mercoledì 19 novembre 2025

Lettere a un bambino poi nato: l'inizio...

      "Era una sera d’estate: afosa e opprimente come sa esserlo quella di una grande città svuotata e un po’ spenta. Neppure l’aver spalancato porte e finestre mi dava sollievo. 
A letto, tentavo di leggiucchiare qualcosa. Da qualche giorno mi inquietava una sensazione strana alla pancia e alla schiena. Non potevo definirlo un vero dolore: era un vago fastidio non localizzato, come se aghi invisibili mi punzecchiassero lungo la schiena e vicino l’ombelico. 
     Mamma mi aveva fatto l’ennesima telefonata per invitarmi a stare qualche settimana a casa sua: – Alla fine il tuo è un lavoro da free… non ricordo bene come lo chiami. Traduzioni e lezioni private puoi farle anche qui. Sai bene che staresti meglio... E se non te la sentirai di arrivare sino alla spiaggetta, il mare lo puoi godere anche dal terrazzino. – 
     Ma non ce la facevo a muovermi, nella mia condizione. 
Per il gran caldo, avevo lasciato scivolare anche l’ultima parte di lenzuolo che mi era rimasta addosso. Allora ho visto la macchia… grande, scura, piena di grumi, come una mestruazione abbondante, senza preavviso.
     Mi sono sentita gelare, presa dall’angoscia che il tuo barlume di vita fosse stato risucchiato nel nulla. 
     Tu, me lo diceva il sito che andavo a controllare quasi ogni giorno, eri ancora un esserino di cinque o sei centimetri, e pesavi solo pochi grammi. Ero tra l’undicesima e la dodicesima settimana di gravidanza, ma avevi già gambe e braccia perfettamente formate. Avevi perfino le orecchie, gli occhi e un accenno di palpebre. Il tuo cuore faceva circa 160 battiti al minuto.
   Non so quanti ne facesse il mio, quella sera. So che batteva all’impazzata per la paura nera di perderti, perché aspettavo già con impazienza il momento di conoscerti e di abbracciarti. (...)"

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(e, quasi come postfazione, alla fine della storia la lettera a Oriana Fallaci:)

Cara Oriana,

    se mai da qualche ignota e misteriosa plaga dell’universo lei potesse leggere il titolo di questo libro, sarebbe forse dispiaciuta, se non infuriata, all’idea che una sconosciuta abbia osato alludere a quello di uno dei suoi libri più noti, uno dei più belli e strazianti: Lettera a un bambino mai nato.

    Le porgo allora le mie scuse per il fastidio che potrebbe suscitarle quest’accostamento. È vero: il titolo evoca il suo, anche se - è anche superfluo sottolinearlo - ovviamente queste lettere non possono avere nulla a che fare con il suo capolavoro…(…) perché queste sono lettere di una donna qualunque, alle prese con una storia romanzata piuttosto ordinaria: una giovane madre racconta a suo figlio qualcosa sulla sua maternità, su imprevisti che non aveva messo in conto, e mette in evidenza lo sguardo e le domande che le fa il suo bambino sulla vita: un punto di vista semplice, terra terra, diverso dal suo, che è stato invece lo sguardo acuto e potente di uno ‘scrittore’- è stata lei a definirsi così - su una maternità mancata.   

      Per riflettere oggi su temi delicati e fondanti per la vita delle donne e della società (maternità, calo delle nascite, aborto, utero in affitto…) che si portano dietro grossi interrogativi insieme esistenziali e politici, ci manca oggi il suo sguardo: limpido e coraggioso, duro, tagliente, spietato se necessario, sempre super partes … (…)

     Le dico ancora che il richiamo al suo celeberrimo libro vuole essere anche un omaggio al compleanno importante di questo suo ‘figlio’ (così lei considerava i suoi libri) che, a settembre 2025, compie 50 anni. - Non ho mica bisogno che qualcuno scimmiotti il mio libro perché la gente se ne ricordi… - sono certa che lei aggiungerebbe a questo punto. E, anche in questo, avrebbe sicuramente ragione. Ma chissà che un promemoria non possa servire perché le donne riprendano in mano il suo libro e ne ridiscutano insieme. (…)

