Guanda, Milano, 2019, €18: pagg. 44 e 38
L'autrice di questo blog, Maria D'Asaro, vive in un'isola ed è affascinata dal mare: mari da sognare, mari da scoprire, mari da solcare...
venerdì 31 luglio 2020
Possiamo salvare il mondo prima di cena?
Guanda, Milano, 2019, €18: pagg. 44 e 38
mercoledì 29 luglio 2020
Respira
Regola
Con sapienza
E nuovo coraggio
Le lancette del cuore
Respira...
(dalla pagina FB dell'amica Daniela Cucè, che ringrazio) |
domenica 26 luglio 2020
"L'arte di essere maschi" senza violenza
Il testo nasce dalle riflessioni maturate a Palermo da un gruppo di uomini che si incontrano - dal 2015 ad oggi - per confrontarsi sul tema della violenza sulle donne, sulla scia del gruppo “Uomini in cammino”, coordinato a Pinerolo da Beppe Pavan, e del movimento italiano “Maschile plurale”.
Cavadi sgombra subito la questione da un equivoco,
spesso alimentato dai media, che etichettano come ‘emergenza’ i casi di
femminicidio; e avanza un parallelismo con la violenza mafiosa, affermando che “Come
la mafia quando non spara non è meno insidiosa di quando uccide platealmente,
così la violenza maschile non è meno perniciosa quando non esplode in casi
eclatanti”. Allora: “Il contrasto alla violenza maschile – proprio come
il contrasto al dominio mafioso – non può profilarsi con i caratteri della
‘emergenza’ occasionale: deve far parte, piuttosto, di una strategia di lungo
periodo che si basi sulle radici del fenomeno che si vuole estirpare”.
Dove ricercare tali radici? In un “ordine patriarcale oppressivo” che appare “naturale, neutrale, ovvio” che ha invece un radicamento biologico - “una struttura anatomica più solida e più avvantaggiata dal punto di vista della difesa e dell’attacco fisici”- e una collocazione storica precisa in ambito socio-economico e giuridico-culturale: per secoli l’uomo è stato proprietario e gestore dei beni materiali e la donna non ha avuto accesso al mondo del lavoro perché ad essa è stata demandata la cura esclusiva della famiglia e della prole. In Italia, sino al 1942, il Codice civile prevedeva l’autorizzazione del marito perché la moglie potesse sottoscrivere un contratto di lavoro, mentre bisognerà aspettare la riforma del diritto di famiglia del 1975 perché sia definitivamente superata la “potestà maritale” che, tra le tante limitazioni, escludeva le donne dalla tutela legale dei figli e dalla possibilità di ricevere beni in eredità.
In questo contesto, sino alla metà degli anni ’90, lo stupro era considerato un reato contro la morale e non contro la persona: Addirittura, con le motivazioni espresse in alcune sentenze, qualche giudice ha avallato il pesante pregiudizio che la donna vittima di violenza “se l’era andata a cercare”. Cavadi ci ricorda poi che anche l’universo simbolico-religioso ha avuto un ruolo nel legittimare il sistema del ‘patriarcato oppressivo”: nel mondo greco il pensiero filosofico e la prassi legislativa prevedevano una completa subordinazione della donna alla figura maschile; mentre oggi nelle tre religioni prevalenti (ebraismo, cristianesimo, islamismo) “siamo all’interno di un’idea del Divino antropomorfica e sessista da cui non è per nulla facile liberarsi.” “Dio, per quanto non abbia sesso, ha però da migliaia di anni un genere: il genere maschile. […] Come non pensare allora che questa millenaria identificazione culturale di Dio con la maschilità non abbia conseguenze nella società umana?”. Citando una teologa, Cavadi sottolinea che “sino a quando Dio viene concepito sempre e solo come Maschio, il maschio (non necessariamente credente, confessante, praticante) avvertirà la tentazione di concepirsi come dio”. L’autore passa poi in rassegna le obiezioni più frequenti a tale analisi: tra esse, quelle che lo scenario maschilista e patriarcale sia ormai anacronistico, e che la violenza sia un dato antropologico ineliminabile, per cui “ammesso che gli uomini che esercitano violenza sulle donne siano più numerosi delle donne che la esercitano sugli uomini, essi feriscono e uccidono non in quanto maschi, ma in quanto violenti”. A queste obiezioni, si controbatte che, se è vero che “la violenza che si consuma ogni ora sul pianeta non è solo quella ai danni delle donne in quanto tali […] nel caso della violenza maschile contro le femmine […]ci troviamo probabilmente alla radice di tutte le manifestazioni, alla madre di tutte le violenze.” Viene infatti evidenziato che il modello virilistico, militaristico, bellicistico, l’uomo “che non deve chiedere mai” “è la prima radice e il primo paradigma di ogni violenza, di ogni oppressione”. Si registra infatti in tutte le epoche “una concatenazione fra l’esercizio della violenza da parte degli uomini, le attività belliche e i tratti tradizionali della maschilità”.
Se questa è la diagnosi, quale la terapia?
