lunedì 25 gennaio 2010

PUTIE


Nascoste in luoghi sperduti delle nostre periferie cittadine, esistono ancora le putie: quasi sempre composte da una stanza buia, con un misterioso sgabuzzino celato da un tendone, dietro cui sono ospitati tutti gli attrezzi del mestiere del putiaro. Che può essere un calzolaio, un gommista, un meccanico o un artigiano tuttofare che ripara cerniere e borsette. Le putìe si somigliano tutte: alle pareti donnine nude dallo sguardo ammiccante, foto di papi o l’immancabile benedicente padre Pio, la squadra di calcio del cuore, immagini esotiche di paradisi lontani. Brandelli espressivi di un universo maschile che regna sovrano. Nel mondo, e in quella putìa. Ma ora c’è un elemento di modernità: il sottofondo gracchiante di una TV. Sintonizzata, possiamo esser certi, su una qualsiasi rete commerciale. Con la voce suadente di uno speaker che spiega come vanno le cose nel ventunesimo secolo. A noi, poveri uomini oscuri, sempre uguali a noi stessi.

Maria D’Asaro
(pubblicato su“Centonove”: 22-1-2010)

2 commenti:

  1. Bella descrizione delle "putie", le botteghe, quasi sempre 'minime', che sono rimaste in città: ci aggiungerei un paio di impensabili ombrellai, forbiciai, e ancora qualche splendido orologiaio (fra cui quello con la bottega triangolare ricavata sotto la rampa d'una scala, forse la putia più piccola che abbia mai visto!). Umanità che sembra ormai 'a perdere', gente -per tutti i parametri d'oggi- perdente, perfino la loro mascolinità è residuale con cascami di simboli non più trandy, ulteriormente intossicati dal nulla televisivo.

    Tuttavia peccato, perchè c'è un'anima dell'esser artigiano e autentico, in cui l'uomo e il mestiere erano un tutt'uno e il lavoro che il mastro forniva a chi glielo richiedeva era solo uno dei canali di comunicazione che si instauravano fra le persone, e non una 'prestazione professionale' avulsa. Tutto questo rischia di perdersi irreversibilmente.

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