Maria D’Asaro, Lettere a un bambino poi nato, Diogene Multimedia, Bologna, 2025 pagg.9,10- 116,117

Il libro sarà presentato alla Casa dell'Equità e della Bellezza, a Palermo, quasi sicuramente giovedì 11 dicembre...

domenica 16 novembre 2025

Fuso orario, in Spagna c'è l'ora di Franco

      Palermo – Il sistema orario mondiale è regolato dai fusi orari: strisce longitudinali della superficie terrestre all’interno delle quali, per comodità legale, economica e sociale, si adotta la stessa ora, generalmente l’ora centrale media del meridiano al centro della striscia. 
     Già teorizzata dall’italiano Quirico Filopanti nel 1858, l'introduzione dei fusi orari fu varata dall’ingegnere capo delle ferrovie canadesi Sandford Fleming che, nel 1879, utilizzò tale sistema per rispondere alle necessità delle compagnie ferroviarie di avere un orario locale coerente tra le varie stazioni. 
     Il sistema dei fusi orari fu poi discusso durante la Conferenza internazionale dei meridiani convocata a  Washington nel 1884, a cui parteciparono 25 paesi, tra cui l'Italia. La Conferenza stabilì le regole generali del sistema, che fu ufficialmente adottato come standard internazionale a partire dal 1º novembre di quell’anno.
     Inizialmente la terra era suddivisa in 24 ‘spicchi’ di 15° di longitudine ciascuno: ogni spicchio differiva di un’ora da quello adiacente. Successivamente, soprattutto per ragioni politiche e di confini nazionali, si crearono 39 fusi orari, tuttora vigenti.
     Tutti i fusi orari sono definiti in relazione al ‘Tempo Coordinato Universale’ (UTC) riferito al primo meridiano (con longitudine 0) che attraversa l'Osservatorio reale di Greenwich, a Londra. Per questo motivo l'espressione ‘Tempo medio di Greenwich’ (GMT) viene ancora frequentemente utilizzata per indicare l'orario base rispetto al quale sono definiti gli altri fusi orari.
     Osservando una carta geografica, si vede a occhio che la Spagna si trova in allineamento con il meridiano di Greenwich e dovrebbe quindi adottarne il fuso orario. Era così, infatti, sino al 1940. Ma oggi nel paese iberico vige lo stesso orario italiano, con un evidente disallineamento tra l’ora segnata dagli orologi e quella solare, difformità che chi è stato in Spagna, come la scrivente, ha verificato di persona. 
      Perché? La causa di questa ‘stranezza’ è stata di natura politica: risale al 1941 quando, durante la seconda guerra mondiale, il dittatore spagnolo Francisco Franco (continua su il Punto Quotidiano)

Maria D'Asaro, 16.11.25, il Punto Quotidiano

venerdì 14 novembre 2025

Lettere a un bambino poi nato...

