A Palermo, a chi sale sull’autobus o si ritrova in fila alla posta per pagare una bolletta, non sarà sfuggito un dato di costume. Mentre altrove si parla del tempo, i palermitani parlano tra loro solo per lamentarsi di qualcosa: dell’autobus che non passa in orario, delle tasse, del governo che “non dà lavoro”. I motivi per essere scontenti non mancano: però dispiace davvero che il lamento di gruppo, praticato con tenacia e convinzione come se avesse una ricaduta civile e politica, sia il prevalente, se non l’unico, modo di confronto e di socializzazione dei miei concittadini. Il problema è che, scesi dall’autobus e pagata la bolletta, i palermitani non trovano altre maniere per dare sostanza al lamento collettivo, esaurito il quale tutto rimane come prima. Dopo l’inutile sproloquio verbale, nessuno muove un dito per cambiare. E si continua a vivere con atavica rassegnazione in una città rabberciata e imperfetta.
Maria D’Asaro (“Centonove” n. 25 del 27.6.2014)
Nessun commento:
Posta un commento