Van Gogh: paesaggio con covoni di grano e luna che sorge (1889) |
Questa è una delle pagine più ironiche del Vangelo di Giovanni, di quell’ironia saggia che vuole metterci in ridicolo in alcuni percorsi che noi neghiamo a noi stessi anche di fronte all’evidenza.
Qual è l’ironia? L’ironia è che il cieco, da un certo momento in poi, comincia a vederci: prima a vedere gli altri – e l’evangelista usa un verbo “plepein”, vedere fisicamente. -
Poi, alla fine, l’evangelista userà un altro verbo, il verbo “orao”. Dice Gesù “Lo hai visto, finalmente i tuoi occhi sono spalancati, stanno vedendo la luce. Cioè, stanno avendo una visione dinanzi che può illuminare non solo il cammino della strada, ma anche il tuo cammino interiore, per tutta la vita”.
Quindi da un lato questo cieco che vede e riconosce, dall’altro lato tutti quelli che vedono, ma è come se non vedessero. E negano al cieco l’evidenza: e-videnza, quello che lui ormai vede e dovrebbe essere sotto gli occhi di tutti. Invece è come se ci si nascondesse di fronte all’evidenza.
Ma cosa ci interessa in questo Vangelo? Ci interessa l’affermazione di Gesù che Lui vorrebbe essere luce del nostro cammino. Ma quest’affermazione rischia di essere astratta. In che modo? Invece la vita di Gesù è luce in maniera semplice: ci vuole indicare da dove veniamo e dove stiamo andando. Vuole dare orientamento al nostro percorso quotidiano.
E qual è l’orientamento? Incontrare gli altri e condividere con loro un po’ di luce. Non possiamo avere la pretesa di vedere tutto, la realtà è talmente grande, immensa, spesso anche misteriosa … possiamo solo cogliere frammenti di luce. Possibilmente, ci dice Gesù, sul volto delle persone.
Brilliamo, gli uni degli altri; scambiamoci luce, anche per brevi percorsi di strada, senza la pretesa di vedere all’infinito chissà che cosa …
E Gesù, se noi lo rileggiamo da questo punto di vista, ha donato luce, luminosità alle persone che ha incontrato, gli ha riconsegnato un percorso di vita. E quindi il primo incontro con la luce lo facciamo tra di noi, scambiandocela tra i nostri volti: luce, splendore …
E poi, dove stiamo andando? Possiamo pensare tutto quello che vogliamo: che la vita finisce con la morte, in una tomba; che la vita è un ciclo che si ripete; che non sappiamo dove si va. Perché oggi assistiamo a uno sbandamento di punti di riferimento, in tutti i sensi. Cosa ci dice Gesù? Che la nostra vita ha un traguardo: è un venire alla luce, è un nascere al Padre, che ci pensa dall’eternità, ci chiama alla luce, dai nostri genitori, e alla luce, attraverso il Battesimo che ci fa riconoscere non Dio, ma il Padre materno (...).
Questo celebriamo nella nostra condizione battesimale. Non con atteggiamenti di superbia: no, ma nella prospettiva più bella che ci viene aperta dalla Parola del Signore: venire alla luce del volto materno del Padre. Nella luce del suo Spirito che ci avvolge col suo calore e con la sua luminosità.
(il testo, pronunciato il 26.3.2017 nella chiesa di san Francesco Saverio a Palermo, non è stato rivisto dall’autore, don Cosimo Scordato: eventuali errori o omissioni sono della scrivente, Maria D’Asaro, che si assume pertanto la responsabilità delle imprecisioni e manchevolezze della trascrizione)
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