mercoledì 30 luglio 2025

Figli dell'epoca

Pino Manzella: Wislawa Szymborska (15.1.2020)
Siamo figli dell'epoca,
l'epoca è politica.

Tutte le tue, nostre, vostre
faccende diurne, notturne
sono faccende politiche.

Che ti piaccia o no,
i tuoi geni hanno un passato politico,
la tua pelle una sfumatura politica,
i tuoi occhi un aspetto politico.

Ciò di cui parli ha una risonanza,
ciò di cui taci ha una valenza
in un modo o nell'altro politica.

Perfino per campi, per boschi
fai passi politici
su uno sfondo politico.

Anche le poesie apolitiche sono politiche,
e in alto brilla la luna,
cosa non più lunare.
Essere o non essere, questo è il problema.
Quale problema, rispondi sul tema.
Problema politico.

Non devi neppure essere una creatura umana
per acquistare un significato politico.
Basta che tu sia petrolio,
mangime arricchito o materiale riciclabile.

O anche il tavolo delle trattative, sulla cui forma
si è disputato per mesi:
se negoziare sulla vita e la morte
intorno a uno rotondo o quadrato.

Intanto la gente moriva,
gli animali crepavano,
le case bruciavano e i campi inselvatichivano
come nelle epoche remote
e meno politiche.


 Wislawa Szymborska  La gioia di scrivere - Tutte le poesie (1945-2009),
Adelphi Edizioni, Milano 2009, pag. 453,454 (trad. Pietro Marchesani

domenica 27 luglio 2025

Palermo, a Palazzo Reale le foto iconiche di Elliott Erwitt

         Palermo – Dal 29 maggio, le sale duca di Montalto del Palazzo Reale di Palermo ospitano una mostra di scatti di Elliott Erwitt, uno dei maggiori fotografi del nostro tempo. Si tratta di una rassegna assai significativa, una selezione inedita delle foto più iconiche e significative dell’artista, con le serie ICONS, Kolor, Family, Self-Portrait. La mostra è imponente anche sotto il profilo quantitativo, con 190 opere visibili: 110 foto in bianco e nero o a colori, di cui 40 di grandi dimensioni tutte con passe-partout e cornici museali, e oltre 80 in video proiezione in HD. 
      C’è anche California Kiss, fotografia che sembra costruita ma che non lo è: come ha raccontato lo stesso Erwitt in una biografia, il caso ha avuto un ruolo fondamentale nella realizzazione dei suoi scatti più famosi. Ci sono poi foto più intime e private, come quella della sua primogenita appena nata, osservata sul letto dalla mamma, una collezione di autoritratti dove Erwitt sembra prendersi gioco anche di sé stesso e uno spazio dedicato a omaggi all'universo femminile. 
    Presenti poi le foto di personaggi famosi, entrate nella storia delle immagini del XX secolo: Marilyn Monroe, John F. Kennedy nello studio ovale e Jacqueline affranta al suo funerale, Che Guevara, Muhammad Ali sul ring contro Frazier, gli sguardi tesi tra Nixon e Kruscev… ritratti che svelano gli aspetti interiori più profondi dei personaggi fotografati. C’è la celebre foto di Marilyn Monroe con il vestito che si solleva, immagine che è diventata parte dell’iconografia del XX secolo. 
Tra i suoi soggetti ci sono spesso cani, magari in atteggiamenti e modi antropomorfi.  Gli scatti ‘canini’ sono stati raccolti in quattro libri, ormai un riferimento per gli amanti della fotografia e degli animali.
      Come sottolineato nel pannello di presentazione della mostra “La fotografia di Elliott Erwitt è insieme documento storico, espressione artistica e riflessione sulla natura umana. Erwitt intreccia emozioni e intelligenza, ci fa ridere e ci commuove, immortala l’assurdo, il divertente, il surreale”.
    Nato a Parigi nel 1928 da genitori ebrei di origine russa, Erwitt visse in Italia sino al 1938, quando la sua famiglia fu costretta a emigrare negli Stati Uniti d’America a causa delle leggi razziali fasciste. Dopo gli studi di fotografia al Los Angeles City College (1942-44) e di cinema alla New School for Social Research (1948-50), il suo talento fu presto apprezzato: Robert Capa lo invitò a unirsi alla Magnum Photo. 
Ebbe così inizio la sua carriera, con reportage e progetti fotografici in tutto il mondo. Emulo dello stile di Henri Cartier-Bresson, Erwitt è stato osservatore profondo dell’umanità e ha saputo cogliere con scatti magistrali la magia dell’attimo fuggente. Dal 1970 si è dedicato anche a lungometraggi, documentari, film, spot televisivi e pubblicità. L’artista è morto a New York nel 2023. 
      Sino alla fine, ha guardato il mondo con occhi curiosi e ironici ed è riuscito a cogliere sfumature di significato e di bellezza in immagini e situazioni apparentemente semplici e ordinarie. Ha immortalato con tocco ironico e leggero vari aspetti dell’umanità e ha creato foto che fanno sorridere e riflettere allo stesso tempo. Il suo lavoro è una testimonianza della potenza della fotografia come strumento di comunicazione, capace di superare barriere linguistiche e culturali e parlare direttamente al cuore delle persone.
     "Elliott Erwitt - ha detto in un’intervista Biba Giacchetti, una delle massime conoscitrici di Erwitt a livello internazionale e co-curatrice della mostra - (continua su il Punto Quotidiano)

Maria D'Asaro, 27.7.25, il Punto Quotidiano

sabato 26 luglio 2025

Che fare per Gaza?

