lunedì 22 dicembre 2025

Reporter senza frontiere: 2025, anno nero per i giornalisti

         Palermo – Difficile trovare buone notizie tra le cifre dell’ultimo rapporto annuale di Reporter Senza Frontiere, organizzazione non governativa fondata a Parigi nel 1985 per promuovere e difendere la libertà di informazione: 67 i giornalisti uccisi nel mondo dal 1° dicembre 2024, di cui circa la metà nella Striscia di Gaza, sotto il fuoco dell’esercito israeliano.
     Il rapporto segnala un aumento delle vittime tra il primo dicembre 2024 e il primo dicembre 2025: "Il numero dei giornalisti uccisi è tornato a crescere, a causa delle pratiche criminali delle forze armate, regolari e non, e della criminalità organizzata", sottolinea il rapporto di RSF, secondo cui troppo spesso "I giornalisti non muoiono, vengono uccisi". 
    Almeno 220 i giornalisti uccisi nella martoriata striscia di Gaza da ottobre 2023 ad oggi: tra loro Anas al Sharif, di soli 28 anni, uno dei volti più noti di Al Jazeera, ucciso il 10 agosto 2025 insieme ad altri tre reporter, in un attacco aereo israeliano sulla sua tenda vicino l’ospedale Al-Shifa.
    Ma i cronisti rischiano la vita anche altrove: nell’ultimo anno in (continua ne il Punto Quotidiano)

Maria D'Asaro, 21.12.25, il Punto Quotidiano

sabato 20 dicembre 2025

Cercasi Natale autentico, disperatamente...

 
(foto da Avvenire)
      A nostra signora sembrava che le luminarie natalizie (avvistate già il 21 ottobre) quest’anno si fossero moltiplicate: nei negozi e nelle strade, con enormi decorazioni pacchiane, quasi in ogni casa, con lucine intermittenti di ogni colore. 
      Anziché darle allegria, queste luci le ponevano tanti punti interrogativi. Il professore Enrico Greco, ricercatore presso il Dipartimento di Scienze Chimiche e Farmaceutiche dell'Università di Trieste, su Radio Rai1 giovedì 17 dicembre snocciolava dati incontrovertibili su come l’accensione delle luminarie e l’aumento di consumi nel periodo natalizio si tramuti in un ulteriore colpo esiziale alla salute del nostro pianeta. 
      Noi comunque continuiamo imperterriti ad aumentare la febbre della nostra Terra. Intanto, continuiamo anche a utilizzare la guerra per ‘risolvere’ i nostri conflitti, provocando strazio, morti e distruzione dell’ambiente. Così a Gaza, in Sudan e altrove bambini e adulti muoiono di bombe e di stenti. Ma noi ce ne freghiamo, resi ciechi dalle nostre luci.

mercoledì 17 dicembre 2025

Dal giornalismo di guerra al giornalismo di pace

         Alcune affermazioni-chiave ricorrenti in ogni propaganda di guerra sono: “siamo sotto minaccia”, “abbiamo il sostegno di”, “stiamo affrontando i cattivi”, “non abbiamo alternative”, “dobbiamo salvarli”, “dobbiamo agire ora” (Lynch, McGoldrick 2005, pp.95-96).
E sono frasi che, sui nostri media, dal 24 febbraio 2022, abbiamo letto o sentito, all’interno dell’ideologia della violenza salvifica in versione democratico-patriottica, ogni giorno, a qualsiasi ora. (…) Raffiche di interventi mediatici hanno sostanzialmente rifiutato ogni parola che andasse al di là del refrain “c’è un aggressore e c’è un aggredito” e della demonizzazione del ‘nemico’ e di chi non contribuisse ad essa.
Così i “dieci comandamenti” della propaganda di guerra in cui Anne Morelli ha riassunto e sistematizzato i meccanismi individuati da Arthur Ponsonby (1940) durante la I guerra mondiale e da lei mostrati attivi anche nelle guerre odierne in Afghanistan e in Iraq, sono stati osservati, purtroppo, nella loro totalità anche a proposito della guerra russo-ucraina.
Li menziono tutti qui di seguito:
1. ”Noi” non vogliamo la guerra.
2. Il campo avverso è il solo responsabile della guerra
3. Il nemico ha l’aspetto del diavolo o del “cattivo di turno”
4. Quella che difendiamo è una causa nobile, non un interesse particolare
5. Il nemico provoca intenzionalmente delle atrocità; a noi possono sfuggire ‘sbavature’ involontarie
6. Il nemico usa armi illegali
7. Le perdite del nemico sono imponenti, le nostre assai ridotte
8. Gli artisti e gli intellettuali sostengono la nostra causa
9. La nostra causa ha un carattere sacro
10. Quelli che mettono in dubbio la propaganda sono dei traditori

