Palermo – Quando circa vent’anni fa, su suggerimento di una cara amica, la scrivente ha scoperto i suoi scritti, era ormai troppo tardi per farne la conoscenza diretta: la concittadina Giuliana Saladino, giornalista e scrittrice, ormai non c’era più, morta a 73 anni nel 1999.
Forse, oltre lo stretto, non sono in tanti a conoscerla. Vale la pena farne allora memoria, a cento anni dalla sua nascita, avvenuta a Palermo il 16 dicembre 1925.
Chi è stata Giuliana Saladino? Marcello Sorgi, ex direttore del TG1 ed editorialista de La Stampa, un tempo suo giovane collega nella redazione del battagliero quotidiano palermitano L’Ora, l’ha definita: “Super-cronista attenta e curiosa… aveva il dono di un particolare mestiere che le faceva subito individuare protagonisti, dettagli e retroscena del fatto che poi avrebbe raccontato, con la scrittura nervosa e stupita che fa del giornalismo femminile un linguaggio a parte”.
La professoressa Giovanna Fiume, già docente di Storia moderna all’Università di Palermo, nella prefazione al libro/raccolta di inchieste e scritti della giornalista palermitana dal titolo Chissà come chiameremo questi anni, afferma: “È l’erraticità la cifra personale di Giuliana Saladino nella sua lettura della società, il veloce andirivieni dalla collettività all’individuo, dal generale al particolare, dalla teoria al caso concreto… dalla società alla persona, dalla cronaca alla storia”.
Con poche, essenziali pennellate, la ricordava così l’amica Simona Mafai:
“Nata a Palermo, da famiglia aristocratica, ricevette una educazione tradizionale: a undici anni, con una parente “dama di San Vincenzo”, visitava i quartieri degradati della città, consegnando ai poveri tagliandi per l’acquisto di pane e latte.
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| Giuliana Saladino da giovane |
Ma con la fine della guerra e l’esplosione dei movimenti rivendicativi dei contadini e degli operai, avvertì che non era attraverso la carità che i poveri potevano (e tanto meno desideravano) continuare a vivere; essi volevano libertà e giustizia, cambiare sistema economico e politico, fare nuove leggi, costruire un nuovo costume morale. Così Giuliana, schierandosi con i poveri, divenne comunista. Fu però una comunista sui generis, indipendente e libertaria. Non sottomise mai al realismo politico del partito comunista il suo irrefrenabile spirito critico e l’irruente e inflessibile ricerca della verità, per quanto difficile da individuare e definire. Uscita dal PCI nel 1956 (dopo i fatti di Ungheria), restò sempre fedele agli ideali giovanili auspicando un cambiamento radicale della società.
L’intervento consapevole e diretto sugli eventi del proprio tempo e la passione per la scrittura sono state le direttrici fondamentali della sua vita. Segretaria di redazione nel 1946 della rivista politico-culturale Chiarezza, visse alcuni anni di impegno politico diretto nella provincia di Agrigento assieme al marito, Marcello Cimino, con cui divise fino alla fine ideali e sacrifici.
Nei primi anni ‘50, tornò a Palermo; contribuì all’organizzazione dell’“Associazione donne palermitane”; quindi, nel 1960, entrò nel quotidiano L’Ora come segretaria di redazione, assumendo responsabilità sempre maggiori, fino a diventarne una colonna fondamentale. Condusse memorabili inchieste sulla politica palermitana e siciliana, sulla condizione delle donne ed i rapporti tra i sessi, sullo sviluppo economico distorto dell’isola, distinguendosi per coraggio, originalità, anticonformismo.
Insieme a un gruppo di colleghe costituì il coordinamento femminile delle giornaliste siciliane; incoraggiò la formazione e la crescita dei movimenti per l’emancipazione e la liberazione della donna (partecipando direttamente alle campagne per la legge sul divorzio e per la interruzione volontaria della gravidanza); contribuì alla stesura del libro collettivo Essere donne in Sicilia (1975); nel 1991 fece parte fin dalla fondazione della redazione di Mezzocielo, periodico palermitano diretto e scritto da sole donne. All’indomani delle stragi di mafia del 1992 (assassinio dei giudici Falcone e Borsellino, e delle loro scorte) diede vita al cosiddetto Comitato dei lenzuoli”.
Il Comitato dei lenzuoli, come scrisse Giuliana stessa, fu un sussulto di passione e di orgoglio civile.
Ci fu il suo soffio vitale nella reazione, femminile e nonviolenta, semplice e dirompente, di esporre un lenzuolo bianco per esprimere il lutto, il dolore, ma anche la rabbia e la ribellione dei palermitani colpiti al cuore per le stragi di Capaci e via D’Amelio: “Ora basta”, “Palermo chiede giustizia” queste le scritte sui primi due lenzuoli esposti a Palermo, a casa sua, in via Maqueda 110. Il Comitato dei lenzuoli invitava i palermitani a prendere coscienza del cancro diffuso della mafia e a fare ognuno la propria parte “piccola o grande che sia, per contribuire a creare in questa Palermo condizioni di vita più umane”, come aveva detto Giovanni Falcone.
Di Giuliana, infine, oltre agli innumerevoli articoli, ci rimangono tre libri che, a parere della scrivente, sono perle di grande valore: il primo è De Mauro, Mafia anni 70: una cronaca palermitana, pubblicato nel 1972, due anni dopo la scomparsa del giornalista Mauro De Mauro, autore di inchieste scottanti sulla mafia e sul caso Mattei, scomparsa avvenuta la sera del 16 settembre 1970, quando a Palermo “lo scirocco correva a 65 all’ora e il mercurio aveva sfiorato i trenta”. In questo testo, Giuliana analizza il contesto grigio e oscuro in cui è avvenuto il rapimento misterioso del giornalista, di cui non si è saputo più niente…
Il secondo, Terra di rapina, del 1976, è un testo epico e dolente sulle lotte, le speranze, la disperazione dei contadini siciliani subito dopo la fine della seconda guerra, delusi e sconfitti dopo la discussa riforma agraria.
Il terzo, Romanzo civile, pubblicato postumo nel 2000 per volontà delle figlie Giuditta e Marta, è il racconto dell’amicizia con Calogero Roxas, e soprattutto il racconto corale e commovente di un’epoca, di un’alta sensibilità familiare, storica e politica.
La scrivente confessa di leggere e rileggere i testi della giornalista perché, a ogni rilettura, trova suggestioni e stimoli nuovi: “L’eredità che continuano a lasciare gli uomini e le donne migliori della generazione di Giuliana e di Marcello – scriveva Michele Perriera in un libro dedicato a Marcello Cimino, marito di Giuliana – è quest’abitudine a porre il proprio io sempre in relazione agli altri, quasi una coazione a pensare la propria vita a servizio della vita e delle sue trasparenze sociali”.
La giornalista chiudeva il manoscritto che sarebbe poi diventato Romanzo civile definendosi una “vecchia signora invulnerabile… con una scintilla tenace e fiammeggiante… in sintonia con chi sa che, con una sensazione panica, altamente civile, con una disponibilità senza riserve, un ventre da grande madre, il cervello traboccante, una mente sovrana”.
E noi, cara Giuliana, vogliamo ricordarti così…
(A Giuliana ho scritto una lettera,
qui...)