      Riporto le riflessioni dell'amico Augusto Cavadi:

 "Le notizie da Gaza ci straziano il cuore. Dopo decenni di aver condannato lo sterminio nazista degli ebrei non avrei immaginato che un governo israeliano sarebbe diventato il più efficace seminatore di odio anti-semita della storia: talmente efficace da togliere dalle mani di noi difensori del popolo ebraico ogni strumento.
Ho firmato decine di appelli, ho partecipato a decine di cortei, ma ormai non posso mettere a tacere una domanda insinuante che proviene dalla mia stessa coscienza: davvero sono convinto che con questi segni di protesta raggiunga altro obiettivo che addormentare – provvisoriamente – il mio senso d’impotenza?
Come mi capita nei momenti più bui della vita, provo a farmi consulente filosofico di me stesso: a guardare il problema in sé, a cercarne eventuali soluzioni, senza lasciarmi coinvolgere del tutto dagli inevitabili blocchi emotivi.
L’obiettivo principale, e più urgente, è la cessazione di questo genocidio in Medio Oriente.
Chi ha il potere d’intervenire a tale scopo?
In probabile ordine: il governo di Netanyahu; i dirigenti di Hamas; Trump; l’Unione Europea; il governo italiano (nella modesta misura in cui può condizionare le istituzioni elencate).
Moltiplicare le iniziative di protesta, di condanna, di sdegno verso una o alcune o tutte queste istituzioni ci avvicina o ci allontana dall’obiettivo principale? Se scendiamo in piazza in 10 cittadini/e o in un milione di essi/e, con slogan o senza slogan, bruciando questa o quella bandiera, ci avviciniamo di un centimetro alla méta?
La storia delle idee e delle pratiche nonviolente mi suggerisce altro.
Se vedo due energumeni che se le danno di santa ragione, il mio primo compito è ricostruire le origini della lite (stabilendo chi  ha più torto dell’altro) o interromperla?
Se avessi la forza per farlo, bloccherei con forza i due contendenti (e, in caso di pericolo esiziale del più debole dei due, ricorrendo a qualsiasi arma).
Ma se non ho questa forza, che posso fare?
Per prima cosa – probabilmente – spegnere le tifoserie che, alle spalle dei due contendenti, si sgolano per incitare alla lotta e supportare con ogni mezzo il proprio combattente.
Approfittando del privilegio (immeritato) di non essere un congiunto di israeliani assassinati il 7 ottobre del 2023 né di palestinesi sterminati da quella data a oggi, potrei proporre (personalmente o come associazione, rivista, centro studi, sindacato, partito, chiesa etc.)  un movimento planetario e trasversale di superamento del tradizionale paradigma bellicista.
Penso a un movimento essenzialmente culturale, basato su alcuni pochi principi etici condivisibili da (quasi) tutte le ideologie religiose e politiche, imperniato sulla convinzione che ormai l’umanità sia a un bivio: o un mutamento antropologico o il suicidio.
E’ un po’ come se, dopo millenni in cui l’umanità avesse parlato in latino, dovesse transitare in un universo mentale, valoriale, linguistico inedito: l’inglese o il cinese.
Provo a spiegarmi meno rozzamente a partire dalla tragedia odierna di Gaza.
Ci sono possibilità che i governanti attuali trovino un accordo, una tregua che non sia di poche ore ?
Pare che lo farebbero solo se temessero di essere sommersi da un’ondata di rivolta popolare. Un movimento di opinione inedito, innovativo, che coinvolgesse (la maggioranza de):
-       gli elettori del governo di Netanyahu
-       gli elettori del governo di Hamas
-       gli elettori di Trump
-       gli elettori del Parlamento europeo e (indirettamente) della Commissione  europea
-       gli elettori del governo italiano.
A meno di soluzioni insurrezionali violente (talmente improbabili che non è il caso di esaminarne vantaggi e svantaggi) non vedo altre vie per disarmare i contendenti in Palestina (in Russia, nelle altre decine di fronti in guerre armate disseminate sul pianeta): un... (continua qui)

Augusto Cavadi, blog

martedì 22 luglio 2025

Noi, che...

