Nella mia Palermo priva di piste ciclabili, tranne la striscia che va dalla Stazione Centrale a Mondello, andare in bici è insieme un’avventura e un rischio. Che, infatti, affrontano solo pochi, eccezionali, individui.
Ad esempio gli extracomunitari: che, oltre alle gambe allenate a percorrere strade in salita, possono magari permettersi solo le due ruote di una bici malandata. E poi in bici vanno i ragazzi ecologisti e un po’ “freak”: quelli che preferiscono la bici silenziosa, a un più arrogante “motore”. Infine, la prediligono anche alcune donne speciali. Ad esempio, due mie vicine di casa. Due madri: una ha scelto di iscriversi all’università per coronare un antico sogno, a quarant’anni compiuti. L’altra, già cinquantenne, va in bici perché, oltre alla poesia, ama l’aria pulita.
A queste donne, agli uomini privi di inquinanti corazze, m’inchino. Io e Palermo vi ringraziamo: profeti nascosti di una vita più umana, più lenta, più dolce.
Maria D’Asaro (pubblicato su “Centonove” il 13-5-2011)
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