"Noi viviamo in un eterno presente. Frattalmente, dalla dimensione più ampia e collettiva (l’impossibilità di capire il passato del mondo, si pensi alla cancel culture, o di immaginare il futuro come qualcosa di diverso e non come un presente potenziato) fino alla dimensione personale e corporea (il lifting, i vestiti tutti uguali dai sedici agli ottant’anni, la rimozione della morte) si mostra non la fine della storia (…) ma più radicalmente della nostra possibilità di concepire la stessa storicità delle cose. (…)
E non si pensi che tutto ciò riguardi un argomento più che un altro, oppure che riguardi soltanto la cultura umanistica, il canone occidentale, la cultura alta. È solo che questi argomenti fanno, ancora per poco, più impressione di altri. Quando Nuccio Ordine scrive «in alcune facoltà o in alcuni dipartimenti, sono addirittura a rischio discipline come la filologia e la paleografia. Questo significa che nel giro di pochi decenni – quando saranno andati in pensione gli ultimi paleografi e gli ultimi studiosi delle lingue del passato – bisognerà chiudere biblioteche e musei e rinunciare, perfino, a scavi archeologici e alla ricostruzione di testi e di documenti» si sente il cigolio di una macchina millenaria che si ferma. Ma se ciò accade è perché è il passato e l’idea di una temporalità più distesa a svanire ormai nelle nostre menti.
Un piccolo test personalmente condotto. Ho chiesto a dei ragazzi appassionati di calcio, in possesso di una conoscenza dettagliata di formazioni, carriere scolastiche, risultati e trofei, se conoscessero alcuni calciatori. Ho scelto i calciatori tra quelli in attività nel decennio immediatamente precedente alla nascita dei ragazzi, comunque giocatori da nazionale e di squadre di vertice (…). I ragazzi (sedicenni) non ne conoscevano neanche uno. Alcuni di loro volevano diventare calciatori (si può supporre anche per la fama) e non si accorgevano di segare l’albero alla radice.
Si sia onesti, la contrazione del tempo è semplicemente il tempo del rinnovo e del consumo delle merci che si è fatto totalità della realtà che siamo in grado di percepire. Ci sentiamo dire dal libraio che il libro uscito tre anni fa è vecchio e non può più procurarlo perché il libraio si limita ad applicare al suo ambito la concezione del rinnovo delle merci e del succedersi delle mode che servono a smerciarle. Il sistema economico ha corroso tutte le altre possibili angolazioni di sguardo e pensiero, tutte le altre tradizioni. Sta per restare unico. Essere colti oggi significa riuscire a contrastare concettualmente, almeno per se stessi, la morsa della contrazione del presente”.
In caso contrario è come se tutti ci stessimo preparando a pensare di essere i primi e gli ultimi uomini. Tutti Sumeri: il popolo che secondo il sumerologo Kramer «considerava gli eventi storici come affacciantisi belli e pronti sulla scena del mondo. Credeva, per esempio, che il proprio paese, questo paese che egli vedeva pieno di città e di Stati prosperi, disseminato di villaggi e di fattorie, ricco già di tutto un sistema perfezionato di tecniche e di istituzioni politiche, religiose ed economiche, fosse sempre lo stesso, dall’origine dei tempi».
Tutti Sumeri, con qualche giustificazione in meno rispetto a loro",
Davide Miccione La congiura degli ignoranti Valore italiano, editore Roma 2024, pp.73,74,75
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