Noi,
che conserviamo gli scampoli delle pezzuole 
perché un rammendo, non si sa mai…
noi,
che ci ostiniamo a spolverare anche i Topolini 
acquistati vent’anni fa dai nostri figli…
noi,
che mangiamo yogurt scaduti e scaglie di formaggio ammuffito
perché è grazia di Dio…

noi,
che resistiamo a 33 gradi senza condizionatore
perché sposteremmo il caldo da dentro a fuori…
noi,
che tentiamo di resistere a 37 gradi senza condizionatore
perché mischine le signore e i signori in carcere al caldo cocente…
noi,
che siamo felici perché abbiamo l’acqua e un frigorifero
mentre c’è chi fa i turni per la doccia e beve acqua calda…
noi,
che nonostante i sondaggi e il vento contrario
sappiamo che la guerra nuoce gravemente alla salute (di tutti, pianeta compreso) ...
noi,
nonostante il caldo e l’età che avanza
(ma cosa è il caldo a paragone delle bombe su Gaza?)
andremo a piazza Massimo, a Palermo, il 24 luglio, dalle 18.30 alle 20 
a implorare “Fuori la guerra dalla Storia”…



domenica 20 luglio 2025

Il tarlo del non finito: ecco l’effetto Zeigárnik

       Palermo – Anche se all’Università abbiamo collezionato vari trenta, l’esame che ricordiamo di più è quello che abbiamo dato due volte. Ci tornano poi alla mente con maggiore insistenza il rebus che non siamo riusciti a risolvere, le note della canzone non identificata e le parole che non siamo riusciti a dire a una persona cara…
    Il meccanismo della nostra mente che tende a ricordare con più facilità i compiti interrotti e ciò che lasciamo a metà è noto in psicologia come effetto Zeigárnik.
      Si deve infatti a Bluma Zeigárnik, psicologa e psichiatra russo-lituana (nata a Prienai, in Lituania, nel 1900, morta a Mosca nel 1988) l’intuizione di questo particolare modo di ‘procedere’ della nostra mente e la sua sistematizzazione teorica.
    La studiosa, all’inizio degli anni ’20, in un ristorante affollato osservò che un cameriere ricordava tutte le ordinazioni eseguite solo in parte, mentre dimenticava subito le ordinazioni già portate a termine.  Decise allora di realizzare uno studio sperimentale affidando a diversi soggetti una serie di 18-22 esercizi da completare (enigmi, giochi, problemi aritmetici) e chiedendo poi quali esercizi ricordassero meglio. L'esperimento  (continua su il Punto Quotidiano)

Maria D'Asaro, 20 luglio 2025, il Punto Quotidiano



sabato 19 luglio 2025

19 luglio 1992: sembra ieri...

Del giudice Paolo Borsellino, dei cinque agenti della scorta morti nella strage di via d'Amelio, ho scritto qui:

https://maridasolcare.blogspot.com/2015/07/19-luglio-1992.html

https://maridasolcare.blogspot.com/2018/07/paolo-borsellino-martire-di-giustizia.html

https://maridasolcare.blogspot.com/2020/07/via-damelio-strage-che-cambio-litalia.html

https://maridasolcare.blogspot.com/2024/07/rita-settima-vittima-di-via-damelio.html

https://maridasolcare.blogspot.com/2019/07/19-luglio-27-anni-dopo.html

https://maridasolcare.blogspot.com/2010/09/manfredi-borsellino-al-padre-paolo.html

    Oggi, sabato 19 luglio, dalle ore 19,30 alle 20,  davanti la scalinata del Teatro Massimo, per ricordare tutte le vittime della mafia, la Fondazione Gaetano Costa, con l'adesione del Centro Studi Pio La Torre, del Centro Studi Terranova, dell'ANPI Sez. Provinciale di Palermo, della Scuola di formazione etico-politica G. Falcone, dell'associazione Immagin'azione attiva, propone ai cittadini palermitani ed agli ospiti della città, in occasione dell'anniversario della morte di Paolo Borsellino, un incontro silenzioso cadenzato dalle note del "Silenzio", suonato da più trombe ed ottoni. 

Si invitano i musicisti palermitani ad unirsi all'iniziativa.

giovedì 17 luglio 2025

17 luglio


Due

Tavolinetti colorati

Traboccanti di sorrisi

Dicono no alla guerra

Decisi                                                       






martedì 15 luglio 2025

Il mare di tutti...

