A mio avviso, una riflessione sulle Beatitudini particolarmente ispirata.
Questa è la pagina più bella del Vangelo che appartiene in qualche modo, che può riguardare tutta l’umanità.
E io vorrei prendere spunto da una parolina che noi usiamo in lingua italiana: il termine magari, che usiamo quando desideriamo qualche cosa, quando ci aspettiamo qualche cosa, quando speriamo qualche cosa.
E io vorrei prendere spunto da una parolina che noi usiamo in lingua italiana: il termine magari, che usiamo quando desideriamo qualche cosa, quando ci aspettiamo qualche cosa, quando speriamo qualche cosa.
Magari… In greco la parola macarios è proprio il termine “beato”. E’ il termine con cui Gesù ci propone questa esperienza del Padre in termini di beatitudine. Non un’esperienza col Padre lontana dalla nostra vita, ma impastata della nostra vita: che prende corpo nel nostro cuore, nei nostri pensieri, nei nostri gesti, nelle nostre azioni.
Come Mosè che era salito sul monte, Gesù sale sul monte: questa volta non soltanto per presentarci i comandamenti che pure ci vogliono, che sono le condizioni minime della vivibilità tra gli uomini, le condizioni minime appunto, tutte al negativo però: non fare questo, non fare quello, non… non… non…
Gesù ci propone al positivo - senza negare i comandamenti - ci propone al positivo questa possibilità di gioia compiuta, serena, incarnata nella nostra vita, che è appunto la prospettiva della beatitudine. La condizione perché ciò avvenga è che sia Dio l’unico nostro re. Che non riconosciamo altra regalità se non quella di Dio. Il che significa che crollano tutte le altre pretese di regalità che, nell’arco della storia, sono state sempre avanzate e che si propongono puntualmente. Perché: “Di loro è il Regno di Dio” significa che Dio che è il nostro re. Ed è solo la sua regalità d’amore che ci interessa: per noi, nei nostri rapporti, per la costruzione della nostra società. Non abbiamo altri re, non abbiamo padroni, non abbiamo autorità su di noi: nessuno è su di noi.
E lo stesso Dio, che riconosciamo nella sua regalità, ci viene incontro nel segno del servizio.
Come Mosè che era salito sul monte, Gesù sale sul monte: questa volta non soltanto per presentarci i comandamenti che pure ci vogliono, che sono le condizioni minime della vivibilità tra gli uomini, le condizioni minime appunto, tutte al negativo però: non fare questo, non fare quello, non… non… non…
Gesù ci propone al positivo - senza negare i comandamenti - ci propone al positivo questa possibilità di gioia compiuta, serena, incarnata nella nostra vita, che è appunto la prospettiva della beatitudine. La condizione perché ciò avvenga è che sia Dio l’unico nostro re. Che non riconosciamo altra regalità se non quella di Dio. Il che significa che crollano tutte le altre pretese di regalità che, nell’arco della storia, sono state sempre avanzate e che si propongono puntualmente. Perché: “Di loro è il Regno di Dio” significa che Dio che è il nostro re. Ed è solo la sua regalità d’amore che ci interessa: per noi, nei nostri rapporti, per la costruzione della nostra società. Non abbiamo altri re, non abbiamo padroni, non abbiamo autorità su di noi: nessuno è su di noi.
E lo stesso Dio, che riconosciamo nella sua regalità, ci viene incontro nel segno del servizio.
Quindi è una poesia della vita che ci viene annunziata con le beatitudini: di questa presenza di Dio che, dall’interno, vuole trasformare la nostra vita, le nostre relazioni: beati i poveri, quelli che scelgono di essere poveri, quelli che decidono di esseri poveri, quelli che decidono di vivere del necessario, del pane quotidiano … perché beati?
Perché non dovranno rincorrere chissà che cosa, si sanno accontentare … sanno affermare la propria sovranità sulle cose, che vanno utilizzate come mezzi. Non la ricchezza, che distorce i rapporti tra le persone, le inquina, le compromette, scatena spesso le peggiori passioni; non la ricchezza quindi, ma la semplicità di essere appagati di ciò che ci vuole, di ciò che è necessario per andare avanti …
Beati i poveri, ci rendiamo conto che c’è un’indiretta critica radicale a tutte le forme di possesso, di accaparramento, di dominio, che sono ateismo concreto. Perché non si può sperimentare la bellezza di Dio se facciamo dipendere sempre tutto dal possedere. Dal possedere anche le persone, dal possedere, dall’accumulare.
Quindi le beatitudini, una dietro l’altra ci fanno rincorrere questo bellissimo sogno, che è per una poesia, che è un pensare, un agire nuovo, diverso, che è veramente la messa in crisi radicale di ogni assetto: politico e religioso.
