mercoledì 15 ottobre 2025

Scongelare i cervelli contro la crisi climatica

      Palermo – Perché rimaniamo quasi sempre inerti mentre i ghiacciai si sciolgono, alluvioni e siccità devastano vari territori, gli oceani e i mari si riscaldano, la biodiversità si riduce?  Perché di fronte all’incontestabile cambiamento climatico né i singoli né le istituzioni politiche fanno qualcosa di significativo per contrastarlo? 
       Lo aveva già spiegato, nel suo saggio del 2019 Possiamo salvare il mondo prima di cena, il giornalista americano Jonathan Safran Foer, che scriveva: “Il nostro sistema d’allarme non è fatto per le minacce concettuali e continuiamo a vivere come se niente fosse.” “Continuiamo a sentire lo sforzo di salvare il nostro pianeta come una partita fuori casa di metà campionato”.
       Ce lo rispiega oggi Matteo Motterlini, Direttore del Centro di Epistemologia sperimentale dell’Università san Raffaele di Milano, nel suo testo Scongeliamo i cervelli, non i ghiacciai (Solferino, Milano, 2025). 
     Ecco le sue parole nell’intervista rilasciata ad Alessia Mari il 30 settembre scorso, al Telegiornale della scienza Leonardo: “Noi abbiamo un cervello progettato per reagire a sfide concrete, immediate e fa molta fatica ad affrontare un problema (la crisi climatica) che è invece lento, insidioso, che si svolge su un arco temporale molto lungo.
Il nostro cervello si è evoluto per sopravvivere nella savana, per reagire e scappare istantaneamente da un predatore. Oggi invece siamo chiamati a una sfida molto difficile: agire subito per qualcosa che accadrà domani o nel futuro”.
     Proprio come nella celebre metafora della rana bollita, rischiamo di restare immobili in una pentola che si scalda a poco a poco, senza attivare il nostro sistema d’allarme. Infatti, tale ‘miopia temporale’ è proprio uno dei  blocchi cognitivi descritti nel libro: il nostro cervello è ancora ‘tarato’ per sopravvivere a minacce concrete; oggi, pur recependo l’allarme climatico, il nostro cervello si blocca, quasi si ‘congela’ non attivando i necessari segnali d’allarme.
      “Il solo vedere i dati e le statistiche non ci fa scattare la molla per agire – ha continuato il professore Motterlini – perché il nostro cervello ha bisogno di avere esperienza per avere paura. Inoltre, oggi diamo un’importanza enorme a quello che possiamo avere immediatamente”.
     A questo proposito, la giornalista Alessia Mari sottolineava che: “Nell’era della gratificazione immediata, tutto si complica: nel nostro cervello il sistema di ricompensa del mesencefalo, che coinvolge il piacere, si attiva oggi sempre più spesso rispetto alla corteccia prefrontale, preposta invece alla pianificazione, al ragionamento astratto e all’autocontrollo. Per cui rimaniamo ancorati a stili di vita comodi, anche se deleteri per l’ambiente”. 
    “Se gli alieni – ha aggiunto ancora la giornalista – decidessero di sconfiggere gli esseri umani e conquistare la terra, non lo farebbero probabilmente con un’invasione di astronavi, pericolo immediatamente riconoscibile, contro cui sapremmo prontamente reagire. Ci annienterebbero piuttosto con una minaccia graduale, remota nel tempo, che il nostro cervello fatica ad elaborare: ci manderebbero proprio una crisi climatica…”
    Appurato che il problema di fondo è la nostra risposta cognitiva inadeguata alle nuove situazioni ambientali, è innanzitutto necessario conoscere a fondo il nostro modo di pensare per ‘scongelare’ le trappole mentali che ci bloccano, ci rendono indifferenti o rassegnati 
   Allora le istituzioni formative (scuola e università), il mondo dell’associazionismo e dell’informazione hanno il compito di favorire nel nostro cervello, ancora così arcaico, la demolizione dei pregiudizi e una postura critica finalizzata a costruire strategie di cambiamento e progetti di lotta concreta al cambiamento climatico.
    Perché è questa l’unica battaglia per la quale dovrebbero combattere insieme tutti i popoli della terra.

Maria D'Asaro, 12 ottobre 2025, il Punto Quotidiano

5 commenti:

  1. Molti negano ancora il cambiamento climatico, informandosi poco. Abbiamo ancora poco tempo, gli eventi estremi sono diventati molto comuni.

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  2. La celebre metafora della rana bollita confesso che non la conoscevo. Ne sentii parlare durante la pandemia. Brutta fine ha fatto. Mi auguro che non capiti anche a noi, anche se.... 💚👋

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    1. @Farfalla Legger@: non sono ottimista. Trattare questi argomenti (e cercare di non prendere l'auto, o utilizzarla pochissimo, privilegiare il treno all'aereo, non mangiare carne etc.) sono la mia goccia nell'oceano per frenare il cambiamento climatico. Buona notte e grazie della tua generosa attenzione.

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    2. No, cara. Sono due gocce nell'oceano. Ci sono anche io. Grazie a te che trovi sempre spunti di riflessione. 💚👋

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