       Forse c’è ancora, ovviamente inosservato, il divieto di balneazione. Dappertutto, cumuli di rifiuti: tutta la spiaggia è costellata da bottiglie, resti di cibo, piatti di plastica, sacchetti di immondizia. Ciò nonostante, specialmente di sabato, domenica e feste comandate, a Palermo il lungomare a est di sant’Erasmo è brulicante di gente: signore badanti in libertà, di tutte le lingue e di tutte le stazze; famiglie con nidiate di bambini dai nomi scontati (Christian, Ilary, Ivan, Morena); persone immigrate di varie etnie; le mogli dei musulmani osservanti che fanno il bagno completamente vestite; coppie di anziani che ballano al ritmo di sette ottavi
        Certo, a nostra signora mancava Malvarrosa, la meravigliosa distesa di sabbia valenciana… Ma si accontentava anche della spiaggia sporca a una manciata di km da casa: c’era comunque il respiro del mare e la magnifica vista di Monte Pellegrino, nel 1787 per Goethe il promontorio più bello del mondo...

domenica 13 luglio 2025

Taormina, Cardiochirurgia pediatrica a rischio chiusura

        Palermo – Cinquemila piccoli pazienti assistiti ogni anno, tra neonati, bambini e adolescenti; ventisei interventi chirurgici su bambini camerunensi affetti da cardiopatie congenite nell’ultima recente missione di Medicina umanitaria a Yaoundè, in Camerun: il reparto di Cardiochirurgia pediatrica dell’Ospedale "San Vincenzo" di Taormina, in provincia di Messina, collegato al Centro Cardiologico Pediatrico del Mediterraneo (CCPM), è senz’altro un presidio di eccellenza della Sanità italiana, oltre che un pezzo importante dei presidi ospedalieri di prossimità, perché  consente alle famiglie siciliane con bambini cardiopatici la possibilità  di cura non lontano da casa.
      Eppure il futuro di questo centro ospedaliero, che dal 2010 opera anche in collaborazione con l’ospedale romano “Bambin Gesù”, è a rischio: scadrà infatti il 31 luglio prossimo l’ultima proroga ministeriale indicata come non rinnovabile.
     Per chiedere alle Istituzioni preposte che la Cardiochirurgia pediatrica non venga smantellata, si è costituito da tempo un presidio permanente da parte delle famiglie dei tanti piccoli pazienti cardiopatici assistiti. “Basta passerelle… basta giocare con la vita dei nostri figli...” “È in gioco la nostra vita: no alla mattanza politica”: queste le scritte in alcuni cartelli allestiti dal presidio. 
     Il primo luglio scorso, al microfono del giornalista Duilio Calarco, del TG regionale siciliano,  il papà di un bambino ammalato ha dichiarato: (continua su il Punto Quotidiano)

Maria D'Asaro, 13 luglio 2025, il Punto Quotidiano

venerdì 11 luglio 2025

E il ficus rimane a guardare...

      Il pomeriggio dei giorni feriali, sotto un tendone bianco improvvisato, all’ombra del grande ficus magnolioides che costeggia la stazione Lolli di Palermo, ce li trovi quasi sempre: una mezza dozzina di uomini, forse anche qualcuno di più, seduti su sedie che hanno visto luoghi e tempi migliori. Sono maschi dall’età indefinibile -  50? 60? - con abbigliamento dimesso e l’aria a metà tra l’essere disoccupati o pensionati, qualcuno un po’ alticcio, tutti un po’ persi… Impegnati a giocare rumorosamente a carte: scopone scientifico, più spesso briscola, mentre gli esclusi si limitano a guardare e a commentare le mosse dei giocatori. 
     La domenica, per una sorta di turnover non dichiarato, a occupare le vecchie sedie ci sono persone venute da altri mondi: nord africani che ascoltano musica ad alto volume, più spesso indiani, o giù di lì, che giocano a una sorta di dama. 
      E il ficus, imparziale, rimane a guardare...

Maria D'Asaro





mercoledì 9 luglio 2025

Le donne e la guerra...