Quindi le beatitudini, una dietro l’altra ci fanno rincorrere questo bellissimo sogno, che è per una poesia, che è un pensare, un agire nuovo, diverso, che è veramente la messa in crisi radicale di ogni assetto: politico e religioso.
E’ il motivo ispiratore che dovrebbe mettere in movimento la presenza del credente, del vangelo all’interno della società. Vedete, non ci sono programmi, non ci sono organizzazioni, intellettualizzazioni, no … ci sono stati d’animo, atteggiamenti che nascono dall’interno. Per esempio: beati i misericordiosi: ad esempio, anche in tedesco c’è la stessa parola che ha a che fare col cuore: misericordiosi, col cuore … Prima dobbiamo avere cuore nelle cose, cioè consapevolezza, partecipazione, capire la sofferenza dell’altro, essere accanto a lui…
E se c’è questo inevitabilmente poi opereremo di conseguenza, perché non si sopporta la sofferenza dell’altro, nel senso che non si assiste indifferenti alla sofferenza dell’altro. Ma è quello che fa Dio con noi: non sopporta la nostra sofferenza, perché Dio ci vuole vedere beati, ma per davvero beati! Questo termine, che non so bene come si possa dire diversamente, non è un termine che preveda chissà quali momenti di esaltazione, quali picchi di felicità o quali picchi di euforia …
No, no la beatitudine è qualcosa che trasforma il tempo e lo rende vivibile, lo rende coesteso con la propria persona, con quello che uno pensa, con quello che uno fa … La beatitudine si comunica agli altri: nasce dall’interno e crea l’atmosfera. L’atmosfera giusta perché l’incontro avvenga, la beatitudine è questa sospensione di tutti i conflitti: interiori, esterni … per rimettere al centro la gioia di veder gioire gli altri, di non sentirsi mai totalmente appagati, finché non c’è anche questa condivisione del gioire insieme perché si condivide tutto, pur mantenendo anche le profonde differenze che ciascuno ha.
E le differenze non vengono vissute come una minaccia: ma come una nuova possibilità che Dio apre dinanzi a noi.
La Beatitudine è al di sopra delle morali, non è neppure riconducibile a tutta una serie di prescrizioni. La beatitudine è Dio stesso in noi. Alla fine, questo discorso sulla montagna: “Padre nostro che sei nei cieli” …. Il regno dei cieli ci viene avvicinato: Dio così si fa sperimentare, come fonte di questa beatitudine, di Lui che è in noi, di Lui che è tra di noi, di Lui che è per noi. E che rimodula gli equilibri, ri-armonizza tutto: pensieri, gesti, atteggiamenti, azioni …
E tante altre cose che ognuno di voi mi auguro voglia approfondire e personalizzare nell’ascolto di questa pagina del Vangelo che ci è particolarmente cara. Quello che ogni volta si riesce a dire è il meno, il meno …
Ognuno di voi poi torni a rimuginare, a masticare, a farla diventare sostanza della propria vita.
(Il testo non è stato rivisto dall'autore, don Cosimo Scordato: pertanto eventuali errori o omissioni sono della scrivente Maria D’Asaro, che si assume pertanto la responsabilità delle eventuali imprecisioni e manchevolezze nella trascrizione dell’omelia)
E tante altre cose che ognuno di voi mi auguro voglia approfondire e personalizzare nell’ascolto di questa pagina del Vangelo che ci è particolarmente cara. Quello che ogni volta si riesce a dire è il meno, il meno …
Ognuno di voi poi torni a rimuginare, a masticare, a farla diventare sostanza della propria vita.
finchè siamo su questa terra però il nostro cuore non sarà mai pienamente felice: "ci manca sempre qualcosa..."
RispondiEliminati posso dedicare questa canzone???
www.youtube.com/watch?v=A-ugbUqyQL8
Grazie per aver condiviso con noi queste parole bellissime.
RispondiElimina@Luigi: si, forse hai ragione. Sant'Agostino dice che il nostro cuore non sarà riempito sinchè non si nutrirà del divino, faccia a faccia. Ti confesso di essere una praticante in crisi permanente(al contrario di molti che si dicono credenti, ma non praticanti). Cristo e la sua Buona Novella, comunque, sono per me un punto fermo.
RispondiEliminaNon riesco ad aprire il link, mi spiace.
@Calzino: Bella! Mi fa piacere che apprezzi.
il link non si apre da solo: devi copiarlo e metterlo sul motore di ricerca google
RispondiEliminala canzone è "la bellezza" di N. Fabi
A presto L
@Luigi: ho ascoltato la canzone "La Bellezza" di N.Fabi. Bella! (scusa la banale tautologia).
RispondiEliminaGrazie.