Talmente plateale è stato, fin dal momento dell’invasione, il fenomeno di martellamento propagandistico della stragrande propaganda dei media che ben presto alcuni ex corrispondenti di guerra sono stati indotti ad una dichiarazione pubblica fortemente critica (01.04.22). Vale la pena riportarla quasi nella sua interezza:

Osservando le televisioni e leggendo i giornali che parlano della guerra in Ucraina ci siamo resi conto che qualcosa non funziona, che qualcosa si sta muovendo piuttosto male. Noi siamo o siamo stati corrispondenti di guerra nei Paesi più disparati, siamo stati sotto le bombe, alcuni dei nostri colleghi e amici sono caduti durante i conflitti, eravamo vicini a gente dilaniata dalle esplosioni, abbiamo raccolto i feriti e assistito alla distruzione di città e villaggi. […] Proprio per questo non ci piace come oggi viene rappresentato il conflitto in Ucraina […] siamo inondati di notizie, ma nella rappresentazione mediatica i belligeranti vengono divisi acriticamente in buoni e cattivi. Anzi buonissimi e cattivissimi. Ma non è così. Dobbiamo renderci conto che la guerra muove interessi inconfessabili che si evita di rivelare al grande pubblico.
Inondati di notizie, dicevamo, ma nessuno verifica queste notizie (…) La propaganda ha una sola vittima, il giornalismo. Chiariamo subito: qui nessuno sostiene che Vladimir Putin sia un agnellino mansueto. Lui è quello che ha scatenato la guerra e invaso brutalmente l’Ucraina. (…) Certo. Ma dobbiamo chiederci: ma è l’unico responsabile? I media ci continuano a proporre storie struggenti di dolore e morte che colpiscono in profondità l’opinione pubblica e la preparano a un’evitabile corsa verso una pericolosissima corsa al riarmo. (…) Un investimento di tale portata in costi militari comporterà inevitabilmente una contrazione delle spese destinate al welfare della popolazione. L’emergenza guerra sembra che ci abbia fatto accantonare i principi della tolleranza che dovrebbero informare le società liberaldemocratiche come le nostre. (…) Noi siamo solidali con l’Ucraina e il suo popolo, ma ci domandiamo perché e come è nata questa guerra. Non possiamo liquidare frettolosamente le motivazioni con una supposta pazzia di Putin. Notiamo purtroppo che manca nella maggior parte dei media (soprattutto nei più grandi e diffusi) un’analisi profonda su quello che sta succedendo e, soprattutto, sul perché è successo.
Questo non perché si debba scagionare la Russia e il dittatore Vladimir Putin dalle loro responsabilità ma perché solo capendo e analizzando in profondità questa terribile guerra si può evitare che un conflitto di questo genere accada in futuro. (...)