Carlo Zoli: Ettore e Andromaca (ceramica, 2016)
        “Le donne sono profondamente investite dalla guerra, dal razzismo e dalla povertà, i tre mali nominati da Martin Luther King. Ma quando ci ergiamo per la pace come donne, è (…) per rappresentare una differente visione della forza. 
      Le azioni pensate e guidate da donne hanno una speciale energia, uno speciale potere. Il potere non viene dall’escludere gli uomini, anzi, la maggior parte di queste azioni dà il benvenuto agli uomini come partecipanti, il potere viene dalla gioia e dalla potenzialità della visione che sorge quando siamo insieme come donne a difendere il valore della vita e a prenderci cura di ciò che abbiamo caro. (…)
     Nessun tipo di qualità è esclusivamente o in modo innato ‘femminile’ o ‘maschile’. Gli uomini possono essere compassionevoli, amorevoli e gentili, come le donne possono essere dure, coraggiose o insensibili.
Tuttavia, il patriarcato assegna le specificità associate all’aggressione e alla competizione agli uomini, e relega le donne a ruoli svalutati di nutrimento e servizio. Il patriarcato dà valore al ‘duro’ sopra il ‘morbido’, alla punizione, alla vendetta e al risentimento sopra la compassione, la negoziazione e la riconciliazione. Le qualità ‘dure’ sono identificate con il potere, il successo e la mascolinità e vengono esaltate. Le qualità ‘morbide’ sono identificate con la debolezza, la mancanza di potere, la femminilità, e vengono denigrate.
       Sotto la logica del patriarcato gli uomini vengono svergognati e considerati deboli se mostrano qualità associate con le donne. I politici vincono le elezioni se sono duri contro il terrorismo, duri contro il crimine, duri contro le droghe, duri contro il sostegno economico alle madri. Le richieste di cooperazione, negoziazione, compassione o riconoscimento della nostra reciproca interdipendenza sono correlate alla debolezza femminile. (…) Forza, punizione e violenza sono le risposte del patriarcato ai conflitti e ai problemi sociali.
    Il patriarcato trova la sua espressione ultimativa nella guerra. La guerra è il campo in cui i duri possono provare la loro durezza e i vincitori trionfare sui perdenti. I soldati possono venire indotti a morire o a uccidere quando la loro paura di essere etichettati come simili alle donne o ai vigliacchi supera la loro paura di fronteggiare o maneggiare la morte.
    La guerra rimuove ogni argomento a favore della tenerezza e dissolve ogni biasimo con la violenza. La guerra è la giustificazione per la morsa con cui i dominatori impongono il controllo su ogni aspetto della nostra vita. Le femministe sagge non dicono che le donne siano naturalmente più gentili, più dolci, più compassionevoli degli uomini. (…) Diciamo che il patriarcato incoraggia e ricompensa chi ha un comportamento brutale e stupido. Abbiamo bisogno di voci femministe rauche e incaute che pungano la pomposità, l’arroganza, l’ipocrisia della guerra; che indichino come battersi il petto del gorilla non sia diplomazia, come l’avere la più vasta collezione al mondo di armi falliche a proiettile non costituisca un’autorità morale, come l’invasione e la penetrazione non siano atti di liberazione. 
      E abbiamo bisogno di ricordare al mondo che la guerra moderna non risparmia mai la popolazione civile. Lo stupro è sempre un’arma di guerra e i corpi delle donne sono usati come premio per i conquistatori. In guerra, donne, bambini e anche uomini, che non hanno voce nelle politiche dei loro governanti, subiscono la morte, mutilazioni, ferite e la perdita delle loro case, dei loro mezzi di sussistenza, delle persone amate”. 

In Monica Lanfranco Donne disarmanti. Come e perché la nonviolenza riguarda il femminismo
VandA ediz. Milano, 2024 pp. 97-99 (si riporta qui un testo di Miriam Simos, detta Starhawk)

domenica 6 luglio 2025

A Menfi sventola la bandiera blu

     Palermo – È blu, e non bianca come quella celeberrima cantata da Franco Battiato, la bandiera che sventola sul litorale di Menfi, comune siciliano lungo la costa sud-occidentale della Sicilia, a circa 100 km da Agrigento e 125 da Palermo.
         Le spiagge del suo litorale hanno ottenuto infatti per il ventinovesimo anno consecutivo la Bandiera Blu, il prestigioso riconoscimento assegnato dalla Foundation for Environmental Education (FEE), che premia le spiagge che si distinguono per l'elevata qualità delle acque e per i servizi offerti ai visitatori.
     Con il suo mare cristallino, i fondali bassi adatti a tutti, le spiagge assai pulite e un modello virtuoso di accoglienza e gestione del territorio, Menfi si conferma una meta d’eccellenza del turismo balneare siciliano e italiano.
     Sono trentadue i parametri con cui ogni anno la Fondazione valuta le località costiere da premiare: tra essi innanzitutto la pulizia delle acque, la gestione delle acque reflue e dei rifiuti, l’accessibilità delle spiagge e la loro sicurezza, la valorizzazione del patrimonio naturale, l’inclusività e l’educazione ambientale. 
    Il ventisette giugno scorso, dopo aver issato la bandiera blu 2025 e aver dato il via alla stagione balneare, il sindaco di Menfi, Vito Clemente, ai microfoni della giornalista Agnese Licata del TG regionale della Sicilia, ha sottolineato l’importanza del depuratore funzionante che garantisce la qualità dell’acqua, costantemente monitorata: “Ma certo sono stati considerati in positivo anche la possibilità di accesso in spiaggia, con servizi adeguati anche alle persone disabili e la vigilanza delle spiagge”.
     La fascia costiera del comune di Menfi, che si affaccia sul Canale di Sicilia di fronte alle coste della Tunisia e comprende le spiagge di Lido Fiori, Bertolino, il borgo marinaro Porto Palo e Cipollazzo, si estende per circa 10 km ed è caratterizzata da una spiaggia sabbiosa e finissima con la presenza del fenomeno naturale delle dune. Le dune infatti si estendono nell'entroterra per parecchie centinaia di metri ed hanno caratteristiche di mobilità ed inconsistenza dovuta alle poche piogge, al caldo africano, ed all'intensità dei venti. 
   Riveste particolare interesse naturalistico il serrone Cipollazzo, un'area collinare di circa 60 metri ricoperta da un fitto canneto, a ridosso della spiaggia tra le frazioni di Porto Palo e Lido Fiori, la cui caratteristica è quella di assomigliare ad una gigantesca duna, per via della sabbia che la ricopre.
    Suggestiva anche la collinetta nota come Capparrina di Mare, ricoperta da una rigogliosa vegetazione di palme nane (Chamaerops humilis), con una spiaggia solitaria e silenziosa  sede di specie faunistiche quali la tartaruga marina e i gabbiani reali.
    Nel 2025 sono stati 246 i comuni marittimi italiani premiati con la bandiera blu. Ma in Sicilia quest’anno se la sono guadagnata solo 14 comuni: Messina, Alì Terme, Nizza di Sicilia, Roccalumera, Furci Siculo, Santa Teresa di Riva, Tusa, Letojanni, Taormina, Menfi, Modica, Pozzallo, Scicli, Ragusa, località che si trovano tutte nella parte orientale dell’isola, nel messinese e nel ragusano.
    Menfi è l'unico comune della Sicilia occidentale ad aver ottenuto tale riconoscimento, che premia il costante lavoro svolto nel territorio per la tutela ambientale e la sua valorizzazione.
La domanda d'obbligo a questo punto è cosa manca a tante bellissime spiagge siciliane per ottenere l’agognata bandiera blu… Come ha sottolineato la giornalista Agnese Licata, un dato negativo comune è la mancata depurazione delle acque reflue.
    Peccato che ancora il governo regionale e le amministrazioni locali non abbiano capito che istallare e rendere funzionanti i depuratori è una priorità di salute ambientale, oltre che un investimento con ottime ricadute per il turismo.

