venerdì 15 novembre 2024

GPA e non solo: il pensiero forte di una femminista

J.Sorolla: dopo il bagno 
       (continua da qui): “Se io scelgo di vendere il mio corpo o di permetterne l’uso per una gestazione confermo, qualunque sia la motivazione personale, l’imposizione patriarcale che ha fatto del corpo femminile uno strumento di servizio funzionale alla riproduzione e un oggetto del piacere sessuale degli uomini. 
  È fondamentale riconsiderare storicamente l’esperienza delle donne per riappropriarsi della nostra storia e portarla fuori dall’economia di miseria e di svalutazione in cui è stata posta dal pensiero maschile.
      La rilettura della formidabile attività di cura che le donne hanno svolto, l’opera femminile di civiltà, (…) mi ha convinta ancora di più dei danni che produce una convivenza fondata sulla neutralizzazione della differenza e sulla pervasività di un mercato sempre più onnivoro. Tra le acquisizioni essenziali della mia storia di comunista e femminista ci sono state, quindi, la necessità di porre limiti e controlli al mercato e la consapevolezza dell’importanza della libertà, ma anche della sua complessità in un’epoca in cui predomina l’individualismo egoistico, sempre più sfrenato, in cui l’io esclude il noi.
     Tuttavia da alcuni anni sembra che parte della sinistra e del femminismo vadano in direzione opposta, appoggiando posizioni come la teoria dell’identità di genere, la GPA, il sex work, sostenute dal movimento LGBT+, da Non Una Di Meno e dal transfemminismo, che inneggiano a una libertà individuale incondizionata, svincolata da tutto e che introducono novità molto attraenti per l’avidità insaziabile di un mercato in cerca di nuovi spazi e di nuova merce.
    L’idea che il corpo sia un oggetto in nostro possesso di cui possiamo fare ciò che vogliamo è la nuova frontiera del neoliberismo. 
    Sono posizioni che si presentano come novità trasgressive, di rottura con il patriarcato e con il sistema capitalistico, che utilizzano con abilità i social, diventando oltremodo seduttive agli occhi delle giovani e dei giovani (…). 
    Inoltre usano la terminologia dell’inclusione e della lotta alle discriminazioni, cara al mondo progressista dei diritti. Si pongono come verità assolute, incontrovertibili, depositarie della modernità e del progresso, anche umanitarie, perché atte a risarcire da millenarie sofferenze e ingiustizie le minoranze.
   Si procede affermando che il sesso viene ‘assegnato’ alla nascita, diventando quindi una costruzione storico-sociale come il genere, di cui ci si può volontariamente e facilmente liberare. Si elimina così il dato di natura in base a cui si nasce di due sessi, maschi e femmine, e si stabilisce un sistema fluido governato dalla volontà e dalla percezione che ha di sé la singola persona. 
   Ci si presenta come innovatori, ma si continua sulla vecchia strada patriarcale della neutralizzazione della differenza sessuale a favore nuovamente dell’uno, della superiorità della mente sul corpo, dell’onnipotenza umana e del dominio sulla natura”.

Daniela Dioguardi: Mercato, libertà e censura del pensiero
 in Vietato a sinistra, 10 interventi femministi su temi scomodi (Castelvecchi, Roma, 2024)

(Un testo che andrebbe letto e meditato, ne pubblicherò la recensione)

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