mercoledì 21 agosto 2024

La logica della guerra nella Grecia antica... e non solo

         “Questo libro sulle dinamiche della guerra nella Grecia antica è stato scritto parallelamente allo svolgersi e perdurare della sanguinosa invasione militare russa dell’Ucraina (24 febbraio 2022) (…) e alle narrazioni che politici, giornalisti e comuni cittadini ne hanno fatto. (…)
      Lo scontro in Ucraina sta sullo sfondo generale del lavoro. Infatti, nei testi greci che trattano di conflitti bellici (…) ho inteso studiare anche le tematiche che via via si sono andate sviluppando e hanno dominato il racconto relativo alle ostilità odierne alle porte orientali dell’Europa.
Il passato lo si legge sempre alla luce del presente, e leggerlo alla sua luce consapevolmente e in maniera trasparente e tale che il presente stesso possa guardarsi acriticamente, è meglio che farlo senza rendersene conto e senza rendere conto.
      Ho cercato in sostanza, in buona parte, la declinazione antica di ciò che i miei occhi hanno visto quotidianamente nel suddetto contesto internazionale dal 24 febbraio 2022; anzi di ciò che i miei occhi hanno visto (…)  e, soprattutto, che le mie orecchie hanno udito: perché la guerra, anche quando è presentata con immagini provenienti dai luoghi in cui si svolge, è sempre accompagnata da parole che dicono dove siano state riprese quelle immagini, chi siano le persone che vi compaiono, da chi sia stato compiuto ciò che viene mostrato, quale ne sia il contesto e il significato.
      Ed è questo quello che ci spinge a farci quelle che poi chiamiamo «nostre» opinioni che, credo, sarebbero ben differenti se potessimo guardare soltanto le immagini pure e semplici, non selezionate o almeno non commentate. Allora vedremmo solo l’orrore e la distruzione, il vero volto della guerra, da qualunque parte la si guardi, che ci potrebbe indurre all’unica domanda a mio parere sensata: come fare cessare quell’orrore e quella distruzione senza contribuire ad aggiungere a nostra volta altro orrore e altra distruzione?
     Non esistendo la possibilità di limitarsi esclusivamente a osservare (…) non ci resta che analizzare le parole che, appunto, vengono abbinate alle immagini o sono addirittura l’unico canale attraverso cui entriamo in contatto con la guerra e che ce la fa vedere in un modo o in un altro. Per la massima parte, le parole degli attori mediatici hanno posto, e hanno suggerito a noi di fare altrettanto, domande diverse da quella presentata. Le più ricorrenti, e forse uniche, sono state: chi ha ragione? chi è il buono? (l’aggredito) e chi è il ‘cattivo’ (l’aggressore)? qual è la causa (rigorosamente al singolare) del conflitto armato? chi ha commesso crimini di guerra? quale delle due parti in conflitto fa la propaganda e quale dice la verità ?(…) 
     Sono tutte domande all’interno di un’impostazione del problema bellico che pensa la soluzione, sebbene dentro tempi per nulla definiti, in termini militari: ‘ovviamente’, basta capire chi è nel torto e porsi accanto, con le armi, a chi è dalla parte della ragione. Il che è ciò che istituzionalmente il nostro Paese, insieme a molti altri, ha fatto. Ma la questione è: si tratta di un’impostazione che possiamo ritenere corretta, utile o anche solo necessaria? Siamo veramente costretti ad agire così, o il sentimento di questa costrizione è esso stesso derivante dalle nostre abitudini culturali? 
    Analizzando, come dicevo, la ‘versione greca’ del tipo di pensiero e di linguaggio che dai nostri Governi, partiti, media, social viene per lo più utilizzato nella narrazione della guerra in Ucraina, questo lavoro vorrebbe avere l’effetto indiretto di mostrare in che modo tale pensiero/linguaggio possa essere stato esso stesso, in qualche misura, funzionale alla guerra. La messa a distanza, in un orizzonte storico lontano, del nostro discorso quotidiano sulla guerra può contribuire, senza rinunciare alle differenze tra passato e presente, ad individuare anche le analogie e a vedere la logica intrinseca a tale discorso (…).
     E a comprendere meglio, spero, in che modo la guerra, legata a ben precise pratiche discorsive, tanto dei protagonisti dello scontro, quanto delle terze parti che si schierano con uno di loro, sia capace di arruolare tutti al suo servizio, facendo svolgere loro l’ufficio di inconsapevoli oliatori del suo meccanismo, inducendoli a credere di stare parlare un linguaggio da cui in realtà sono parlati.
    A comprendere meglio, insomma, come mai la guerra continui a essere «un passato che non passa» ma che anzi si riproduce e si autolegittima tramite noi stessi”.

Andrea Cozzo La logica della guerra nella Grecia antica Palermo University Press 2024, pp.9-11

(Quella riportata è una sintesi dell’introduzione al libro, un gioiello di analisi storica e di analisi del presente. Seguirà recensione)


2 commenti:

  1. Un passato che non passa e che, anzi, autolegittimiamo generando armi sosfisticate, invece di ospedali efficienti e cure per le malattie più ostiche. Ma qui di ostico e ottuso c'è solo il nostro cervello.

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  2. @Franco: proprio così, caro Franco... proprio così... buon fine settimana.

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