       Infine, con un parto travagliato, era nato il suo secondo figlio di carta. Una madre ama tutti i suoi figli, ma per onestà non poteva affermare che quest’ultimo fosse sicuramente bello e talentuoso.
 E anche se il paragone tra le proprie ‘creature’ è atto insano, nostra signora era più certa della bontà del libro precedente, perché lì si era limitata a far risorgere persone belle come Primo Levi, Natalia Ginzburg, Alex Langer, Vittorio Arrigoni, Peppino Impastato, Franco Battiato…
Lettere a un bambino poi nato è invece una storia romanzata che, come evoca il titolo, richiama Lettera a un bambino mai nato, pubblicato esattamente 50 anni fa, da Oriana Fallaci.  
Rispetto a quel capolavoro assoluto, ovviamente si tratta di un balbettio davvero piccolo piccolo,  diretto innanzitutto a noi donne per riflettere sulla nostra storia e sul nostro ruolo. Alla scrivente pare infatti che, nonostante le tante donne al potere, non ci sia alcuno sguardo nuovo e diverso sul mondo... 
Si potrebbe invece provare a guardare le cose da un punto di vista diverso, quello di una madre e quello di un bambino?  Questa racconto ci prova. Con quale risultato espressivo sarà il giudizio delle lettrici e dei lettori a dirlo. Nostra signora è pronta ad accogliere anche le critiche più feroci. Lei comunque queste pagine se le portava dentro da vari decenni e aveva la necessità esistenziale e narrativa di partorirle. Si spera che il risultato possa valere il consumo di alberi e l’inquinamento che la loro pubblicazione ha causato.
Intanto un grazie sentito all’editore (Diogene Multimedia, Bologna, casa editrice diretta da Mario Trombino) che le ha ancora dato fiducia.
E un grazie di cuore alle persone (Luciano, Adriana Saieva, Anna Pensato, Augusto Cavadi, Federica Mantero, Giovanni La Fiura) che hanno letto il testo in anteprima, proponendo critiche e suggerimenti.
Un grazie speciale al dottore Salvatore Porrovecchio per la consulenza nell’ambito delle patologie mediche e alle professoresse Caterina Ruta e Patrizia Spallino per la supervisione dei termini rispettivamente in lingua spagnola e in lingua araba.

La storia è preceduta, quasi come prefazione, da questa poesia di Wislawa Szymborska:


UN RACCONTO INIZIATO

Alla nascita d’un bimbo
il mondo non è mai pronto.

Le nostre navi ancora non sono tornate dalla Vinlandia.
Ci attende ancora il valico del Gottardo.
Dobbiamo eludere le guardie nel deserto di Thor,
aprirci la strada per le fogne fino al centro di Varsavia,
trovare il modo di arrivare al re Harald Cote,
e aspettare che cada il ministro Fouché.
Solo ad Acapulco
ricominceremo tutto da capo.

Si è esaurita la nostra scorta di bende,
fiammiferi, argomenti, amigdale e acqua.
Non abbiamo camion, né il sostegno dei Ming.
Con questo ronzino non corromperemo lo sceriffo.
Niente nuove su quelli fatti schiavi dai Turchi.
Ci manca una caverna più calda per i grandi freddi
e qualcuno che conosca la lingua harari.

Non sappiamo di chi fidarci a Ninive,
quali condizioni porrà il principe-cardinale,
quali nomi siano ancora nei cassetti di Berija.
Dicono che Carlo Martello attaccherà all’alba.
In questa situazione rabboniamo Cheope,
presentiamoci spontaneamente,
cambiamo religione,
fingiamo di essere amici del doge
e di non avere a che fare con la tribù Kwabe.

Si approssima il tempo di accendere i fuochi.
Telegrafiamo alla nonna che venga dal paese.
Sciogliamo i nodi sulle corregge della yurta.

Purché il parto sia lieve
e il bimbo cresca sano.
Possa essere talvolta felice
e scavalcare gli abissi.
Che abbia un cuore capace di resistere,
e l’intelletto vigile e lungimirante.

Ma non così lungimirante
da vedere il futuro.
Risparmiategli questo dono,
o potenze celesti.


Wislawa Szymborska La gioia di scrivere, Tutte le poesie (1945-2009), 
a cura di Pietro Marchesani, pp. 471,472, Adelphi, Milano, 2009

in Maria D’Asaro, Lettere a un bambino poi nato, Diogene Multimedia, BO, 2025, pagg.6,7

mercoledì 12 novembre 2025

Nonviolenza e giornalismo di pace per scongiurare la banalità della guerra

 
(A presentazione ultimata, qualche nota sparsa:

     Il prof. Nicosia, citando Tucidide, ha ricordato che una delle nefaste conseguenze di ogni guerra è lo stravolgimento delle parole; Augusto Cavadi ha presentato magistralmente il testo evidenziando i punti nodali delle tre parti in cui, a suo avviso, può essere suddiviso; la giornalista Tiziana Martorana ha evidenziato che il libro offre vari piani di lettura, che vanno dall'approfondimento storico all'attenta analisi del linguaggio giornalistico.
L'autore ha poi fornito vari approfondimenti e ha dato esauriente riscontro ai vari interventi.
Il prof. Cozzo ha anche sottolineato che questo suo testo e quello immediatamente precedente, La logica della guerra nella Grecia antica, sono da considerarsi complementari: in questo la contemporaneità è figura, il mondo antico 'sfondo', viceversa nel precedente. 

