Marc Chagall: Paradiso (1961) |
"Ecco di che cosa siamo fatti: di lontananze e di mancanze. Ognuno porta in sé il ricordo e la nostalgia di qualcosa che è fuggito, di una terra lasciata, di un’assenza di volti, luoghi, suoni, che popolano il cuore e la mente e che ospitiamo in noi. (…) Accogliere quello che non c’è più, o non c’è ancora, è ginnastica quotidiana che ci aiuta a trasformare la mancanza in presenza, la lontananza in prossimità.
Siamo tutti in qualche modo ospiti di qualcosa che arriva all’improvviso; che sia una crisi, o un ricordo, o una spina nel cuore. (…)
Nella lingua italiana il termine ‘ospite’ indica contemporaneamente sia chi chiede accoglienza sia chi la offre, come a dire che c’è un legame sottile e nascosto, che in fondo la precarietà – e la lontananza – appartengono a tutti, sono cosa comune. C’è bisogno però di uno sguardo contemplativo per interiorizzare questa realtà senza lasciarsi sopraffare da atteggiamenti carichi, nella migliore delle ipotesi, di indifferenza.
C’è bisogno di uno sguardo contemplativo per cogliere la ricchezza e la fatica di gesti capaci di migliorare il nostro mondo. (…) Che cosa c’è di più bello che sentirsi a casa? (…) L’ospite migliore è colui che mette tanto a proprio agio colui che è arrivato da farlo sentire come a casa propria: c’è qualcosa di sacro, di divino nell’ospitalità. Immagino Dio che, per chi ci crede, quando ci accoglierà alla fine della nostra vita farà di tutto per non farci sentire scomodi o fuori posto, per non metterci a disagio.
Forse il Paradiso, per chi ci crede, consisterà nel sentirsi totalmente, interamente accolti. Sarà il non patire più alcuna lontananza (…)."
(Nunzio Galantino, Incontri che vincono le paure, Mondadori, Milano, 2019, pagg.92-94)
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