Riciclava l’acqua con cui lavava le verdure, per annaffiare le sue mille piantine. Conservava i veli dei confetti: per ricavarne una trapunta trasparente, che avvolgesse i suoi sogni. Forse nel 3011. Riciclava l’acqua di scarico della lavatrice, per mondare il cesso dalla puzza di pipì.
Raccoglieva, affamata, le briciole di attenzione che le cadevano ai piedi. Beveva l’ultimo sorso del succo di ananas che la figlia lasciava. Riciclava le formule fisiche del figlio scienziato. E i banner urlati del cucciolo scout.
Riutilizzava i vestiti della cognata. I pantaloni attillati dell’amica collega. E i pull e gli slip che la figlia non voleva più usare. I fogli di carta scritti a metà. Le vecchie preghiere che faceva sua madre. L’amore per gli altri lasciato dal padre. Le erbe e il miele di sua sorella. Riciclava il pane raffermo, trasformandolo in croccante polvere bruna. Riciclava i fili di antiche matasse. Raccoglieva le penne trovate per terra, all’uscita di scuola. E le bottiglie di vetro e la carta, nella strada di casa.
Riciclava un bel post dei blogger amici. E le belle parole imparate nei libri di scuola. E le tante poesie amate e ascoltate. Riciclava lo yoghurt scaduto. Le canzoni degli anni ’70. I vecchi cassetti, che restituiva alla vita, dipinti di verde.
Una cosa non voleva più riciclare: quel senso di vuoto mortale che l’aveva trafitta. Le paludi ammorbanti di un’antica tristezza.
Una cosa non voleva più riciclare: quel senso di vuoto mortale che l’aveva trafitta. Le paludi ammorbanti di un’antica tristezza.
Che aveva di suo, si chiedeva ogni tanto. Le mani, sempre mobili e attive, Dio solo sa quanto. Le mani che, a volte, lenivano qualche ferita. Nei calzini, sicuro. A volte in un cuore. E tracciavano, incerte, carezze nel vuoto. Aveva i suoi libri. Il computer. A volte nuovi pensieri. E persino una riserva segreta di vulcanelli, emananti una leggera follia.
Che ci metteva di suo, nella vita. Forse solo il suo sguardo, i suoi occhi. Che sorridevano. Ancora.
In quella trapunta trasparente di tulle, che avvolgeva i suoi sogni... di sicuro c'erano le parole che tu sei riuscita a trasmetterci.
RispondiEliminaAnche a me è rimasta impressa la coperta fatta di piccoli veli, è un'immagine bellissima, tenera come poche e viva della tua morale. Di che pianeta sei?
RispondiElimina@Vele e Dr. Peter: che cara, che caro... che siete!
RispondiElimina@dr.Peter: My address? Via Lattea, seconda stella a destra...
.....se lo sguardo di nostra signora su persone e
RispondiEliminacose...se gli' occhi che sorridono' si potessero riciclare sarebbe una grande dono per tutti.Ciao
...pardon:un grande dono
RispondiElimina@mdfex:
RispondiEliminache grande prio vederti a scuola, ieri!
Sapessi quanto mi manchi. Sapessi che grande dono sei stata!