Maria D'Asaro, 7.7.25, il Punto Quotidiano







sabato 5 luglio 2025

Don Chisciotte, i bombi e Alex Langer. Grazie, Bruno

      Bruno Vergani offre, nel suo blog, considerazioni magistrali, che ci aiutano a riflettere sul rischio di un umanesimo militante ‘tragico e messianico’, impegno che rischia di diventare burnout esistenziale. 
      Il 3 luglio ho ricordato Alex Langer: le riflessioni di Bruno viaggiano di conseguenza…

"Cristo, Don Chisciotte, i profeti: figure di una stessa ferita. Quando la potenza biologica di vivere si intreccia radicalmente al desiderio di trasformare il mondo, nasce l’umanesimo militante, messianico, tragico. La tragicità sta nello scarto tra ciò che l’uomo sogna e ciò che il mondo è: la speranza inchiodata alla storia concreta[1].

L’impegno personale perché il mondo sia un po’ migliore resta un valore fondante, imprescindibile: è ciò che rende umano il nostro passaggio. Ma l’iper-empatia può farsi trappola: burnout esistenziale estremo, senso di responsabilità assoluto, super-identificazione con la missione salvifica.
Il Sé si annulla pur di restare fedele a un dovere impossibile. È un narcisismo senza autocelebrazione: culto di un’immagine di purezza, di redenzione. «Se non salvo il mondo, io non sono».
Una grandiosità che non si esalta, ma si sacrifica. Nessuno spazio per l’imperfezione.
Oggi, guardando i bombi sui fiori di lavanda [sotto un breve video], ho visto che la natura — il mondo in cui gli uomini accadono — è reale, mentre il mondo degli uomini è un artificio.
I bombi non conoscono missioni né martiri. Vivono in un tempo senza scopo, senza colpa, senza debiti di salvezza. Un filare di salvie non chiede di essere salvato né giudicato. È.
Accettando la colpa di non essere necessari possiamo salvarci.
L’impegno rimane: trasformare un poco il mondo, restare fedeli a ciò che conta davvero.
Il resto respira da sé".

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1 In termini spinoziani tale scostamento genera  tristitia, che a me viene ogni volta che penso a Gaza. Spinoza invita a elaborarla, comprenderla, contenerla,  perché se estrema può sopraffare la potenza di esistere (conatus). Nell’Ethica Spinoza definisce le passioni come modificazioni della potentia agendi, cioè della capacità di agire. La tristitia è, per definizione, una passione di diminuzione. È un affetto di contrazione, di restringimento: ci chiude, ci separa da ciò che ci rafforza, ci rende meno capaci di perseverare nell’essere. Non serve a nessuno, se non a distruggere ulteriormente. La storia rendiconta depressioni estreme e anche suicidi di idealisti e di militanti del bene sconfitti. Nel contesto possiamo dire che la tristitia è la crepa tragica di chi porta su di sé il peso di un dovere storico troppo grande. Il profeta martire vive nella tristezza perché scambia la diminuzione di sé per prova di purezza. Spinoza suggerisce invece di radicare l’impegno nel gaudium — la gioia di potenziare sé stessi e gli altri senza immolarsi. Non rinunciare all’impegno, ma non lasciarlo diventare una passione triste.

giovedì 3 luglio 2025

3 luglio 1995/2025: 30 anni senza Alex Langer

       Se ne è andato il 3 luglio 1995, impiccandosi a un albero di albicocco, a Pian dei Giullari, in Toscana, Alex Langer, fondatore dei Verdi in Italia, strenuo promotore di ‘ponti’, costruttore di pace e profeta verde.
     Ci ha lasciato un biglietto  “I pesi mi sono diventati davvero insostenibili, non ce la faccio più. Vi prego di perdonarmi tutti anche per questa dipartita. Un grazie a coloro che mi hanno aiutato ad andare avanti. (…) «Venite a me, voi che siete stanchi ed oberati». Anche nell’accettare quest’invito mi manca la forza. Così me ne vado, più disperato che mai. Non siate tristi, continuate in ciò che era giusto.” 

