La magia del desiderio sta proprio nella sua etimologia: eccede e accende le stelle. (…) Il desiderare è forse dono delle stelle? O forse è guardando le stelle che si impara (o si è costretti a imparare) a desiderare? Si sa, d’altronde, che ciò che brilla attrae e incanta. Appena ci si accorge del ‘cielo stellato sopra di me’ e si scoprono le stelle (come Ciaula scopre la luna) si diventa capace di desiderare, si diventa uomo.
Chissà, forse ammirare (contare!) le stelle precede e qualifica il desiderare e il decidere. Forse solo un desiderio pieno di stelle può diventare luce che brilla e illumina la notte.
Ma – è questa la domanda inquietante – se i desideri sono intrisi di stelle, sono per questo irraggiungibili come le stelle? I nostri desideri, dunque, una passione inutile? O, in versione, postmoderna ‘passioni tristi’? E che senso ha il desiderare se il desiderio è irraggiungibile? Cinicamente (o lucidamente?) Pavese annota che non ha senso desiderare se nessuno ci ha promesso niente.
A questo punto ci sconvolge Levinas, che sostiene che il desiderio è possibile solo dopo l’appagamento. Sembra un circolo vizioso: per essere appagati bisogna aver desiderato, ma per desiderare bisogna essere stati appagati.
Perché non sia un infinito gioco di rimandi, forse bisogna esplorare il mistero della genesi del desiderio. E si approda al bisogno: forse il desiderio nasce solo dopo che il bisogno (e non il desiderio) è stato placato. In altre parole, un bambino affamato non può godere le stelle.
Solo dopo essere sazi, si può alzare lo sguardo, contemplare le stelle e iniziare (o tornare) a desiderare.
Giovanni Salonia: Desiderio e bisogno, in Parola spirito e vita – Il desiderio, 2013, n.67, 243-255
Senza negare la visione negativa del buon Schopenhauer, il desiderio ha una connotazione positiva. Il desiderio è ciò che spinge ogni uomo: il desiderio di mettere su famiglia, il desiderio di migliorarsi, il desiderio di conoscere e di scoprire cose nuove.
RispondiEliminaIl desiderio può anche essere di cose superflue, perché è giusto che la vita sia fatta anche di leggerezza e di un superfluo che faccia da completamento alle cose più importanti.
L'umanità non spegne il desiderio, semplicemente il desiderio è rivolto solamente alle cose superflue. Perché oggi conta l'apparenza, che è fatta di cose superflue.
E' vero che spesso cose superflue diventano necessarie, come i telefonini.
Forse anche in buona fede non ci accorgiamo che il superfluo lo facciamo diventare necessità.
D'altro canto è vero che chi ci ha preceduto aveva desideri più elevati, necessità da raggiungere; non il superfluo trasformato in necessità.
Io considero Covid-19 qualcosa che passa e la paura di morire in ogni caso è sempre presente in noi. La gioia di vivere nasce proprio dalla nostra reazione alla morte, morte che è difficile di accettare.
La filosofia del motto "homo homini lupus" è una scelta che qualcuno ha già fatto anche prima del virus, mentre la crisi economica sarà superata in tempi brevi.
Sì, l'abbraccio ci manca, ma quando tornerà seguiterà a convivere con egoismo.
Ognuno di noi percorre una strada. In certi momenti cerca scorciatoie e percorsi diversi, ma quasi sempre torna sulla prima scelta. I grandi cambiamento sono rari.
Sul rischio educativo il filosofo-teologo Luigi Giussani ha scritto un libro. Educare è difficilissimo specialmente quando si cerca di innovare e considerare l'educazione avuta come da buttare, invece bisogna ripartire dalla tradizione, quel dato originario, con tutta la struttura di valori e significati, in cui il ragazzo è nato, si deve dire che la prima direttiva per un'educazione dell'adolescenza è la leale adesione a questa tradizione. Ripartire non significa copiare, perché nella tradizione ci sono concetti obsoleti da eliminare e aggiungere il nuovo, da non confondersi con il diverso. Insomma, il nuovo è un'aggiunta di valori che la società ci offre.
Ma cosa vuol dire oggi educare? E chi educa? In che cosa si impegnano le nuove generazioni? Per il momento che occupa nella cronologia di ogni vita, in tutti i tempi la gioventù ha presentato un certo spettacolo di crisi. Se oggi si parla in modo particolare di crisi dei giovani non è dunque, per vari aspetti, un fatto nuovo. La sua particolarità piuttosto deve essere ricercata in una crisi dell'educazione, dei fattori educativi. Crisi dunque di educatori.
I tempi cambiano e col benessere si avverte molto meno il legame comunitario di mutuo soccorso all'interno di gruppi di persone, la realtà ha perso spessore, consistenza e profumo ed è spesso bidimensionale come lo schermo attraverso il quale comunichiamo. Forse stiamo violentando la nostra natura, forse è una evoluzione culturale che nei millenni arriverà a modificare anche la nostra struttura fisica. Io non lo so. So solo che ciascuno di noi cercherà di adattarsi e vivere in questa diversa realtà, qualcuno cercherà di cambiarla, qualcuno si scaverà la propria nicchia sicura. Non so noi chi saremo.
Io credo che la chiave di volta sia non il raggiungere i propri desideri, quanto il non smettere mai di desiderare, aspirare al bello, elevarsi nello spirito, guardare oltre senza la brama di sapere cosa c'è dietro, come accade a tante religioni, ma accontentarsi e ringraziare. Ringraziare di poter aspirare a quel bello, assieme al desiderio dell'irraggiungibile che deve animare il nostro spirito. Catalogarlo come inutile, quel desiderio, ci rende aridi, e terribilmente inutili.
RispondiEliminaI desideri sono una delle chiavi di volta della vita, strettamente legati, come sono, alle emozioni, alle nostalgie di ogni ricordo, alla speranza.
RispondiElimina@Gus O., Franco Battaglia, Costantino: grazie della vostra attenzione e dei vostri contributi di riflessione.
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