La precisione per gli antichi Egizi era simboleggiata da una piuma che serviva da peso sul piatto della bilancia dove si pesano le anime (…)
Esattezza vuol dire per me soprattutto tre cose:
1) Un disegno dell’opera ben definito e ben calcolato;
2) L’evocazione d’immagini visuali nitide, incisive, memorabili; in italiano abbiamo un aggettivo che non esiste in inglese “icastico” (…);
3) Un linguaggio il più preciso possibile come lessico e come resa delle sfumature del pensiero e dell’immaginazione.
Perché sento il bisogno di difendere dei valori che a molti potranno sembrare ovvii? Credo che la mia prima spinta venga da una mia ipersensibilità o allergia: mi sembra che il linguaggio venga sempre usato in modo approssimativo, casuale, sbadato, e ne provo un fastidio intollerabile. Non si creda che questa mia reazione corrisponda a un’intolleranza verso il prossimo: il fastidio peggiore lo provo sentendo parlare me stesso.
Per questo cerco di parlare il meno possibile, e se preferisco scrivere è perché scrivendo posso correggere ogni frase tante volte quanto è necessario per arrivare non dico a essere soddisfatto delle mie parole, ma almeno a eliminare le ragioni d’insoddisfazione di cui posso rendermi conto. La Letteratura – dico la letteratura che corrisponde a queste esigenze – è la Terra Promessa in cui il linguaggio diventa quello che veramente dovrebbe essere. (…)
Italo Calvino: Lezioni americane, Sei proposte per il prossimo millennio
Un gigante. Esattamente un gigante.
RispondiElimina@Franco: amo Calvino. Lo rileggo di continuo.
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