Andrea Cozzo Media di guerra e media di pace sulla guerra in Ucraina 
Promemoria e Istruzioni per il futuro - Mimesis, Milano, 2025, pagg.113,114,115




domenica 14 dicembre 2025

Giuliana Saladino, filo rosso tra giornalismo e impegno civile

              Palermo – Quando circa vent’anni fa, su suggerimento di una cara amica, la scrivente ha scoperto i suoi scritti, era ormai troppo tardi per farne la conoscenza diretta: la concittadina Giuliana Saladino, giornalista e scrittrice, ormai non c’era più, morta a 73 anni nel 1999. 
       Forse, oltre lo stretto, non sono in tanti a conoscerla. Vale la pena farne allora memoria, a cento anni dalla sua nascita, avvenuta a Palermo il 16 dicembre 1925. 
Chi è stata Giuliana Saladino? Marcello Sorgi, ex direttore del TG1 ed editorialista de La Stampa, un tempo suo giovane collega nella redazione del battagliero quotidiano palermitano L’Ora, l’ha definita: “Super-cronista attenta e curiosa… aveva il dono di un particolare mestiere che le faceva subito individuare protagonisti, dettagli e retroscena del fatto che poi avrebbe raccontato, con la scrittura nervosa e stupita che fa del giornalismo femminile un linguaggio a parte”.
La professoressa Giovanna Fiume, già docente di Storia moderna all’Università di Palermo, nella prefazione al libro/raccolta di inchieste e scritti della giornalista palermitana dal titolo Chissà come chiameremo questi anni, afferma: “È l’erraticità la cifra personale di Giuliana Saladino nella sua lettura della società, il veloce andirivieni dalla collettività all’individuo, dal generale al particolare, dalla teoria al caso concreto… dalla società alla persona, dalla cronaca alla storia”.
Con poche, essenziali pennellate, la ricordava così l’amica Simona Mafai: 
“Nata a Palermo, da famiglia aristocratica, ricevette una educazione tradizionale: a undici anni, con una parente “dama di San Vincenzo”, visitava i quartieri degradati della città, consegnando ai poveri tagliandi per l’acquisto di pane e latte. 
Giuliana Saladino da giovane
    Ma con la fine della guerra e l’esplosione dei movimenti rivendicativi dei contadini e degli operai, avvertì che non era attraverso la carità che i poveri potevano (e tanto meno desideravano) continuare a vivere; essi volevano libertà e giustizia, cambiare sistema economico e politico, fare nuove leggi, costruire un nuovo costume morale. Così Giuliana, schierandosi con i poveri, divenne comunista. Fu però una comunista sui generis, indipendente e libertaria. Non sottomise mai al realismo politico del partito comunista il suo irrefrenabile spirito critico e l’irruente e inflessibile ricerca della verità, per quanto difficile da individuare e definire. Uscita dal PCI nel 1956 (dopo i fatti di Ungheria), restò sempre fedele agli ideali giovanili auspicando un cambiamento radicale della società.
L’intervento consapevole e diretto sugli eventi del proprio tempo e la passione per la scrittura sono state le direttrici fondamentali della sua vita. Segretaria di redazione nel 1946 della rivista politico-culturale Chiarezza, visse alcuni anni di impegno politico diretto nella provincia di Agrigento assieme al marito, Marcello Cimino, con cui divise fino alla fine ideali e sacrifici. 
    Nei primi anni ‘50, tornò a Palermo; contribuì all’organizzazione dell’“Associazione donne palermitane”; quindi, nel 1960, entrò nel quotidiano L’Ora come segretaria di redazione, assumendo responsabilità sempre maggiori, fino a diventarne una colonna fondamentale. Condusse memorabili inchieste sulla politica palermitana e siciliana, sulla condizione delle donne ed i rapporti tra i sessi, sullo sviluppo economico distorto dell’isola, distinguendosi per coraggio, originalità, anticonformismo.