Entrambi i testi, a mio avviso, parafrasando Hannah Arendt rivelano la banalità della guerra, i suoi tristissimi, sempre uguali topoi: tutte le guerre si assomigliano. E i pifferai di turno dell'interventismo (giornalisti e intellettuali) non si rendono conto dell'assurdità di ogni guerra che ripete la stessa orrenda, evitabile, tragedia collettiva.
Allora la nonviolenza dovrebbe essere davvero la nuova frontiera del giornalismo e della politica che vogliono costruire un futuro pacificato.
Nonviolenza che vuol dire riconoscere l'esistenza strutturale dei conflitti umani, ma credere che si possano comporre senza violenza. Utopia? Solo sguardo in avanti, guardare a un paradigma più umano e quindi possibile.

"Dov Shinar riassume gli elementi del giornalismo di pace nelle seguenti azioni:
1. esplorare le circostanze e i contesti in cui nasce un conflitto, e presentare cause e ipotesi da diversi punti di vista, così da delineare il conflitto in termini realistici e trasparenti per il pubblico;
2. dare voce alle opinioni di tutte le parti coinvolte;
3. offrire soluzioni creative per la risoluzione dei conflitti, il raggiungimento e il mantenimento della pace;
4.smascherare le bugie, gli occultamenti e i colpevoli di tutte le parti, e rivelare gli eccessi commessi e le sofferenze subite da persone di ogni fazione;
5.dedicare più attenzione alle storie di pace e agli sviluppi post-bellici che alla tradizionale copertura dei conflitti"   (dal testo, p.120)







(le ultime due foto sono di Alessandra Colonna Romano, che ringrazio)

martedì 11 novembre 2025

domenica 9 novembre 2025

Giovani e smartphone, allarme serio

        Palermo – “Smartphone: se ne conosci i rischi, lo eviti”. Bisognerebbe far partire immediatamente una massiccia campagna informativa per rendere consapevoli i responsabili della formazione dei minori, i genitori innanzitutto, dell’impatto devastante dell’uso smodato degli smartphone sulla psiche dei ragazzi.
      Qualche settimana fa, questa verità ce l’ha ricordata la giornalista Alessia Mari con un servizio del telegiornale scientifico Leonardo: un uso eccessivo dello smartphone, oltre a provocare nei più giovani fenomeni di ansia, disturbi del sonno e vere e proprie patologie da dipendenza, ne comprometterebbe anche alcune importanti funzioni cognitive.
        Il come e il perché lo ha spiegato lo psico-analista Massimo Recalcati, intervistato da Alessia Mari: “Cliccare le notifiche sui social, scrollare lo schermo alla ricerca di video, chattare e digitare continuamente qualcosa, centinaia e centinaia di volte al giorno: gli smartphone provocano ansia e dipendenza. 
Ma oggi, specialmente nei più giovani, il loro utilizzo incessante sta cambiando anche la modalità di formazione dei processi cognitivi: infatti i dispositivi disturbano l’attenzione profonda e le sovra-stimolazioni impediscono lo sviluppo di un pensiero critico. Tutto sugli schermi scorre in superficie, senza vette né profondità”.
Certamente, il cellulare non è il primo oggetto psico-tecnico: il primo fu (continua su il Punto Quotidiano)

Maria D'Asaro, 9 novembre 2025, il Punto Quotidiano

venerdì 7 novembre 2025

Nostra signora, tra frenesia e 'tampasiari'...

