“D’altronde, un altro luminoso esempio di Carroll sulle parole (…), anticipando di molto gli studi di neuroscienze, ci ricorda che le parole innanzitutto, specie per il bambino, sono suoni. IL suono costituisce l’elemento corporeo costitutivo delle parole. Sono i suoni che fanno le parole e conferiscono loro la valenza relazionale di vicinanza o di lontananza. Prima di comprendere il contenuto che la parola esprime, il bambino infatti è stato toccato nel suo corpo dalla musica delle parole. Il poeta, a sua volta, aspetta l’ispirazione (musicale) e a volte soffre non poco nella ricerca della parola giusta.
Ecco il motivo per cui Carroll cambia le parole delle filastrocche o gioca con assonanze quasi a prendere in giro il contenuto delle parole per ridare loro la musicalità. Alcuni esempi divertenti: History (Storia) con Mistery (mistero); Painting in oil (pittura a olio) con Fainting in coils (svenimento a spirale); Latin e Greek con Laughing (risata) e Greef (cruccio).
L’importanza del suono, inoltre, viene svelata al termine del libro come la chiave di lettura di tutta l’avventura di Alice. Sua sorella entra nel paese delle meraviglie e scopre che «… il tintinnio delle tazze del tè si sarebbe trasformato nello scampanellio delle pecore, e le grida acute della Regina nella voce del pastore… mentre il muggito delle mucche in lontananza avrebbe sostituito i singhiozzi accorati della finta tartaruga».
Questa è la cifra del mondo dei bambini (e non solo): i suoni diventano immagini, la rabbia crea i mostri, le sensazioni prendono forme di animali, le paure diventano racconto… Nel paese delle meraviglie, la ragazzina Alice finalmente ha dato voce e immagine a tutte le cose che lei da piccola (come tutti i bambini) non capiva o che le sembravano troppo strane.
Le regole ci sono ma non servono, la logica è soggettiva, il non senso vale quanto il senso, le parole sono coriandoli, il tempo è un optional, e spesso si torna indietro per andare avanti e si corre per restare nello stesso posto.
Il viaggio di Alice finisce quando la nostra ragazzina, diventata donna, non ha più paura («A chi credete di far paura? Siete solo un mazzo di carte!»). Ha terminato le ‘prove di identità’ e ritorna nel mondo della gente e della vita con il coraggio di essere se stessa. Ritorna alla vita come artista e come poeta: capace – nonostante tutto – di rimanere in contatto con la musica ininterrotta che risuona nell’intimo di ogni esistenza.” (qui la prima parte)
Giovanni Salonia, Sulla felicità e dintorni (Il pozzo di Giacobbe, Trapani, 2011) pp.126,127
(Un testo imperdibile: l’ho recensito qui)
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