Non
ho fatto mistero, qualche post fa, del mio innamoramento letterario per Erri De
Luca.
Che
amo perché è uno scrittore yin e yang: perché la sua scrittura è pervasa da delicata sensualità; perché mi fa entrare nel mondo incantato
dei sentimenti senza togliere il freno dal pedale della
ragione.
E disse (Feltrinelli, Milano, 2011, € 9)
è uno dei suoi tanti testi dedicati all’ebraismo. Dedicato in particolare a
Mosè, definito in quarta di copertina: primo alpinista dello spirito. Uno “di quelli che afferrano una frase dove gli altri intendono solo un chiasso (…)
uno che guardava all’origine del vento (…) che aveva dentro gli occhi il callo
dell’insonnia. (…) In lui si concentrava l’energia dell’ultimo, un riassunto di
esistenze perdute. Andava solo, qualunque altro accanto gli avrebbe sparigliato
la solitudine.
De
Luca scrive pagine intriganti sui dieci comandamenti: “Non ammazzerai: che disarmo di cuore si
annunciava in quel rigo di apertura di seconda facciata della roccia (…).
Rinuncia a disporre della vita altrui. (…) «Non desidererai casa di tuo compagno. Non
desidererai donna di tuo compagno»: il rigo toglie il confine tra
la semplice intenzione e l’atto compiuto, arrivando all’innesco del pensiero.
Risale alla scintilla interiore del desiderio, che è l’attrito tra i sensi di
una persona e il mondo.”
E
lo fa da conoscitore autodidatta della lingua ebraica: “Il verbo hamad è desiderio di
possesso altrui. Comporta il veleno dell’invidia, che vuole usurpare il posto
di un altro.” Invece: “Resta nel tuo,
ammira senza togliere. L’ammirazione è un sentimento lieto (…) è un fischio di
congratulazione, un applauso degli occhi.”
E come
non commuoversi al racconto dell’incontro tra Adàm e Havà: “Quella prima notte profumava di creato
spento. L’amore accelerava l’esperienza, faceva succedere tutto in una notte (…)
non erano mai stati bambini, l’amore fu il primo dei giochi. Passarono dalle
risate al solletico, alla concentrazione di frugarsi. Mentre si strofinavano
felici, si urtarono le labbra. Stupiti, si scansarono, poi le riaccostarono. Si
chiusero gli occhi da soli, la vista e tutti i sensi accorsero alla bocca. Nacque
per accidente allegro il primo bacio. Al termine del gioco erano arrivati al
bacio mille.”
E le
riflessioni sullo shabbàt? “Non farai per
te alcuna opera … “ Ma lo shabbàt merita un altro post. Ora mi
riposo. Anche se è lunedì.
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