“E poi ci sono i crediti. (…) La scuola organizza iniziative di ogni tipo e gli studenti frequentandoli acquisiscono crediti. La cosa merita di essere analizzata in modo assai dettagliato non nel suo funzionamento, piuttosto semplice, quanto nei suoi significati.
Innanzitutto la continua e pervasiva trasformazione di ogni attività in cifre e numeri esemplato (…) in voti intesi come gettoni, come unità valutaria interna.
Una vera ossessione. I ragazzi passano da corsi che significano punti di credito a test a risposta multipla che si traducono in punteggio e successivamente in voti. Poi, tra uno di questi trattamenti e l’altro, vengono redarguiti dalla classe docente, somma ipocrisia, perché si ostinerebbero a pensare in termini di voti o perché non si sanno lasciare andare al piacere ‘dell’inutile’, del sapere disinteressato. Il credito è di tutto questo l’epitome.
Oggi resistere – ha ragione Nuccio Ordine significa «sottolineare la vitale importanza di quei valori che non si possono pesare e misurare con strumenti tarati per valutare la quantitas e non la qualitas. E, nello stesso tempo, rivendicare il carattere fondamentale di quegli investimenti che producono ritorni non immediati e, soprattutto, non monetizzabili».
Nel regno dei crediti (…) ogni forma di ricerca personale, ogni lettura fatta per libertà e curiosità personali, ogni passione intellettuale personale e solitaria, si fa inutile e colpevole, inadatta a essere convertita nei salvifici crediti. Se penso alla mia appassionata adolescenza tra fumetti, ossessivo ascolto di cantautori, lettura inesausta di quotidiani e di romanza americani, studio di autodidatta dello spagnolo leggendo e rileggendo le poesie di Borges con testo a fronte (avevo ricevuto in regalo, per un compleanno, l’edizione dei Meridiani in due tomi) vedo oggi l’assoluta non convertibilità dei crediti di tutto ciò che ho fatto, la scarsa socializzazione/ostensione di queste mie abitudini. Avrei forse dovuto interrompere tutto e mettermi a seguire qualche inutile corso pomeridiano per giunta fatto da quegli stessi professori che un po’ già mi annoiavano di mattina? E poi – diamine – cos’è questa idea di imparare lo spagnolo da solo? Le lingue, ti dicono, si imparano in corsi in grado di rilasciarti l’attestato con il tuo livello di competenza linguistica corrispondente e ovviamente di darti anche un po’ di crediti da mettere da parte (non si sa mai).
È evidente: i crediti servono a comunicare l’esteriorizzazione della cultura, il suo trasformarsi da catalizzatore di trasformazione personale a complemento della socializzazione e soprattutto servono a ricordare che niente va fatto se non può essere monitorato, valutato e, per così dire, iscritto a ruolo. (…)
Senza arrivare agli eccessi di Papini (…), non si può comunque negare che, se non la divulgazione e la trasmissione, perlomeno la creazione culturale non nasca mai da una istituzionalizzazione piena, senza scappatoie, della vita spirituale degli individui.
Forse siamo così incasellati dal non sentire più la voce dei grandi autodidatti, dei ribelli, dei marginalizzati in vita e canonizzati in morte, di coloro per cui la ricerca è stata una scelta senza supporti e senza guadagni. In queste voci risuona una verità che dovremmo perlomeno tenere come mozione di minoranza, come voce della coscienza.”
Davide Miccione La congiura degli ignoranti Valore italiano ed., Roma 2024, pp.68-71
Il testo è stato recensito da me qui, dall’amico Augusto Cavadi qui.
Concordo in pieno, siamo asserviti ad algoritmi e sistemi binari che devono semplificare i giudizi, azzerare lo spirito critico, Il voto lo assegna una intelligenza artificiale. Malinconia che tracima..
RispondiElimina@Franco: appresteresti il testo di Miccione, anche come stile comunicativo. Buon fine settimana!
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