Il gruppo “Noi uomini a Palermo contro la violenza
sulle donne” invita tutti gli uomini a essere responsabili del modello
socio-culturale di maschio che ognuno vuole incarnare, consapevoli che “mettere
in discussione l’assetto culturale e sociale prevalentemente androcentrico è un
gesto non solo di equità verso le donne, ma almeno altrettanto di cura verso
noi stessi”. L’invito è allora quello di “abbattere le corazze di cui la
maschilità è da millenni rivestita”, corazze che impediscono agli uomini di
vivere appieno la loro umanità che include capacità di cura, emozioni e
sentimenti ed empatia.
Nella post-fazione Francesco Seminara – uno dei
componenti del gruppo palermitano – indica alcuni antidoti alla violenza
maschile: la destrutturazione degli stereotipi di genere che fondano la cultura
maschilista e patriarcale; la pratica, da parte maschile, di professioni di
cura, quali quella di maestro di scuola e/o di infermiere; la riacquisizione
della parità genitoriale in caso di separazione; la scoperta della propria
dimensione sentimentale, che includa la dolcezza e la tenerezza, perché, come
affermato in un testo citato: “Il mondo è pieno di parole maschili in ogni
campo del sapere e del potere […]. Spesso questa parola maschile
[…] ha nascosto un grande silenzio sui propri sentimenti. Rompere questo
silenzio su sé stessi è una frontiera del cambiamento maschile, nel nostro
tempo”.
Ecco allora infine il convincente appello di
“Maschile Plurale”, in occasione del 25 novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione
della violenza sulle donne: ”Quando il disprezzo per le donne,
l’ostentazione del potere e le minacce contro i gay e gli stranieri diventano
modelli di virilità […] dobbiamo reagire: come uomini prima ancora che come
cittadini. Sentiamo la responsabilità di impegnarci come uomini, contro la violenza
che attraversa la nostra società e le nostre relazioni. […] Non ci sentiamo
‘protettori’ né ‘liberatori’. Sappiamo che le donne non sono affatto deboli. La
loro libertà, la loro autonomia […] non sono una minaccia per noi uomini e
nemmeno una concessione da far loro per dovere. Sono un’opportunità per vivere
una vita più libera e ricca.”
Per camminare insieme verso orizzonti di una comune libertà e felicità.
giovedì 23 luglio 2020
Archeologia
nel mio campo c’è stato un progresso.
Sono trascorsi millenni
da quando mi chiamasti archeologia.
Non mi servono più
dèi di pietra
e rovine con iscrizioni chiare.
Mostrami di te il tuo non importa che,
e ti dirò chi eri.
Di qualcosa il fondo
e per qualcosa il coperchio.
Un frammento di motore. Il collo d’un cinescopio.
Un pezzetto di cavo. Dita sparse.
Può bastare anche meno, ancora meno.
Con un metodo
che non potevi conoscere allora,
so destare la memoria
in innumerevoli elementi.
Le tracce di sangue restano per sempre.
La menzogna riluce.
Si schiudono i codici segreti.
Si palesano dubbi e intenzioni.
Se solo lo vorrò
(perché non puoi avere la certezza
che lo vorrò davvero),
guarderò in gola al tuo silenzio,
leggerò nella tua occhiaia
quali erano i tuoi panorami,
ti ricorderò in ogni dettaglio
che cosa ti aspettavi dalla vita oltre alla morte.
Mostrami il tuo nulla
che ti sei lasciato dietro,
e ne farò un bosco e un’autostrada,
un aeroporto, bassezza, tenerezza
e la casa perduta.
Mostrami la tua poesiola
e ti dirò perché
non fu scritta né prima né dopo.
Ah, no, mi fraintendi.
Riprenditi quel ridicolo foglio
scribacchiato.
A me serve soltanto
il tuo strato di terra
e l’odore di bruciato
evaporato dalla notte dei tempi.
domenica 19 luglio 2020
Via D’Amelio, strage che cambiò l’Italia
giovedì 16 luglio 2020
Il silenzio delle piante
si sviluppa abbastanza bene.
So cosa sono foglia, petalo, spiga, stelo, pigna,
e cosa vi accade in aprile, e cosa in dicembre.
Benché la mia curiosità non sia reciproca,
su alcune di voi mi chino apposta,
e verso altre alzo il capo.
Ho dei nomi da darvi:
acero, bardana, epatica,
erica, ginepro, vischio, nontiscordardimé,
ma voi per me non ne avete nessuno.
Viaggiamo insieme.
E quando si viaggia insieme si conversa,
ci si scambiano osservazioni almeno sul tempo,
o sulle stazioni superate in velocità.
Non mancherebbero argomenti, molto ci unisce.
La stessa stella ci tiene nella sua portata.
Gettiamo ombre basate sulle stesse leggi.
Cerchiamo di sapere qualcosa, ognuno a suo modo,
e ciò che non sappiamo, anch’esso ci accomuna.
lo spiegherò come posso, ma voi chiedete:
che significa guardare con gli occhi,
perché mi batte il cuore
e perché il mio corpo non ha radici.
Ma come rispondere a domande non fatte,
se per giunta si è qualcuno
che per voi è a tal punto nessuno.