Insieme a un gruppo di colleghe costituì il coordinamento femminile delle giornaliste siciliane; incoraggiò la formazione e la crescita dei movimenti per l’emancipazione e la liberazione della donna (partecipando direttamente alle campagne per la legge sul divorzio e per la interruzione volontaria della gravidanza); contribuì alla stesura del libro collettivo Essere donne in Sicilia (1975);  nel 1991 fece parte fin dalla fondazione della redazione di Mezzocielo, periodico palermitano diretto e scritto da sole donne. All’indomani delle stragi di mafia del 1992 (assassinio dei giudici Falcone e Borsellino, e delle loro scorte) diede vita al cosiddetto Comitato dei lenzuoli”.
Il Comitato dei lenzuoli, come scrisse Giuliana stessa, fu un sussulto di passione e di orgoglio civile. 
   Ci fu il suo soffio vitale nella reazione, femminile e nonviolenta, semplice e dirompente, di esporre un lenzuolo bianco per esprimere il lutto, il dolore, ma anche la rabbia e la ribellione dei palermitani colpiti al cuore per le stragi di Capaci e via D’Amelio: “Ora basta”, “Palermo chiede giustizia” queste le scritte sui primi due lenzuoli esposti a Palermo, a casa sua, in via Maqueda 110. Il Comitato dei lenzuoli invitava i palermitani a prendere coscienza del cancro diffuso della mafia e a fare ognuno la propria parte “piccola o grande che sia, per contribuire a creare in questa Palermo condizioni di vita più umane”, come aveva detto Giovanni Falcone.
    Di Giuliana, infine, oltre agli innumerevoli articoli, ci rimangono tre libri che, a parere della scrivente, sono perle di grande valore: il primo è De Mauro, Mafia anni 70: una cronaca palermitana, pubblicato nel 1972, due anni dopo la scomparsa del giornalista Mauro De Mauro, autore di inchieste scottanti sulla mafia e sul caso Mattei, scomparsa avvenuta la sera del 16 settembre 1970, quando a Palermo “lo scirocco correva a 65 all’ora e il mercurio aveva sfiorato i trenta”. In questo testo, Giuliana analizza il contesto grigio e oscuro in cui è avvenuto il rapimento misterioso del giornalista, di cui non si è saputo più niente…
   Il secondo, Terra di rapina, del 1976, è un testo epico e dolente sulle lotte, le speranze, la disperazione dei contadini siciliani subito dopo la fine della seconda guerra, delusi e sconfitti dopo la discussa riforma agraria.
   Il terzo, Romanzo civile, pubblicato postumo nel 2000 per volontà delle figlie Giuditta e Marta, è il racconto dell’amicizia con Calogero Roxas, e soprattutto il racconto corale e commovente di un’epoca, di un’alta sensibilità familiare, storica e politica. 
La scrivente confessa di leggere e rileggere i testi della giornalista perché, a ogni rilettura, trova suggestioni e stimoli nuovi: “L’eredità che continuano a lasciare gli uomini e le donne migliori della generazione di Giuliana e di Marcello – scriveva Michele Perriera in un libro dedicato  a Marcello Cimino, marito di Giuliana – è quest’abitudine a porre il proprio io sempre in relazione agli altri, quasi una coazione a pensare la propria vita a servizio della vita e delle sue trasparenze sociali”.
La giornalista chiudeva il manoscritto che sarebbe poi diventato Romanzo civile definendosi una “vecchia signora invulnerabile… con una scintilla tenace e fiammeggiante… in sintonia con chi sa che, con una sensazione panica, altamente civile, con una disponibilità senza riserve, un ventre da grande madre, il cervello traboccante, una mente sovrana”.
      E noi, cara Giuliana, vogliamo ricordarti così…