Su “Il Manifesto”, il 21 ottobre di tre anni prima, in occasione del suicidio di Petra Kelly) aveva scritto parole lucidamente anticipatorie e strazianti: 
 “A Petra Kelly più che a chiunque altro spettava anche individualmente l’appellativo col quale i «Grünen» nel loro insieme spesso erano stati caratterizzati: «Hoffnungsträger», portatori di speranze collettive. La giovane e minuta ex funzionaria socialdemocratica della Comunità europea (…) con foga quasi religiosa e con enfasi profetica aveva proclamato alcune verità semplici, ma difficili da tradursi in politica: che la pace si fa togliendo di mezzo le armi e gli apparati militari, che i diritti umani e di tutti gli esseri viventi non possono sottostare ad alcuna ragione di stato ed hanno carattere assoluto, che l’umanità deve optare se accelerare la corsa al suicidio (ed eco-cidio) o se preferisce un profondo cambiamento di rotta, magari doloroso per qualche rinuncia nel breve periodo, ma anticipatore di una nuova e più ricca qualità della vita. (…) 
Forse è troppo arduo essere individualmente degli «Hoffnungsträger», dei portatori di speranze: troppe le attese che ci si sente addosso, troppe le inadempienze e le delusioni che inevitabilmente si accumulano, troppe le invidie e le gelosie di cui si diventa oggetto, troppo grande il carico di amore per l’umanità e di amori umani che si intrecciano e non si risolvono, troppa la distanza tra ciò che si proclama e ciò che si riesce a compiere."

Quando, vent’anni fa circa, mi è capitato di leggere sul sito della Fondazione, la  sua biografia Minima Personalia, me ne sono perdutamente innamorata.   
                                                                         
Gli ho scritto una lettera postuma, qui.

Senza di lui siamo più poveri e soli. Ma Alex ci ha tracciato profeticamente gli orizzonti sui quali continuare: scelte ecologiche vere, nonviolenza (con istituzione dei corpi civili di pace e non con l’aumento delle spese per le armi), giustizia sociale.
Basterebbe leggerlo e … mettere in pratica il suo ottimo progetto politico.

Qui un ottimo articolo di Pasquale Pugliese, del Movimento nonviolento, su il Fatto Quotidiano



Qui l'articolo di Bettin, su  il Manifesto di oggi. (per chi si può registrare o è abbonato)

Grazie, infine, a Massimo Messina che su FB ha pubblicato l’Amaca di Michele Serra (La Repubblica, 3.7.25): "Alex, che voleva cambiare il gioco"

"Oggi è il trentesimo anniversario della morte di Alexander Langer, che decise di andarsene quando non aveva ancora cinquant’anni. Fu tante cose, così tante che quasi imbarazza ricordarlo in uno spazio così piccolo.
L’attività di intellettuale e quella di politico erano, per lui, semplicemente la stessa cosa: indistinguibili, come se il pensiero non fosse possibile senza la politica e viceversa.
Internazionalista e umanista, si definiva facitore di pace — non pacifista — e si vergognò a morte, da europeo, dell’insussistenza e della viltà dell’Europa durante l’orribile guerra tra le micro-nazioni della fu Jugoslavia. Pochi giorni dopo la sua scomparsa, come in un passaggio di testimone tra gli offesi e i carnefici, a Srebrenica i serbo-bosniaci massacrarono la popolazione musulmana come si fa con i tonni nella tonnara. Il genocidio era tornato in Europa.
Verrebbe da pensarlo come uno sconfitto, perché quasi nulla di ciò che avrebbe voluto è accaduto in Europa e nel mondo, e quasi tutto ciò che non voleva — il nazionalismo, la divisione, la guerra — è accaduto e continua ad accadere. Negli ultimi trent’anni sembra spazzata via la possibilità stessa di una diversa umanità, più fantasiosa delle nazioni, più intelligente della violenza, più pensosa, profonda e gentile. Il format del maschio prepotente e incolto domina la scena: nel gioco dei contrari, per immaginare Langer basta pensare al preciso opposto di Trump.
Però basta rileggere, o leggere, Il viaggiatore leggero, il libretto Sellerio che raccoglie alcuni dei suoi scritti, per ritrovare la voglia di battersi, diciamo così, proprio su un altro piano. A un altro livello, con altri mezzi, altre parole. Come se la vera posta in palio non fosse battere il nemico, ma cambiare il campo di gioco e le sue regole".

