCELTO di fermarsi a godere della semplicità.
    Un errore di fondo imperdonabile.
    Al pulitore di cessi seriale fategliela provare la limousine con autista e la villa con piscina, poi magari può decidere con cognizione di causa dove cogliere davvero la propria essenza di felicità.

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