Cespugli, boschetti, prati e giuncheti –
tutto ciò che vi dico è un monologo
e non siete voi che lo ascoltate.
Parlare con voi è necessario e impossibile.
Urgente in questa vita frettolosa
e rimandato a mai.
martedì 14 luglio 2020
Il seme prezioso della parola
Vincent Van Gogh: Seminatore al tramonto (1888). Qui l'analisi del dipinto. |
domenica 12 luglio 2020
Natalia Ginzburg, lessico famigliare
martedì 7 luglio 2020
Sotto una piccola stella
Paul Klee: Oh! These Rumors! (1939) |
Chiedo scusa alla necessità se tuttavia mi sbaglio.
Non si arrabbi la felicità se la prendo per mia.
Mi perdonino i morti se ardono appena nella mia memoria.
Chiedo scusa al tempo per tutto il mondo che mi sfugge a ogni istante.
Chiedo scusa al vecchio amore se do la precedenza al nuovo.
Perdonatemi, guerre lontane, se porto fiori a casa.
Perdonatemi, ferite aperte, se mi pungo un dito.
Chiedo scusa a chi grida dagli abissi per il disco col minuetto.
Chiedo scusa alla gente nelle stazioni se dormo alle cinque del mattino.
Perdonami, speranza braccata, se a volte rido.
Perdonatemi, deserti, se non corro con un cucchiaio d’acqua.
E tu, falcone, da anni lo stesso, nella stessa gabbia,
immobile con lo sguardo fisso sempre nello stesso punto,
assolvimi, anche se tu fossi un uccello impagliato.
Chiedo scusa all’albero abbattuto per le quattro gambe del tavolo.
Chiedo scusa alle grandi domande per le piccole risposte.
Verità, non prestarmi troppa attenzione.
Serietà, sii magnanima con me.
Sopporta, mistero dell’esistenza, se strappo fili dal tuo strascico.
Non accusarmi, anima, se ti possiedo di rado.
Chiedo scusa al tutto se non posso essere ovunque.
Chiedo scusa a tutti se non so essere ognuno e ognuna.
So che finché vivo niente mi giustifica,
perché io stessa mi sono d’ostacolo.
Non avermene, lingua, se prendo in prestito parole patetiche,
e poi fatico per farle sembrare leggere.
domenica 5 luglio 2020
San Giovanni Decollato: l'impegno sociale all'Albergheria
Infatti il restauro dell’edificio, realizzatosi nel giugno del 2010, proprio dieci anni fa, è stato reso possibile grazie alla lunga e tenace insistenza da parte di un comitato promotore, di cui don Cosimo Scordato è stato uno degli attivisti. Per il restauro sono stati utilizzati i fondi della Protezione Civile per il “sisma 2002”.
Dal 2010 la chiesa di san Giovanni Decollato – anche se non destinata al culto, tranne in occasioni particolari – è diventata avamposto di legalità, di impegno e di promozione sociale e luogo di vari appuntamenti artistici e culturali.
In particolare, è la sede dell’Associazione Parco del Sole, che offre supporto scolastico a tanti bambini e ragazzi a rischio dispersione scolastica nel quartiere del centro storico. Ecco cosa ha detto il suo Presidente, Massimo Messina, il 24 giugno scorso: “Vogliamo essere una presenza significativa nel territorio, nel quale cerchiamo di operare con progettualità intelligente e mirata. Ai bambini del quartiere offriamo un doposcuola pomeridiano, ma anche laboratori artistici e musicali, grazie al contributo volontario di validi professionisti. Il nostro non vuole essere un volontariato assistenzialistico, ma un’attività che favorisce la crescita personale e sociale. Tra le tante iniziative, abbiamo offerto ai bambini e alle loro famiglie incontri con personalità significative quali, ad esempio Tina Montinaro, vedova dell’agente Antonio Montinaro, ucciso con Giovanni Falcone nella strage di Capaci, e Gregorio Porcaro, braccio destro di padre Pino Puglisi. Le parole di questi testimoni hanno fatto riflettere tutti sul ruolo importante delle Forze dell’Ordine e sulla necessità – come sottolineava don Puglisi – che ognuno faccia qualcosa per migliorare la società”.
La chiesa, che si trova nel quartiere Albergheria, di fronte all’antico palazzo Sclafani e a un passo dalla magnifica Cattedrale cittadina, fu edificata alla fine del XVI secolo e dedicata alla Madonna Annunziata; poi passò in consegna ai confrati di san Giovanni della Galca che la consacrarono a san Giovanni Decollato. Prima del restauro, dopo i bombardamenti del 1943, versava ormai in uno stato di totale abbandono, tanto da essere utilizzata come rudere nel 1963 per una scena de “Il Gattopardo”; ed essere poi poco poeticamente invasa da rifiuti, galline e piante infestanti.
L’attività di promozione sociale a san Giovanni Decollato non è stata fermata neppure dal lockdown: alle famiglie bisognose è stato dato un notevole supporto di generi alimentari e di prima necessità, mentre i volontari si sono prodigati a fornire ai bambini supporto scolastico a distanza.