mercoledì 17 maggio 2023

Il senso del lavoro, secondo Lanza del Vasto

    “Nel mondo distingueremo i lavori che sono lavori da quelli che sono giochi mascherati da lavoro. Il secondo capitolo dei Quattro Flagelli mostra come speculazione, commercio, politica, guerra e, in generale, i lavori che non sono lavori delle mani o di servizio (educazione, medicina) sono giochi. I veri lavori restano contaminati dal Peccato nella misura in cui sono centrati sul lucro e sulla rivalità, e nella misura in cui sono segnati dalla schiavitù. Schiavi sono tutti i salariati, perché né la direzione del lavoro né il frutto appartengono al lavoratore, e il lavoro non è mai fatto per amore del prossimo e per amore del lavoro, ma unicamente per amore del salario.
      Resta il lavoro di servizio: le professioni liberali, come la medicina e l’educazione, che sono nobili nella misura in cui sono libere e in cui il guadagno non è lo scopo, ma come mezzo di sussistenza per potersi dare al servizio. Poi il lavoro artigianale, che è libero, che ha la sua nobiltà, la sua utilità, nella misura in cui non è segnato dall’aspra ricerca del guadagno. (…)
     Dunque il primo carattere del lavoro dell’Arca, è l’eliminazione dello spirito di lucro e di scaltrezza, e il lavoro è definito come “servizio ai fratelli”.  Il nostro lavoro sarà dunque ispirato dallo spirito di dono, di servizio, di sacrificio, che sono il contrario del lucro. Il lavoro diviene purificazione, santificazione, creazione comune, va nel senso della volontà di Dio, va verso la completezza e la pienezza dell’uomo.
    Vediamo subito che cosa dobbiamo eliminare dal lavoro: tutto quello che è sfruttamento, degli uomini dapprima, degli animali e anche delle cose. Non intendiamo mai sfruttare, ma coltivare.
(…) L’essenziale nel lavoro dell’ordine è fare un giardino, e tutto il resto è inteso come un lavoro del giardiniere, anche il lavoro dell’artigiano. Il giardiniere contraria la natura, la monda, ma coopera con essa, ed è essa che lavora. Egli ordina, pota, fa fiorire, fruttificare, coglie,, rende grazie e mangia.
    Tutto quello che, nel lavoro non inteso così, dà luogo alla crudeltà, alla bruttezza, alla meccanica, alla costrizione, dev’essere eliminato. Il lavoro per salario deve essere abolito e considerato un’ingiuria all’umanità. Questa è una regola fondamentale: noi non paghiamo nessuno, e non ci lasciamo pagare da nessuno. Se facciamo lavorare qualcuno, dividiamo con lui i frutti del lavoro.

      Respingiamo quella porcheria che la gente adora sotto il nome di Economia: sistematico lesinare, avarizia eretta a scienza. Al contrario, come sistema, noi tenderemo a lasciar vivere, a lasciar perdere, a non tirare la corda, a non premere gli uomini, né la terra, né gli animali.
    Perché se pensate di avere sulla natura diritti illimitati di sfruttamento, finirete col trattre gli uomini come trattate la natura.
   Nel mestiere, l’importante non è la produzione, ma l’uomo, l’armonia dell’uomo, il compiersi dell’uomo nel lavoro; la vita non comincia alla fine della giornata di lavoro, né con le vacanze, né il giorno della pensione, domani o tra mille anni, la vita è adesso ed è nel lavoro. Bisogna che il lavoro sia vita.
E la vita non è ciò che forza, falsa, scuoia, strappa, torce, ma ciò che armonizza, compone, innalza cose, bestie e gente."




Lanza del Vasto: L’arca aveva una vigna per vela pag.116,117

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