       A volte, nostra signora confessava a sé stessa indicibili verità: ad esempio che, dopo decenni di forsennato lavoro, non le dispiaceva fare la casalinga, almeno part time: stendere il bucato, sistemare i cassetti e farli odorare di lavanda, rammendare, dare una nuova illuminata disposizione a un tavolino, sentire il profumo delle tende lavate, cucinare una tantum torte o qualcosa di buono…  
    Ma, più che l'improvvisarsi angelo eretico e anarchico della casa, come Camilleri, nostra signora adorava tampasiari: gironzolare casa casa senza una direzione e uno scopo, sfogliare un libro, affacciarsi al balcone e contemplare le sue piantine, disegnare un segnalibro, scrivere torrenti di parole… Piu lentamente, più dolcemente, più in profondità: così esortava l’amato Alex Langer.
      Spesso però nostra signora deponeva questa sua inclinazione: trotterellava da nipoti, zie, da chi stava in prigione, a manifestare contro la guerra... rapita da un antico, radicato comando: salvare il mondo prima di cena.

(1) Maurilio Catalano: Isole

martedì 4 novembre 2025

4 Novembre: non festa, ma lutto...

        Anche quest'anno in occasione del 4 novembre, festa delle Forze Armate, istituzioni e apparati militari si preparano ad esaltare la guerra e il militarismo secondo la narrazione della  "vittoria" della Prima Guerra Mondiale, una “inutile strage”  il cui bilancio finale per l’Italia fu di oltre 650.000 soldati uccisi e più di un milione feriti, dei quali molti con gravi mutilazioni. A questi si aggiunsero più di 600.000 vittime civili a causa di bombardamenti e occupazioni militari, carestie ed epidemie. 
     La maggior parte delle vittime erano contadini ed analfabeti esclusi dal diritto di voto e obbligati a farsi ammazzare o a uccidere nemici che non conoscevano, da un governo che li considerava solo carne da cannone.
      La guerra non risolse i problemi dell’Italia, anzi ne creò di nuovi e favorì l’avvento del fascismo. Anche l’Europa di allora si trovò davanti a conseguenze terribili, crisi economiche e sociali, con l’affermarsi del nazismo, militarista e razzista. Tutto poi precipitò nel disastro della Seconda Guerra Mondiale.
     Attorno alla data del 4 novembre, ripristinata anche come Giornata dell’unità nazionale per intensificarne la portata, non c’è solo una distorta celebrazione storica ma anche il tentativo di una vera e propria propaganda bellica che si riversa nelle scuole e in molte (per fortuna con le debite eccezioni) celebrazioni istituzionali. Una propaganda tanto più insopportabile nel periodo che stiamo attraversando, che vede guerre sanguinose in varie parti del mondo, e due alle porte d’Europa, in Ucraina e Palestina, molte delle quali con un coinvolgimento diretto della produzione bellica italiana. Una propaganda che si intensifica anche per nascondere i conflitti interni fatti di impoverimento generale, aumento delle spese militari, repressione militarizzata nelle città imposte con decreti sicurezza, repressione del dissenso.
Purtroppo oggi soffia un nuovo vento di guerra. Giornali e mezzi di comunicazione sempre più spesso danno voce a iniziative di riarmo e di sostegno ad una mentalità bellicista e di allarme internazionale. I governi europei vogliono che i popoli si preparino alla guerra, anche reintroducendo il servizio militare obbligatorio, per tutti i giovani.
     L’ultimo in ordine di tempo è stato quello della Croazia, che segue la decisione già presa in Norvegia e Svezia. La Francia sta spingendo per allargare il reclutamento per il servizio militare volontario, come sta avvenendo nei Paesi Bassi. La Germania ha già approvato una Legge che favorisce e facilita il reclutamento, per ora volontario, nelle file dell’esercito.
        E in Italia? Il dibattito è aperto e già si parla di attivare una forza di riserva, per arrivare ad un modello autonomo di difesa militare europea che considera la possibilità generalizzata di un servizio militare per donne e uomini come obiettivo di adeguamento numerico delle forze armate. L'Europa pensa alla leva per tutti come un passo necessario nel processo politico di unificazione militare europea e strategia di rafforzamento della cittadinanza nella difesa comunitaria. Questo atteggiamento è gravissimo: la prospettiva di una “guerra perpetua” con armi convenzionali e milioni di vittime civili o una irrimediabile catastrofe nucleare con lo sconvolgimento della civiltà e del pianeta.
      Da tempo il Movimento Nonviolento ha trasformato la giornata del 4 novembre in un’importante occasione di riflessione e opposizione a tutti gli eserciti, contro tutte le politiche di riarmo, a sostegno degli obiettori di coscienza e dei disertori di tutte le guerre.
“4 Novembre, non festa ma lutto” è stato ed è il nostro slogan da opporre alla retorica patriottarda.    
La nostra proposta è la Campagna di Obiezione alla guerra, per dire no alla chiamata alle armi, alla mobilitazione militare, all’ipotesi di ritorno della leva obbligatoria. Ci dichiariamo da subito obiettori di coscienza, invitando tutti a sottoscrivere la Dichiarazione di obiezione di coscienza per respingere il disegno di chi vuole obbligare i nostri giovani a prendere il fucile e vestire la divisa."



