Egregio Andrea,
sicuramente ha giocato a sfavore del suo romanzo “Un bene al mondo” (Andrea Bajani Einaudi, Torino, 2016, € 16,50) il fatto che mi sia stato presentato come un libro imperdibile e sconvolgente. Così, la mia tendenza di “Bastian contrario”, mi ha indotto a cercarne gli eventuali punti di debolezza. Uno di essi, a mio sommesso avviso, è una certa “mono-tonia”; 134 pagine sono forse troppe se si ripete essenzialmente un unico concetto, un solo stato d’animo, una prevalente situazione esistenziale: l’indivisibile unità tra un bambino (poi uomo) e il suo dolore, personificato in una sorta di cagnolino. Secondo me, l’intuizione di base, la chiave di volta della narrazione, perfetta se realizzata in un racconto breve, risulta troppo esigua per un romanzo. Che comunque, nella sua mono-cromia contenutistico/espressiva, risulta ben scritto e contiene pagine di raffinato lirismo.
Mi consenta infine di scherzare un po’: riprendendo la frase di Giacomo Leopardi a Pietro Giordani (frase da lei riportata dopo i ringraziamenti, nell’ultima pagina del testo, «Questa povera città non è rea d’altro che di non avermi fatto un bene al mondo») magari il titolo più appropriato per il romanzo sarebbe potuto essere il tormentone “Mai ‘na gioia” …
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