Maria D'Asaro, 14.12.25, il Punto Quotidiano

(A Giuliana ho scritto una lettera, qui...)

venerdì 12 dicembre 2025

Grazie, Oriana...

(...)
 Me ne è saltato all’occhio uno leggermente fuori posto. Ho riconosciuto la foto nella copertina: Lettera a un bambino mai nato, il libro della Fallaci, quello che ho appena sfogliato quando tu eri nella mia pancia… Quello che allora mamma mi ha quasi strappato dalle mani. Perché me lo aveva sottratto così? Cosa celava? Se si trattava di una verità triste sentivo che era proprio il momento giusto… L’ho preso. 
Arrivati in ospedale, ci hanno permesso di entrare tre minuti in intensiva per salutare in silenzio la nonna. Ci hanno rassicurato che tutto procedeva per il meglio. Così ho quasi imposto allo zio di andare a sistemare qualcosa al lavoro e di riposarsi un pochino: sarei rimasta io in ospedale. 
Ho tirato fuori dallo zaino il libro con il volto addolorato e inquieto della Fallaci. L’ho aperto. 
Stanotte ho saputo che c’eri: una goccia di vita scappata dal nulla. Me ne stavo con gli occhi spalancati nel buio e d’un tratto, in quel buio, s’è acceso un lampo di certezza: sì, c’eri. Esistevi. È stato come sentirsi colpire in petto da una fucilata. Mi si è fermato il cuore. E quando ha ripreso a battere con tonfi sordi, cannonate di sbalordimento, mi sono accorta di precipitare in un pozzo dove tutto era incerto e terrorizzante. Ora eccomi qui, chiusa a chiave dentro una paura che mi bagna il volto, i capelli, i pensieri. E in essa mi perdo.

21.

Habibi, amore mio… Accidenti, come scrive bene questa donna! La prefazione lo vendeva come uno dei veri libri sulla vita e sulla morte, letto da milioni di persone.
Quanto mi piacerebbe che Zahira, la tua Ziazira lo leggesse… Chissà, magari lo conosce…
Immagino quanto dovesse essere difficile e complicato per una donna rimanere incinta senza un marito quando, a metà degli anni ’70, c’era ancora una condanna sociale per una situazione del genere. Infatti, in questa storia, il compagno della protagonista vorrebbe che lei si sbarazzasse del bambino, ma allora non c’era una legge che consentisse l’aborto, il medico la guarda male, il datore di lavoro è imbarazzato… Le stanno accanto solo un’amica e gli anziani genitori, che le vogliono bene. E lei è in crisi perché stare a riposo potrebbe farle perdere un’occasione importante per il suo lavoro.
Il dialogo immaginario che la protagonista intreccia con il bambino che sta crescendo dentro di lei è così autentico, vivido, serrato… Mi ha fatto pensare a tutte le volte che ti parlavo quando ancora eri in pancia, anche se tu forse non potevi ascoltarmi… 
Anche lei, come e più di me, ha corso dei rischi durante la sua gravidanza. Io non sarei stata capace di esprimere con le sue parole quello che provavo quando io-e-tu eravamo fusi insieme, ma ora mi sento come rispecchiata da queste righe … Quel concetto della consolazione per fotografie… Dice che gli innamorati distanti le usano per non sentirsi soli e anche lei guardava le fotografie del bambino, per eludere la malinconia. Immaginava che il feto, con quella forma da mezzo pesce e mezzo larva, si trasformasse piano, subisse una meravigliosa metamorfosi: “Ti sono spuntate le ali! Viene voglia di accarezzarle, accarezzarti” Mi ricordo ancora le tue ecografie, anche io immaginavo ogni tuo futuro mutamento…
Quelle considerazioni così nette, chiare, definitive sul sentimento unico e viscerale che ci univa e ci continua ad unire, di cui persino tuo padre mi è sembrato a volte assurdamente geloso: è vero che quello che sente una donna quando prende tra le braccia il suo bambino così piccolo e indifeso, quel sentimento che la trasforma in madre, è vero che è quello l’amore. 
Mi son sempre posta l’atroce domanda: e se nascere non ti piacesse? E se un giorno tu me lo rimproverassi gridando ‘Chi ti ha chiesto di mettermi al mondo, perché mi ci hai messo, perché?’”

Maria D'Asaro Lettere a un bambino poi nato Diogene Multimedia, Bologna, 2025 pp.77-79

(grazie di cuore ad Adriana, Alessandra, Augusto, Federica che hanno animato la presentazione del libro, ieri pomeriggio a Palermo alla Casa dell'Equità e della Bellezza, e a tutte le amiche e amici intervenute/i)

martedì 9 dicembre 2025

Eravamo al Massimo...