Il Centro territoriale di Palermo del Movimento Nonviolento sarà presente dalle 10 alle 20 di martedì 4 novembre 2025 al "Villaggio della pace" di piazza Castelnuovo, Palermo. Si aggiungeranno altre tre associazioni operanti nella "Casa dell'equità e della bellezza": dalle 17 alle 19 il Gruppo "Sahaja" e dalle 17,30 alle 19,30 il "Gruppo Noi uomini a Palermo contro la violenza sulle donne". Previsti in scaletta interventi anche da parte di esponenti del "Laboratorio per la difesa e l'attuazione della Costituzione".

domenica 2 novembre 2025

Perdere un figlio, come aiutare i genitori...

       Palermo - “L’urlo di Rachele, l’urlo di ogni madre che perde un figlio risuona nella storia umana sin dagli inizi. Inizia con Eva che abbraccia Abele senza vita, il primo figlio che muore anzitempo rispetto ai genitori. Il racconto biblico – al di là di ogni fede – è un testo fondativo che ripresenta le domande più drammatiche dell’uomo alla Vita (a Dio, agli dei): perché questo tragico dolore contro natura, un figlio che debba morire prima dei genitori? Perché la morte? Perché il dolore? Interrogativi, questi, che non ricevono mai una risposta definitiva, ma si intrecciano con l’altra domanda: come possono continuare a vivere Eva, Rachele con questo dolore? (…) “Come consolare ogni Rachele che non vuole essere consolata?” 
      Con queste frasi così intense, Giovanni Salonia, psicoterapeuta e direttore dell’Istituto GTK (Gestalt Therapy Kairòs), presenta il libro di Agata Pisana La giusta distanza dalle stelle (Ancora, MI, 2024) che, come recita il sottotitolo, tratta dell’elaborazione del lutto genitoriale secondo la Gestalt Therapy

Professore Giovanni Salonia
         Il testo, infatti, racconta il percorso di sostegno a mamme e papà ai quali è morto un figlio, percorso attivato alcuni anni fa, all’interno della diocesi di Ragusa, da un’equipe costituita da una counsellor formatrice gestaltista, la professoressa Agata Pisana (autrice del libro) e da un sacerdote, don Gianni Mezzasalma, in collaborazione con Giusy e Giuseppe Leggio, una coppia provata dalla stessa perdita, ma che aveva già “sperimentato quella consolazione che rispetta e integra lo strazio”.
      Sebbene l’iniziativa sia nata in ambito ecclesiale, gli incontri sono stati condotti con uno stile laico, per accogliere credenti e non credenti, con un approccio relazionale caratterizzato da ‘empatia accurata’, capace di prendersi cura del vissuto doloroso dei partecipanti: di accoglierlo e ‘contenerlo’.
      A chi è diretto il testo? Innanzitutto a coloro che, volendo ‘accompagnare’ genitori piegati e piagati dalla perdita di un figlio, desiderano approfondire e affinare la loro competenza psicologica in un ambito così importante e delicato, utilizzando il punto di vista della psicologia della Gestalt.

