Periferia est di Palermo. Vicino al mio palazzo ci sono vasti campi coltivati. Chine sulla terra, schiene curve tolgono erbacce, dissodano la terra, spandono (ahimè) un diserbante. Le schiene conducono ai volti: chiusi, sofferti. Spesso neri. Non abbronzati, come, con discutibile goliardia, li definirebbe il potente di turno. Anche all’interno del panificio scorgo visi più scuri del mio: a impastare il pane, preparare le pizze, farcire le torte. Questo a tutte le ore del giorno: senza tregua, senza riposo festivo. Temo con scarso salario e pochi diritti. Da noi gli extracomunitari sono sommersi, silenziosi, invisibili. Ci accorgiamo di loro al distributore automatico. Dove c’è sempre un lui di colore pronto a mettere dieci euro di benzina nella tua macchina. Anche se c’è vento. Anche se è notte fonda. E piove. E fa molto freddo. In faccia, non lo guardiamo neanche. E qualcuno, magari, gli nega persino la mancia: 50 centesimi…
Maria D’Asaro (“Centonove”, 12-11-2010)
Io li abbraccerei tutti e li porterei tutti a casa mia, giuro, questi uomini dediti alla vita e alla fatica così intensamente e con così tanto rigore che noi manco nei sogni...
RispondiEliminaAnche a me fanno tenerezza. Pensa un pò che vita dura hanno da vivere: lontano dalla loro terra, costretti a parlare una lingua straniera, senza affetti e senza conforto. Spesso senza casa, senza diritti, con un futuro incerto all'orizzonte...
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