Qui altri approfondimenti: 

martedì 1 luglio 2025

Docufilm di Julien Elie sul paesaggio di Boca Chica

      Palermo – “Un vecchio e un bambino si preser per mano/e andarono insieme incontro alla sera/la polvere rossa si alzava lontano/e il sole brillava di luce non vera. /L'immensa pianura sembrava arrivare/in dove l'occhio di un uomo poteva guardare/e tutto d'intorno non c'era nessuno:/solo il tetro contorno di torri di fumo/I due camminavano, il giorno cadeva/ il vecchio parlava e piano piangeva:/con l' anima assente, con gli occhi bagnati,/seguiva il ricordo di miti passati…/” 
Questo l’incipit de Il vecchio e il bambino, una delle canzoni più struggenti e poetiche di Francesco Guccini, dove si immagina un vecchio raccontare a un bambino, che purtroppo non le ha mai conosciute, la bellezza e i colori della terra.
Il regista canadese Julien Elie con il suo docufilm Shifting baselines (che letteralmente significa ‘spostamento dello standard’), presentato il 9 giugno a Torino a conclusione della rassegna CinemAmbiente, racconta la storia di Boca Chica, un villaggio all’estremità meridionale del Texas, ai confini col Messico, scelto da Elon Musk nel 2018 come quartier generale di SpaceX e per il lancio dei satelliti Starlink.
 “C'è un sacco di terra, senza nessuno intorno, così anche se qualcosa esplode, va tutto bene". Questa la dichiarazione rilasciata allora dal miliardario americano, riportata dalla giornalista Alessia Mari nel TG scientifico Leonardo del 10 giugno scorso. Allora gli abitanti di Boca Chica furono costretti a vendere, e il litorale, habitat naturale di pesci e uccelli selvatici, fu requisito.
    Ad Alessia Mari, che lo ha intervistato a Torino, Julien Elie ha detto di aver avuto l’idea del film una notte, mentre guardava il cielo stellato: “Era particolarmente buio, cosa rara in Canada dove l’inquinamento luminoso è uno dei peggiori al mondo. Riuscivo a vedere la Via Lattea, ma anche dozzine di satelliti. Il giorno dopo sul web ho letto di SpaceX e del progetto di creare un network di centinaia di migliaia di satelliti con scopi commerciali. Ho trovato una foto di Boca Chica dove si vedevano dei bungalow e, sullo sfondo, i razzi pronti al decollo. Pareva un’immagine da un film di fantascienza. Ho preso un aereo e sono andato a vedere. Poi ho cominciato le riprese”.
     “Abbiamo perso anche il cielo come lo abbiamo conosciuto finora. Tra poco vedremo tanti satelliti quante stelle. Sarà un cielo completamente nuovo. Ma è questo quello che vogliamo? Solo per andare più veloci su internet? I bambini non vedranno mai più il cielo come lo conoscevamo noi – ha continuato il regista – Ma parlo anche della completa distruzione di quei paesaggi che un tempo erano un rifugio unico per animali, pesci, uccelli, e ora sono finiti nelle mani di una compagnia privata". 
      Shifting baselines (parola coniata in biologia negli anni ‘90 per descrivere l'abitudine a considerare normale l'impoverimento degli ecosistemi che abbiamo provocato nei decenni, una sorta di amnesia collettiva generazionale) è un docufilm girato in bianco e nero, per rendere il senso di straniamento provato visitando quei luoghi distopici, comunque affollati di turisti e curiosi, come fosse un nuovo luna park. Si tratta di un docufilm surreale che mostra distese di sabbia, paludi prosciugate e razzi argentati alti cinquanta piani, pronti per lanci interstellari.
Julien Elie
      Julien Elie parla con le comunità di pescatori rimasti senza lavoro. E con astronomi e scienziati, a cui, soprattutto in questi tempi di fake news, ci dice, è importante dare voce.  
“Tutti possono fare tutto, non c'è regolamentazione, se vuoi lanciare dei satelliti nessuno te lo impedisce, è una pazza corsa allo spazio – ha proseguito Julien Elie nell’intervista ad Alessia Mari - Abbiamo messo la vita umana nelle mani di queste persone. Non voglio dare importanza a Musk, non lo menziono nel film, perché non conta l'individuo. Se anche lui domani se ne andasse, qualcun altro prenderà il suo posto. 
    Space X è solo una parte del problema. Ci sono compagnie in Canada, Russia, Cina che lanciano satelliti, viviamo in un nuovo far west, e Boca Chica è solo l'inizio. Ma c'è una speranza che voglio trasmettere col mio film: cioè quanto ci sia ancora di bello su questo pianeta. Comprese le persone che resistono, e combattono”.

Maria D'Asaro, 29.6.25, il Punto Quotidiano