La professoressa Agata Pisana, autrice del libro
    Infatti, la conduttrice Agata Pisana intercala il racconto dell’esperienza con notazioni relative a questa prospettiva di cura, rivisitata nella sua ricchezza teorica. 
    L’accento viene posto innanzitutto sulla centralità della relazione: “Secondo il modello gestaltico, l’intervento di sostegno e cura del counsellor o del terapeuta è sempre sulla modalità di relazione. Il contenuto di cui il cliente o il paziente parla è essenzialmente un contenuto di relazione: più del ‘cosa’ viene detto, è importante ‘a chi’ viene detto e ‘come’”.
    In quest’ottica è fondamentale l’approccio fenomenologico: “Osservare l’altro, ascoltarlo non solo nelle sue parole ma nelle inflessioni della voce, nel ritmo, nelle vibrazioni che ogni muscolo esprime è quel ‘qui e ora’ che permette a chi si prende cura di non aggiungere niente di suo (né pregiudizi, né risonanze personali, né interpretazioni) ma di essere lì presente solo per l’altro.” 
L’attenzione costante da parte nostra alle loro parole ma anche a ciò che comunicano con i gesti, con l’intonazione e le pause, in un’ottica di cura sempre prioritaria e dominante, ci permette di non restare travolti dai vissuti che le loro stesse parole esprimono. Stiamo accanto ma non soffriamo con loro e per loro, altrimenti non li aiuteremmo.  È com-passione quella che ci muove a essere qui, a fare volontariato, a spendere tempo ed energia ed è una compassione esistenziale, che appartiene agli esseri umani in quanto sensibili verso gli altri e capaci di responsabilità e che si concretizza nell’individuare e realizzare ciò che si ritiene il miglior aiuto possibile rispetto al contesto.

Pablo Picasso: La famille Soler (1903)
     L’autrice ‘legge’ gli incontri con i singoli e con tutto il gruppo secondo le fasi del ciclo di contatto che caratterizza tutte le relazioni: “La principale funzione di chi accompagna è proprio sostenere le intenzionalità di contatto, confidare in esse perché la sua fiducia si trasmetta e animi l’intero gruppo”.
    E sottolinea che “La novità del ritrovarsi tra persone che soffrono lo stesso dolore è proprio la possibilità di attivarsi l’uno per l’altro… Non è un sentirsi meno soli perché ci sono altri che soffrono nello stesso modo, ma… il dolore dell’altro ha solo la funzione di accendere la miccia, di spingere a fare e dire qualcosa per aiutare e, così facendo, è sé stessi che si aiuta”. 
    Infatti: “Ogni dolore, se non condiviso, se non espresso in verità e libertà, diventa incubo. Si sviluppa un senso di isolamento ed inadeguatezza. È questo sfondo così lacerato che stiamo cercando di ricostruire insieme. Come se raccogliessimo i brandelli di vita scagliati tutt’intorno da un’esplosione improvvisa e a poco a poco, pur se provocando a volte ulteriore dolore, li ricucissimo l’un l’altro”.
   Ancora “Ogni essere umano sta male non solo per ciò che gli accade, ma per come gestisce ciò che gli accade… Secondo la Gestalt Therapy è l’esperienza che attivo che mi fa stare meglio... Ciò permette che nessuno possa essere impotente rispetto a nessuna circostanza perché ognuno ha sempre un potere: non restare passivo, non restare vittima, ma rendere sé stesso protagonista del proprio vivere la sua storia, per quanto difficile e dolorosa essa sia”.

