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Gesù guarisce un lebbroso (Cattedrale di Monreale) |
In questo villaggio in cui Gesù entra sono tutti lebbrosi o, meglio, siamo tutti lebbrosi, perché separiamo i lebbrosi dai non lebbrosi. E quindi alcuni diventano “disgrazia di Dio” e altri invece presumono di essere “grazia di Dio”.
Dov’è il vero miracolo di Gesù? Nell’ultima battuta, quando dice: La tua fede ti ha salvato … sei stato capace di ringraziare. E Gesù usa il termine eucaristein: sei stato capace di fare eucarestia, di rendere lode al Signore. Ma di che cosa? Del fatto che puoi vivere accanto agli altri normalmente, senza che ci siano queste separazioni tra lebbrosi e non lebbrosi, senza che noi perpetriamo questa condizione nella quale vogliamo separarci tra di noi.(...).
Ebbene, o scopriamo che ognuno è grazia per l’altro, e ci mettiamo in ginocchio, gli uni dinanzi agli altri, a riconoscere la grazia di Dio che è in ognuno … anche se offuscata da tante miserie, anche se compromessa da tante vicende disorientanti, o siamo capaci di fare eucarestia, gli uni in ginocchio agli altri, o altrimenti questa pagina del Vangelo riguarda altri e “altro” da noi.
E quindi l’eucarestia che noi celebriamo la domenica, e che qualifica il senso festivo di questo giorno (...) che è anche giorno della comunità che si ritrova, del Signore che ci fa ritrovare insieme come comunità e ci fa riconoscere gli uni “meraviglia degli altri” e viceversa, quindi l’eucarestia che noi celebriamo, care sorelle e fratelli, o è capace di infrangere tutte le altre collocazioni che noi ci diamo (...) o sgombriamo il terreno da villaggio, dove tutti si è contaminati, ma si continua invece a fare la separazione tra buoni e cattivi, o cominciamo “ex novo” dalla novità del Vangelo, o altrimenti non cambia niente, continuiamo a vivere in questo modo, a catalogarci, a mettere etichette, a fare tipologie.
La tua fede ti ha salvato – dice Gesù alla fine – perché hai scoperto che è bello dire grazie. Dire grazie ci salva, a partire dai nostri rapporti quotidiani. (...)”.
E l’Eucarestia allora diventa l’alternativa agli altri nostri rapporti che non sono all’insegna della gratuità e del grazie, o del saperci fare dono gli uni per gli altri, ognuno con i propri limiti, con le proprie miserie, con le proprie fragilità. Ma dire “grazie” è la nostra salvezza e ci guarisce dalla nostra malattia, anche dalle nostre lebbre, brutte e contagiose.
E allora chiediamo al Signore che ci insegni a fare Eucarestia, intanto nella vita quotidiana e poi in maniera solenne, ricapitolativa e comunitaria nel giorno del Signore, che è anche il giorno del nostro costruire la comunità, all’insegna della gratuità, del dono e del rendimento di grazie reciproco.
(Sintesi dell'omelia pronunciata nella chiesa di san Francesco Saverio a Palermo il 2.10.2016; il testo non è stato rivisto dall’autore, don Cosimo Scordato: eventuali errori o omissioni sono della scrivente, Maria D’Asaro, che si assume pertanto la responsabilità delle imprecisioni e manchevolezze della trascrizione)