Il 29 agosto 1991 avevo 33 anni: ero indaffarata con due figli molto piccoli e addolorata per papà che stava male e sarebbe morto un mese dopo.
L’assassinio brutale di Libero Grassi, l'imprenditore siciliano - proprietario a Palermo di una piccola fabbrica di camicie - che si era rifiutato pubblicamente di pagare “il pizzo”, fu un colpo al cuore e rappresentò per me l’ennesima conferma di vivere in una terra brutale, dove la mafia aveva il controllo non solo del territorio, ma anche della vita degli uomini liberi che si opponevano ai suoi comandi.
L’assassinio brutale di Libero Grassi, l'imprenditore siciliano - proprietario a Palermo di una piccola fabbrica di camicie - che si era rifiutato pubblicamente di pagare “il pizzo”, fu un colpo al cuore e rappresentò per me l’ennesima conferma di vivere in una terra brutale, dove la mafia aveva il controllo non solo del territorio, ma anche della vita degli uomini liberi che si opponevano ai suoi comandi.
Condivido l’articolo dell’amico Umberto Santino pubblicato oggi dal quotidiano "La Repubblica", cronaca di Palermo, con il titolo "L'eroe borghese senza borghesia".
(Umberto Santino e sua moglie Anna Puglisi sono gli animatori del "Centro Impastato" di Palermo, testa pensante e cuore pulsante del movimento antimafia. E’ stato anche merito di Umberto e Anna se si è scoperta la verità sui mandanti dell’assassinio di Peppino Impastato).
"Ricordare Libero Grassi a 24 anni dal suo assassinio non significa soltanto replicare un rito che per fortuna e' tra i piu' sobri e antiretorici, ma anche, o soprattutto, rivivere una storia per molti versi emblematica e riflettere su quello che e' accaduto in questi anni.
Non sara' inutile rammentare che, al di la' delle dichiarazioni di solidarieta' di rappresentanti delle istituzioni, Libero Grassi fu isolato dagli altri imprenditori e anche dalla cosiddetta societa' civile. L'unica iniziativa di sostegno si svolse nell'aula consiliare il 4 maggio del 1991. Eravamo soltanto in trenta, e fu facile profezia quella di chi scrive: "Stiamo attenti a non fare di Libero Grassi un eroe aspirante martire". E' stato definito "un eroe borghese senza borghesia" e il comportamento degli altri imprenditori e delle organizzazioni che li rappresentavano fu una vergogna incancellabile. Ma loro rappresentavano la regola, Libero era l'eccezione. Pagare il pizzo era una tradizione familiare, come lo era convivere con la mafia e Libero rompeva quella tradizione, denunciava quella convivenza e l'isolamento era prevedibile e scontato. Lo era meno il comportamento dei rappresentanti dell'associazionismo antimafia del tempo, ma su questo terreno giocavano un ruolo decisivo le appartenenze, i clan e le tifoserie. E Grassi non ne faceva parte. (…)
Libero Grassi e' stato ucciso dalla mafia ma pure da una societa' che non si riconosceva nella sua liberta', come progetto e pratica di liberazione, prima ancora che nel suo coraggio.
In questi anni le cose sono mutate? Certo, e' nato un associazionismo antiracket, ma piu' su una spinta proveniente dal basso, grazie all'azione di Addiopizzo e Liberofuturo, che per iniziativa delle organizzazioni di categoria. Anche queste si sono in qualche modo adeguate al "nuovo corso", ma avvenimenti recenti dimostrano che per certuni l'antimafia piu' che una scelta di campo, radicale e conseguente, e' un'opzione formale e opportunistica. Non penso che un personaggio che passava per paladino dell'antiracket e si e' trasformato in estorsore e neppure che altri campioni delle cronache giudiziarie di questi ultimi mesi, anch'essi figuranti nelle vetrine dell'antimafia, siano classificabili come protagonisti di disavventure personali. Un'antimafia che ha dato loro spazio e assicurato glorie e opportunita' dovrebbe in primo luogo interrogarsi su se stessa, non contentarsi di considerarli delle mele marce. C'e' un problema di consenso, per usare le parole di Libero Grassi, anche all'interno dell'antimafia e della societa' civile, in cui si riproducono dinamiche del contesto sociale nel suo complesso. A cominciare dai leaderismi, dalle primogeniture, dai settarismi, dalle prassi quotidiane, dalla ricerca e acquisizione di fondi pubblici, ottenuti con il pieno rispetto delle pratiche personalistiche e clientelari che caratterizzano la spesa pubblica regionale, e non solo.
Di tutto questo bisognerebbe discutere, se vogliamo riferirci a Libero Grassi com'era da vivo, e non trasformato in una delle tante icone sugli altarini di un'antimafia retorica che ospita nel suo seno opportunisti e cialtroni."
Grazie di questo ricordo, Maruzza. Comunque i progressi "dal basso" che la Sicilia ha fatto in questi ultimi anni sono davvero importantissimi.
RispondiEliminaGrazie per questo post, Mari!
RispondiEliminaNon si ricorda mai abbastanza
Grazie per questo post, Mari!
RispondiEliminaNon si ricorda mai abbastanza
@Silvia Pareschi e Cristina Berardi: grazie della vostra condivisione accorata. Spero davvero che, anche grazie al sacrificio di Libero Grassi, qualcosa in Sicilia è cambiato.
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