Di alcune cose, invece, non aveva affatto paura.
Dei topi, ad esempio. - Che carino! – aveva esclamato, in un tempo lontano, quando i grandi in famiglia davano la caccia a un topolino infiltrato in cucina. Nella grande casa, in paese.
Non aveva paura degli scarafaggi. Neanche di quelli marrone scuro, con le ali. Glissando su nonviolenza e dintorni, a volte li uccideva spietata, vicino al portone di casa.
Non aveva avuto paura di partorire tre figli.
Non aveva paura dei ladri. Né degli zingari. E neppure degli extracomunitari. Non temeva Methody, il bulgaro che chiedeva l’elemosina al semaforo. - Come stanno i tuoi figli? E tua moglie?- gli chiedeva talvolta.
Era l’esperta, in famiglia, nella caccia di vespe e di calabroni: che afferrava e riusciva a cacciare fuori dalla finestra, regalando loro di vivere. Fedele, questa volta, a Capitini ed a Gandhi.
Non aveva paura di essere in minoranza. A casa. A scuola. In città. Le bastava il sostegno di una sola persona, magari. Non aveva paura di vestire alla buona. Con i jeans e la maglietta. Anche se tutti avevano scarpe e borse firmate.
Non aveva paura di parlare: anche a trecento persone. Il cuore le batteva forte, è vero, ma questo lo sapeva lei sola. Non aveva paura di cambiare lavoro. Chi lo sa, tra un po’ ne avrebbe fatto un altro, ancora diverso. Non aveva paura di seguire i suoi sogni. Veramente ogni tanto mollava. Ma poi iniziava a sognare di nuovo.
Non aveva paura di leggere un libro sempre diverso.
Non aveva paura di scrivere. E infatti scriveva. Anche sciocchezze al quadrato. Senza paura di chiedere scusa, ai suoi sette lettori.
Dei topi, ad esempio. - Che carino! – aveva esclamato, in un tempo lontano, quando i grandi in famiglia davano la caccia a un topolino infiltrato in cucina. Nella grande casa, in paese.
Non aveva paura degli scarafaggi. Neanche di quelli marrone scuro, con le ali. Glissando su nonviolenza e dintorni, a volte li uccideva spietata, vicino al portone di casa.
Non aveva avuto paura di partorire tre figli.
Non aveva paura dei ladri. Né degli zingari. E neppure degli extracomunitari. Non temeva Methody, il bulgaro che chiedeva l’elemosina al semaforo. - Come stanno i tuoi figli? E tua moglie?- gli chiedeva talvolta.
Era l’esperta, in famiglia, nella caccia di vespe e di calabroni: che afferrava e riusciva a cacciare fuori dalla finestra, regalando loro di vivere. Fedele, questa volta, a Capitini ed a Gandhi.
Non aveva paura di essere in minoranza. A casa. A scuola. In città. Le bastava il sostegno di una sola persona, magari. Non aveva paura di vestire alla buona. Con i jeans e la maglietta. Anche se tutti avevano scarpe e borse firmate.
Non aveva paura di parlare: anche a trecento persone. Il cuore le batteva forte, è vero, ma questo lo sapeva lei sola. Non aveva paura di cambiare lavoro. Chi lo sa, tra un po’ ne avrebbe fatto un altro, ancora diverso. Non aveva paura di seguire i suoi sogni. Veramente ogni tanto mollava. Ma poi iniziava a sognare di nuovo.
Non aveva paura di leggere un libro sempre diverso.
Non aveva paura di scrivere. E infatti scriveva. Anche sciocchezze al quadrato. Senza paura di chiedere scusa, ai suoi sette lettori.
Che bel post. Vorrei come te non aver paura di tante cose.
RispondiEliminaForse l'unica cosa di cui non ho paura è di continuare a sognare.
Cmq io a differenza tua detesto i topi e gli scarafaggi :D
Che bella persona sei e come ti racconti bene!Da bimba avevo le tue stesse paure,per molti anni non ho sopportato il colore giallo perchè gialla era la trapunta del mio lettino dove si accovaccia il diavolo alla prima disubbidienza Ora(da vecchietta) ho una grande paura:smettere di sognare MDFEX
RispondiEliminaMi manca quella sicurezza che tu hai..e ti invidio quasi..
RispondiElimina....correggo 'dove si accovacciava, a dire della nonna,il diavolo....'
RispondiElimina@Charmless: grazie dell'apprezzamento! Ti leggo volentieri anch'io. E, comunque, poste sul piatto della bilancia, temo che le mie paure pesino di più delle piccole cose di cui non mi spavento... Ciao, con simpatia!
RispondiElimina@Maria: grazie del tuo sguardo affettuoso e partecipe. L'ho sempre saputo che, per tante cose, ci assomigliamo...
@Sara: secondo me, sei molto più sicura di come ti pensi. Grazie dell'attenzione che dedichi alle quattro cose che scrivo. Un abbraccio.
I topini, da buon gatto, piacciono anche a me. Quando i gatti, quelli veri, mi lasciano fuori dalla porta (credo per far vedere che si rendono utili) un cadaverino, mi scappa una preghierina in loro memoria.
RispondiEliminaDella famiglia degli scarafaggi, mi piacevano i 'cervi volanti', quelli con davanti una specie di rostro: legavamo alle zampette, con un pezzo di filo da cucito, messaggini su carta, che volavano chissà dove, portando verso il cielo i nostri sogni.
Avevo messo un tentativo di poesiola, ma è scomparso:
RispondiEliminaVisto che tu sai nuotare
dentro il mare lo devi fare,
la piscina lasciala stare,
la paura là la devi affogare.
@gattonero: grazie dell'incoraggiamento...persino in rima baciata! Smack!
RispondiEliminaAncora per te: forte quella di legare messaggini di carta alle blatte! Non so cosa provassero gli scarafaggi...D'altra parte, perchè i piccioni viaggiatori si e gli scarafaggi comunicatori no?!?
RispondiEliminaEntomofobo... Ma mi piacciono i rettili e i roditori d'ogni tipo.
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