       Alla presenza del Presidente della Repubblica, sabato 6 dicembre, al teatro Massimo di Palermo, la cerimonia di consegna del titolo di ‘capitale italiana del volontariato’:  Palermo (2025) passa il testimone a Modena (2026).

     Tra gli altri, l’intervento di Giuditta Petrillo (Presidente del CeSVoP, Centro Servizi per il Volontariato, Palermo):
“I volontari sono progettisti della trasformazione sociale… 
Non un volontariato dall’alto, ma un volontariato fattivo e concreto, a servizio del territorio…
Il volontario costruisce legami, dove sembrano esserci divisioni…
Il volontariato è un’infrastruttura permanente… è partecipazione e cittadinanza attiva
Il volontariato è esercizio concreto, non marginale, della sovranità popolare per la realizzazione di una società più giusta, più coesa, più umana…

E qualche parola di Mattarella: 

“Il volontariato ha una grande valenza culturale e formativa… non è affatto solo pronto soccorso per le emergenze…
Il volontariato dà senso alle relazioni sociali…
La partecipazione e la solidarietà di cui si fa portavoce il volontario sono principi costituzionali… come la dimensione della cittadinanza attiva.
La sussidiarietà verticale e orizzontale è a pieno titolo iscritta nella carta costituzionale…
Essere volontari vuol dire permettere all’altro di entrare nella nostra vita per arricchirla…
Il volontariato è antidoto alle tossine della paura… 
La grandezza dei volontari sta nel loro curare le ‘ferite’ dell’ambiente e del territorio…
I volontari sono i veri patrioti… a loro si deve la crescita del patrimonio morale del nostro Paese. 
La gratuità del volontario non è un’illusione ingenua per anime belle, ma il volano efficace per la costruzione del bene comune…”

(Qui, in un precedente articolo, dati sul volontariato e notizie sull'AS.VO.PE.)












domenica 7 dicembre 2025

I capolavori di Pellizza da Volpedo (non solo il Quarto Stato)

       Palermo – Chi si trova a passare da Milano durante questo mese o nel prossimo, non perda l’opportunità di visitare la mostra monografica dedicata a Giuseppe Pellizza da Volpedo, il pittore di fine ‘800 celebre per il Quarto Stato: visitabile alla Galleria d’Arte Moderna già dal 26 settembre, la mostra sarà aperta al pubblico sino al 25 gennaio 2026.
      Il percorso espositivo, curato da Aurora Scotti e Paola Zatti, allestito nelle cinque sale al pianoterra della Villa Reale riservate alle mostre temporanee della Galleria e in quella del Quarto Stato al primo piano del museo, comprende quaranta opere tra dipinti e disegni, provenienti da collezioni pubbliche e private italiane e straniere. La genesi artistica e il significato di molti dipinti può essere approfondita se, mentre si visita la mostra, si accede a un sito dedicato scannerizzando un apposito QR code. 
      La scrivente, che non è un’esperta in storia dell’arte, ha così scoperto un pittore assai talentuoso e complesso, autore, oltre che della celeberrima tela, anche di altre opere originali e significative.
La sua parabola umana e artistica è stata purtroppo breve perché Giuseppe Pellizza, nato nel 1868 nel comune piemontese di Volpedo, in provincia di Alessandria, nel 1907 - a soli 39 anni – a Volpedo (continua su il Punto Quotidiano)

Maria D'Asaro, 7 dicembre 2025, il Punto Quotidiano

venerdì 5 dicembre 2025

Senza sparare un colpo: trame di pace nella pagina politica di Vandana Shiva

     In un suo saggio del 2001 sulla necessità per le donne di proferire sulla guerra una «parola altra, una parola per la pace», Françoise Duroux affermava:

Evitare una guerra richiede una quarta ghinea, un supplemento all’istruzione di Arthur. Perché evitare la guerra supporrebbe degli spostamenti dell’immaginario che riguardano sia gli uomini che le donne, sempre che queste categorie siano ancora rilevanti. (…) Freud termina la sua risposta ad Einstein [nel celebre carteggio] con una frase: “Tutto ciò che promuove l’evoluzione civile lavora anche contro la guerra.1

   Partendo da questa riflessione, ci domandiamo se una quarta ghinea sia possibile spenderla per una donna che, smascherando le fondamenta del pensiero bellicista, è capace di tessere trame di pensiero e azioni per promuovere l’evoluzione civile. Troviamo nell’ «impertinenza» di Vandana Shiva il motivo per cui investire questa quarta ghinea… Dobbiamo rifarci al suo intervento all’Opera House di Sidney del 3 novembre 2010 È ora di finire la guerra contro la Terra nel quale la scienziata indiana afferma:

Quando pensiamo alle guerre ai nostri tempi, volgiamo la mente all’Iraq e all’Afghanistan [e all’Ucraina, pensiamo noi]. Ma la guerra più grossa è quella contro il pianeta. È una guerra con le radici in un’economia che manca di rispettare i limiti ecologici ed etici – limiti all’ineguaglianza, all’ingiustizia, all’avidità e alla concentrazione economica. (…) Le guerre nel loro dispiegarsi riguardano sangue per cibo, sangue per geni e biodiversità e sangue per acqua. (…) La guerra contro la Terra comincia nella mente. Pensieri violenti plasmano azioni violente. Categorie violente costruiscono attrezzi/strumenti violenti (…). In uno sviluppo non sostenibile sono coinvolti tre livelli di violenza. IL primo è la violenza contro la terra, che si esprime come crisi ecologica. Il secondo è la violenza contro le persone, che si esprime come povertà, privazione e sfollamento. IL terzo è la violenza della guerra e della conflittualità in quanto i ricchi si protendono a risorse situate in altre comunità e paesi per i propri appetiti illimitati."

1. Françoise Duroux Tre ghinee o più, in Il paradigma perturbante della differenza sessuale, Milano, Mimesis, pp.198-99


Ida La Porta, Emi Monteneri, Agata Schiera: Senza sparare un colpo: le efficaci trame e relazioni di pace nella pratica politica di Vandana Shiva p.67 
nel testo: Corpi e parole di donne per la pace (a cura di Mariella Pasinati) Navarra, Pa, 2024

mercoledì 3 dicembre 2025

Italia, record in Europa per morti da smog

      Palermo – “Se le vedessimo, come vediamo le cimici e altri insetti che ci disturbano, probabilmente ci indigneremmo di più e ci sapremmo difendere meglio…” – ha esordito così il professore Roberto Boffi, responsabile della Pneumologia all’Istituto Nazionale Italiano dei Tumori, nel corso di un’intervista concessa al Telegiornale della Scienza Leonardo all’inizio di novembre, mentre a Genova era in corso il Festival della Scienza. 
     “Paragono sempre infatti il particolato, le famigerate particelle fini e ultrafini, alle cimici perché possiamo visualizzarne la pericolosità… Penso infatti che il primo scudo antismog sia proprio la conoscenza del fenomeno, l’esserne consapevoli”.
     Quelli che presenta l’OMS, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, sono numeri drammatici: l’inquinamento atmosferico provoca circa otto milioni di morti nel mondo. E l’Italia in Europa è maglia nera: con 630.000 morti per smog, il nostro paese detiene il più alto tasso di mortalità del continente.
“E purtroppo, se si nasce in pianura padana, si ha un’aspettativa di vita, è brutto dirlo, ma è giusto saperlo, di circa due anni inferiore rispetto alla media nazionale – ha continuato il professore – Però la prevenzione, se si interviene sia sull’ambiente esterno che sugli stili di vita, potrebbe essere molto migliorata”.
     Roberto Boffi è infatti autore ... (continua su il Punto Quotidiano)

Maria D'Asaro, 30 novembre 2025, il Punto Quotidiano