     Ad avviso della scrivente, per la ricchezza e la profondità emotiva dei suoi contenuti il testo può essere letto, ‘digerito’ e apprezzato anche da chiunque voglia arricchire la sua formazione umana e non abbia paura di avvicinarsi alla terribile sofferenza di un genitore che ha perso suo figlio.
    Esplicita infatti l’autrice: “Questo libro vuole dare testimonianza della possibilità di rinascita anche dalle situazioni più difficili e delle infinite risorse di ogni essere umano: non c’è dolore per quanto grande (…) che non possa ricevere aiuto e dinanzi a cui non sia possibile ritornare alla luce”. 
    In particolare, pagine toccanti sono quelle che narrano degli incontri con i genitori in lutto, pagine che l’autrice scrive come un diario intimo e delicato, che interroga, scuote, con-vince e commuove i lettori… Rimane scolpita l’immagine della mamma che si portava la sediolina pieghevole al cimitero, e stava lì, ogni giorno, per tutto il giorno; madre che poi, sostenuta anche dagli incontri di gruppo, ritrova la forza di ‘guardare’ di nuovo suo marito, il cui amore la riscalda, la cura e la riporta alla vita… Rimangono impressi i dialoghi sulla stanza del figlio – come non ricordare l’omonimo film di Nanni Moretti, premiato con l’Oscar? – che da ‘stanza senza vita’ diventa lo spazio dove si va a stirare, ci si mette alla scrivania per fare i compiti, si guarda la tv la sera… Si rimane colpiti dalla rabbia, dolorosa e comprensibile, di quel papà quasi rimproverato da un collega solo perché, alcuni mesi dopo la morte del figlio, continuava a provare sgomento e tristezza… Si pensa a quella madre, impietrita nel suo dolore, che si convince ad andare all’incontro di gruppo in via dei Ciliegi, quasi ‘sospinta’ in sogno dalla figlia scomparsa… 
Cimitero monumentale di Iglesias
     Alla fine, per una sorta di strana alchimia, il libro lascia a chi legge non la sensazione di una sofferenza disperata, ma l’inattesa e impalpabile carezza quasi di una misteriosa consolazione... 
   Scrive ancora, infatti. il professore Salonia: “La teoria della Gestalt punta non tanto a un’accettazione rassegnata, ma a un ‘adattamento creativo’, a ripristinare la vitalità anche se dolente… È come un ripetere che l’uomo è fatto per la felicità, anche se ferito mortalmente”.
       Allora, suggerisce infine l’autrice: “Forse il segreto di ogni sapienza di vita è proprio nel saper trovare la giusta distanza dalle nostre stelle (de-sidera): mantenere ogni relazione come desiderio vibrante che ci riscalda e illumina anche se non possiamo ottenerla come vorremmo… Sarà anche la giusta distanza che prenderemo dalle persone care, con quel continuare a desiderarle, ma sapendo che non possono esserci accanto: stelle irraggiungibili, ma che ci incantano e che sappiamo che continueranno a brillare sempre”.


Maria D’Asaro, 2 novembre 2025, il Punto Quotidiano

sabato 1 novembre 2025

All you need is love... and holiness

M.Chagall: Violini
        Nostra signora si era ormai definitivamente convinta che, al di là di ogni altra cosa, tutto quello di cui le persone hanno bisogno è amore e cura. Ma per attivare percorsi nutrienti e amorevoli verso tutte le creature è necessario esercitare la santità, intesa come capacità di non mettere il proprio io al centro, di avere il senso del limite… 
     Santità intesa come esercizio a essere gentili, equanimi, compassionevoli, a partecipare alle gioie degli altri. Nella sua accezione più universale e più ampia, la santità diventa la chiave di volta per ogni feconda collocazione esistenziale, sociale, politica, spirituale: sintesi tra cammino interiore e impegno civile, tra attenzione solidale al prossimo vicino e a quello in un altro continente, sinergia tra mezzi e fini, necessariamente entrambi benevoli, complementarietà tra la propria liberazione e quella degli altri.
      Siamo chiamati tutte/ a essere sante/i e a fare scelte conseguenti. Oggi, domani e sempre.